lunedì 29 giugno 2009

L'eredità di Paolo

Ieri sera il Santo Padre ha concluso l'Anno paolino (e ci ha dato la meravigliosa notizia che l'Apostolo è realmente sepolto nella sua basilica). Di solito, al termine di questi anni un po' speciali, proviamo un certo rammarico, perché ci accorgiamo che, nonostante i buoni propositi, non abbiamo sfruttato appieno l'occasione che ci veniva offerta. All'inizio, pensiamo di avere tanto tempo innanzi a noi; poi non ci rendiamo conto che il tempo vola e ci ritroviamo alla fine senza aver attuato la maggior parte dei nostri buoni propositi. Anche in questo caso dobbiamo lamentare di non aver approfondito abbastanza la conoscenza di San Paolo e di non aver ravvivato abbastanza in noi il suo spirito. Ma, se anche solo chiudiamo questo anno col dispiacere di non aver fatto abbastanza e col desiderio di fare qualcosa di piú, credo che sia già un buon risultato. Se non abbiamo meditato abbastanza le lettere dell'Apostolo durante quest'anno, possiamo farlo in futuro, cominciando oggi stesso. Non credo che lui si offenda. Anzi...

Se ci chiedessimo quale sia l'eredità che Paolo ci lascia al termine di questo anno a lui dedicato, penso che possiamo trovarla nelle parole che leggiamo nella liturgia odierna:

«Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4:7).

Come se ci dicesse: "Io ho fatto la mia parte; ora fate la vostra. Io ho finito di combattere la mia battaglia; ora cominciate a combattere la vostra battaglia. Io ho terminato la mia corsa; ora iniziate la vostra corsa. Se finora ve ne siete stati tranquilli, sappiate che è giunta l'ora del combattimento; se finora siete stati fermi, cominciate a correre. Non basta camminare, bisogna correre. Non c'è tempo da perdere: è in gioco la salvezza dell'umanità. Non crediate che per me sia stata facile: pericoli, persecuzioni, tentazioni, umiliazioni; ma, attraverso tali prove, con la grazia di Dio, ho conservato la fede. Ora, questa fede, l'affido a voi; anche voi dovete conservarla pura come io l'ho ricevuta e l'ho trasmessa a voi. Conservatela e trasmettetela a vostra volta. È un dono che non ci appartiene: lo abbiamo ricevuto nonostante ne fossimo indegni e ora, senza contaminarlo, dobbiamo consegnarlo ad altri, perché esso possa raggiungere gli estremi confini della terra e rimanere intatto fino alla fine dei tempi. Io ho fatto tutto quello che potevo fare: ho speso la mia vita e ho versato il mio sangue. Ora tocca a voi".