sabato 13 giugno 2009

"Ciascuno ha il proprio dono da Dio" (1 Cor 7:7)

Mi è stato chiesto di dire qualcosa sul Card. Martini. Come ben sanno i miei lettori, ho una istintiva ritrosia ad acconsentire a simili richieste, non perché non abbia il coraggio di espormi (penso di aver dimostrato a sufficienza di non avere... peli sulla lingua), ma perché non mi piace criticare il prossimo, soprattutto quando non sono sufficientemente informato. Anche in questo caso, non mi sento di esprimere giudizi su quanto il Card. Martini dice o scrive, perché non ritengo di saperne abbastanza. E questo perché, non essendo egli mai stato il mio Vescovo, né io uno dei suoi ammiratori, non ho mai letto i suoi libri, eccezion fatta per le sue prime lettere pastorali e alcuni opuscoli di meditazione biblica (che ho per altro trovato eccellenti).

È ovvio che sono a conoscenza dei suoi molteplici interventi sulle questioni "scottanti" (che sono poi sempre le stesse: comunione ai divorziati risposati, celibato dei preti, sacerdozio alle donne, preservativo e pillola, ecc.); ma le informazioni che ho in materia sono quelle riportate dai mezzi di comunicazione, ai quali in genere preferisco non dare eccessivo credito. Potrei, è vero, andare alle fonti; ma, innanzi tutto, non è facile per me, che vivo lontano; e poi, a dirla tutta, non è che la cosa mi interessi piú di tanto. Che posso dire allora?

In primo luogo dirò che il Card. Martini è un gesuita. E io dei Gesuiti, nonostante tutto, ho una grande stima; forse perché, dopo i Domenicani, sono stati i miei maestri, per cui ho avuto la possibilità di apprezzarne le capacità, la preparazione e la serietà. Ancora maggior stima ne ho in quanto guide spirituali: credo che nessun altro come loro sia capace di accompagnare le anime nei sentieri dello spirito. Col passare degli anni, mi son fatto questa convinzione: che ognuno deve fare il suo mestiere; per usare un linguaggio meno banale e piú "conciliare", ciascuno ha i propri carismi, e deve porli a servizio della Chiesa. Ecco, i Gesuiti hanno ereditato da Sant'Ignazio questo dono di "discernimento degli spiriti" e, quando si dedicano a esso, nessuno li batte. Anche il Card. Martini, se avete letto qualcuno dei libri-trascrizione degli esercizi spirituali da lui predicati, possiede questo grande dono, a cui va aggiunta una non comune competenza biblica. A questo Card. Martini, dunque, tanto di cappello!

Il problema è che, il piú delle volte, il Card. Martini che ci viene proposto non è il direttore di esercizi spirituali e neppure il biblista, ma è una specie di "anti-papa", che si pronuncia su tutto, in genere dicendo l'opposto di quel che dice il Papa. E questo non solo ora che è in pensione, ma anche (e forse soprattutto) quando era Arcivescovo di Milano: a quell'epoca i cattolici italiani appartenevano a due Chiese parallele, quelli che seguivano Papa Wojtyla e quelli che seguivano il Card. Martini. Sinceramente non so se questo sia intenzionalmente voluto dal Card. Martini o se non si tratti piuttosto di un brutto gioco mediatico; certo è che l'ex-Arcivescovo di Milano non vi si sottrae.

Non voglio entrare nel merito delle singole questioni ricorrentemente sollevate, anche perché si tratta di questioni molto diverse tra loro, su alcune delle quali è possibile discutere (il celibato dei preti), mentre su altre no (il sacerdozio alle donne); altre poi sono dei reali problemi pastorali a cui lo stesso Pontefice dimostra di essere sensibile (la comunione ai divorziati). Personalmente ritengo che nella Chiesa ci sia spazio per discutere ciò di cui è legittimo discutere; quello che non mi va è che certi (reali) problemi, a cui è giusto cercare delle soluzioni, vengano ideologizzati e diventino delle bandiere di partito.

Ho già ricordato in uno dei miei precedenti post che, quando uscí il libro di Benedetto XVI Gesú di Nazaret, il Card. Martini fece maliziosamente notare che il Papa non era un biblista, ma un teologo dogmatico. Non si rendeva conto che un rilievo simile si potrebbe fare nei suoi confronti: lui è un biblista (o, a voler essere pignoli, uno studioso di critica testuale); non mi risulta che alcuna delle questioni su riportate abbiano una qualche attinenza con il testo biblico; esse sono semmai questioni o dogmatiche o morali o disciplinari.Finché era titolare di una sede episcopale, si potevano ancora ancora giustificare i suoi interventi; ma ora a quale titolo li fa? Non è un esperto di quei settori; quel che lui dice ha lo stesso valore di quel che dico io; con la differenza che lui è un Cardinale, e i Cardinali hanno uno speciale vincolo di sottomissione al Papa. Personalmente ritengo che essi, specialmente una volta superati gli ottanta anni, farebbero meglio a ritirarsi in silenzio (e queste sembravano in un primo momento le sue intenzioni). I Gesuiti usano una bellissima espressione per indicare il ruolo di coloro che sono in pensione: "Prega per la Compagnia". A maggior ragione, un Cardinale gesuita dovrebbe, secondo me, fare proprio questo: pregare per la Chiesa e per il suo Ordine religioso, anziché andare a cercare nuovi pulpiti mediatici da cui pontificare.