sabato 6 giugno 2009

Una parola definitiva sul Concilio

Apprendo dal blog Messainlatino.it la notizia della pubblicazione del libro Concilio Vaticano II. Un discorso da fare, di Mons. Brunero Gherardini. Avevamo appena letto sul nuovo blog Disputationes Theologicae un articolo dell'autore del libro sullo stesso soggetto. Coloro che seguono regolarmente il mio blog sanno quanto io sia interessato a questa problematica. La recensione di Messainlatino.it è molto sobria, ma sufficiente per solleticare l'interesse per il libro. Spero di potermene procurare presto una copia. Il blog riporta per intero una "Supplica al Santo Padre", che mi sembra degna della massima attenzione. In tale supplica Mons. Gherardini esprime al Sommo Pontefice l'esigenza assai diffusa "che si faccia un po' di chiarezza" a proposito del Concilio Vaticano II:

«Per il bene della Chiesa — e piú specificamente per l'attuazione della "salus animarum" che ne è la prima e "suprema lex" — dopo decenni di libera creatività esegetica, teologica, liturgica, storiografica e "pastorale" in nome del Concilio Ecumenico Vaticano II, a me pare urgente che si faccia un po' di chiarezza, rispondendo autorevolmente alla domanda sulla continuità di esso — non declamata, bensí dimostrata — con gli altri Concili e sulla sua fedeltà alla Tradizione da sempre in vigore nella Chiesa».

L'autore prende le mosse dall'ormai famoso discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, nel quale Benedetto XVI contrapponeva una "ermeneutica della continuità" a una "ermeneutica della rottura". Ebbene — rileva opportunamente Mons. Gherardini — tale "ermeneutica della continuità" non basta dichiararla, ma occorre dimostrarla:

«Sembra, infatti, difficile, se non addirittura impossibile, metter mano all'auspicata ermeneutica della continuità, se prima non si sia proceduto ad un'attenta e scientifica analisi dei singoli documenti, del loro insieme e d'ogni loro argomento, delle loro fonti immediate e remote, e si continui invece a parlarne solo ripetendone il contenuto o presentandolo come una novità assoluta».

Di qui l'idea, a lungo accarezzata e ora finalmente esternata, di una "messa a punto" sul Vaticano II:

«Da tempo era nata in me l’idea — che oso ora sottoporre alla Santità Vostra — d'una grandiosa e possibilmente definitiva mess’a punto sull'ultimo Concilio in ognuno dei suoi aspetti e contenuti. Pare, infatti, logico e doveroso che ogni suo aspetto e contenuto venga studiato in sé e contestualmente a tutti gli altri, con l'occhio fisso a tutte le fonti, e sotto la specifica angolatura del precedente Magistero ecclesiastico, solenne ed ordinario. Da un cosí ampio ed ineccepibile lavoro scientifico, comparato con i risultati sicuri dell'attenzione critica al secolare Magistero della Chiesa, sarà poi possibile trarre argomento per una sicura ed obiettiva valutazione del Vaticano II in risposta alle seguenti — tra molle altre — domande: Qual è la sua vera natura? La sua pastoralità — di cui si dovrà autorevolmente precisare la nozione — in quale rapporto sta con il suo eventuale carattere dogmatico? Si concilia con esso? Lo presuppone? Lo contraddice? Lo ignora? È proprio possibile definire dogmatico il Vaticano II? E quindi riferirsi ad esso come dogmatico? Fondare su di esso nuovi asserti teologici? In che senso? Con quali limiti? È un "evento" nel senso dei professori bolognesi, che cioè rompe i collegamenti col passalo ed instaura un'era sotto ogni aspetto nuova? Oppure tutto il passato rivive in esso "eodem sensu eademque sententia"?».

Monsignore è certo che questo immenso sforzo otterrà il risultato desiderato: dimostrare che il Vaticano II si pone in continuità con la tradizione della Chiesa; ma non esclude che, su qualche punto, questa continuità non sia possibile dimostrarla:

«Qualora [l'identità dogmatica di fondo], o in tutto o in parte, non risultasse scientificamente provata, sarebbe necessario dirlo con serenità e franchezza, in risposta all'esigenza di chiarezza sentita ed attesa da quasi mezzo secolo».

Par di capire dalla supplica che tale grandioso lavoro di approfondimento scientifico del Concilio dovrebbe essere solo il presupposto di un intervento pontificio teso a rimettere ogni cosa al suo posto:

«Il Papa, anche "seorsim", è sempre in grado — per dirla con S. Bonaventura — di "reparare universa" perfino nel caso che "omnia destructa fuissent". Basta una Sua parola, Beatissimo Padre, perché tutto, essendo essa stessa la Parola, ritorni nell'alveo della pacifica e luminosa e gioiosa professione dell'unica Fede nell'unica Chiesa. Ho detto, strada facendo, che lo strumento per "reparare omnia" potrebb'esser un grande documento papale, destinato a rimanere nei secoli come il segno e la testimonianza del Suo vigile e responsabile esercizio del ministero petrino».

Mons. Gherardini prende in considerazione anche l'eventualità che il Papa non se la senta di fare un intervento personale:

«Qualora, però, non volesse agire da solo, Ella potrebbe disporre che o qualche suo dicastero, o l'insieme delle Pontificie Università dell'Urbe, o un organismo unitario e di vastissima rappresentatività, assicurandosi la collaborazione di tutti i più prestigiosi, sicuri e riconosciuti specialisti in ognuno dei settori in cui s'articola il Vaticano II, organizzi una serie di congressi d'altissima qualità a Roma o altrove; o una serie di pubblicazioni su ognuno dei documenti conciliari e sulle singole tematiche di essi».

La supplica mi trova in gran parte d'accordo. Anch'io sento il bisogno che si dica una parola autorevole, chiarificatrice e definitiva sul Concilio. Non possiamo continuare all'infinito in questa diatriba tra quanti lo considerano un "nuovo inizio" e quanti vorrebbero cancellarlo dagli annali della Chiesa. Sono d'accordo che c'è bisogno di uno studio serio, scientifico, che coinvolga gli specialisti dei diversi settori. Non si tratta solo di pubblicare una nuova edizione dei documenti conciliari con l'annotazione delle fonti; forse c'è bisogno di realizzare un commentario a ciascun documento, in cui venga messa in luce la continuità e le eventuali novità dei suoi contenuti. Un'opera ciclopica che richiede necessariamente qualche anno. Al termine di tale lavoro scientifico, risulta indispensabile un intervento magisteriale solenne che faccia in qualche modo proprie le conclusioni del lavoro scientifico previo e ponga termine a ogni diatriba teologica circa il valore del Vaticano II.

Secondo Mons. Gherardini, tale intervento magisteriale dovrebnbe avere un carattere primaziale; dovrebbe cioè essere un documento del Sommo Pontefice. È possibile; sarebbe una specie di ratifica definitiva del Concilio. Ma lo stesso Monsignore si rende conto che il Papa potrebbe avere qualche difficoltà ad agire da solo. Ecco dunque che egli propone il coinvolgimento della Curia Romana o delle Pontificie Università. Sinceramente, la proposta non mi sembra molto pertinente. Non perché i dicasteri vaticani o i centri accademici romani non debbano essere coinvolti; ma dovrebbero esserlo nella fase preliminare, quella dello studio scientifico. Nella seconda fase ciò che è richiesto è un intervento magisteriale. Ora, a me pare che lo strumento per non lasciare solo il Papa nell'esercizio del suo ministero già esista: il Sinodo dei Vescovi.

Se devo essere sincero, non sono molto entusiasta dei risultati finora ottenuti dalle assemblee ordinarie del Sinodo. Ho l'impressione che si faccia una grande sforzo, che alla fine non porta a nulla. Ditemi voi, che fine hanno fatto le varie esortazioni apostoliche post-sinodali promulgate in questi anni? Hanno forse cambiato qualcosa nella prassi pastorale della Chiesa? Ma, per quanto possa essere perplesso sull'efficacia di tale strumento, non mi sento di rifiutarlo a priori; riconosco che può essere un modo — pur limitato — per coinvolgere i Vescovi nell'esercizio del primato pontificio.

Fra i vari Sinodi che si sono susseguiti in questi anni, ce n'è già stato uno, straordinario, sul Concilio Vaticano II, convocato in occasione del 20° anniversario della sua conclusione (1985). Ebbene, credo che quel Sinodo sia stato uno dei piú fruttuosi, perché pose termine alla retorica della Chiesa-popolo di Dio, rammentando l'autentico insegnamento conciliare sulla Chiesa-mistero. Perché, dunque, non convocare una nuova assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi in occasione del 50° anniversario della conclusione del Concilio (2015)? Se si avviasse subito il lavoro scientifico, esso potrebbe essere tranquillamente concluso per quella data, e i Vescovi potrebbero prenderlo in esame e dire una parola autorevole sulla corretta interpretazione dei testi conciliari. Il Papa infine, con un documento forse un tantino piú impegnativo di una semplice esortazione apostolica post-sinodale, facendo proprio l'approfondimento teologico degli studiosi e il pronunciamento dei Vescovi, dovrebbe dire una parola definitiva sul Vaticano II e riportare cosí serenità nella professione dell'unica fede.