lunedì 2 novembre 2009

Prudenza o decisione?

Scusate se in questi giorni c'è stata una certa irregolarità nell'aggiornamento del blog. Ero in viaggio. Ho terminato la mia missione in Asia e sono tornato in Italia. Un giorno o l'altro vi racconterò qualcosa della mia esperienza missionaria.

Nel frattempo, Caterina ha inviato questo feedback al mio post di venerdí scorso sulla “riforma della riforma”:


«Condivido in toto quanto ha detto specialmente nell’elencare il susseguirsi di documenti davvero magisteriali a riguardo dell’Eucarestia, della Messa e della Liturgia in senso ampio. Le condivido alcune perplessità che mi sorgono anche in qualità di catechista ed operativa in diverse parrocchie. Lei giustamente dice e fa osservare che:

“Il problema era — ed è — la mentalità: se rimane l’idea che la Messa la invento io sacerdote con la mia creatività e fantasia pastorale, non ci sarà mai rubrica che tenga. Il problema è: come cambiare la mentalità di buona parte del clero, che è stato formato a questo senso di creatività senza limiti? Per il momento, non ho una risposta da dare”.

Però poi una risposta involontariamente la dà sopra dove dice:

“Anche su questo orientamento generale, non posso non convenire, essendo sempre stato del parere che ciò che rende la liturgia bella non è tanto questo o quel rito, questa o quella rubrica, ma il modo in cui si celebra. Anch’io non vedrei molto bene uno stravolgimento dell’attuale Ordo Missae (che, come ho ripetuto piú volte, trovo equilibrato e ben fatto); ma sono pienamente d’accordo che c’è da recuperare, come dice il Cardinale, «il senso del mistero»”.

Ebbe modo di dire l’allora card. Ratzinger che “la Liturgia della Messa, il rito, non può diventare luogo di sperimentazioni teologiche, dottrinali e liturgiche”. Questa denuncia ci sottolinea, come lei stesso sottolinea, che il concetto stesso di “creatività” (denunciata per altro nel MP di Benedetto XVI) è diventato il passepartout di certa sperimentazione della quale ora non se ne può piú fare a meno se non intervenendo drasticamente (se necessario) per debellarne l’espandersi.

Non si espande piú forse è vero, ma la mentalità è rimasta; e non accennano a diminuire una catechesi e una pastorale volte al diffondersi della creatività liturgica. Se lei prova ad interpellare i Movimenti sulla Riforma di Benedetto XVI si sentirà rispondere: “Non riguarda noi!”. E infatti essi stanno andando avanti come se la questione non li riguardasse; quando invece, in certi casi, essi sono davvero i primi destinatari con le Parrocchie, di questa Riforma.

La mentalità e l’azione diretta della Riforma vanno di pari passo, quello che manca, a mio parere, è il ricorso alla famosa ed evangelica “correzione fraterna” che si ha quasi paura di citare perché nessuno ama oggi sentirsi correggere; sembra quasi una offesa. Nelle nostre Parrocchie (parlo naturalmente della nostra situazione, che conosco direttamente) è vietato quasi parlare di questa Riforma, molti parroci ancora oggi dicono: “Non riguarda noi!”. E di fatti all’umile richiesta, per esempio, di inserire alle due file centrali della Comunione ai fedeli un inginocchiatoio per lasciare la libertà ai fedeli che volessero di usarlo, la risposta è un “NO” categorico, senza appello e ancora con la mentalità errata che dice: “Il Concilio lo ha tolto!”. C’è un muro contro muro fatto da una mentalità cresciuta e formata nell’errore, ma anche testarda a non volersi far correggere.

La risposta da dare ce l’avremo pure, caro padre Giovanni, e sono sicura che la pazienza e la carità nella Verità premiano molto piú della linea dura ed impositiva; ma non sarebbe anche il caso di cominciare a pretendere che certa Verità (maiuscola) non venga piú offuscata con la scusa che nulla va imposto? Perché, se continuiamo cosí, ciò che continuerà a essere imposta nelle Parrocchie è proprio una linea falsa e incoerente».


Penso che Caterina abbia ragione a dire che nella Chiesa odierna ci sia un «muro contro muro». E credo che sia proprio la consapevolezza di questa contrapposizione che spinga il Santo Padre a muoversi con estrema circospezione. Il Papa sa che, intervenendo con maggiore decisione, otterrebbe il contrario di quel che desidera. Anche se i tempi sono cambiati per tutti, non è pensabile di sradicare con qualche provvedimento di autorità una mentalità radicata in larghi settori della Chiesa. Radicata, perché per tanti anni essa è stata diffusa ai massimi livelli: sembrava che certi atteggiamenti fossero gli unici possibili “dopo il Concilio”. Ora invece ci si rende conto che quella mentalità, pur contenendo una parte di verità, era troppo di parte. Benedetto XVI non dice (come alcuni tradizionalisti): ciò che è stato fatto durante e dopo il Concilio è tutto sbagliato; bisogna abolirlo e tornare a prima del Concilio. Quel che Papa Ratzinger dice è semplicemente di trovare un nuovo equilibrio, che reinterpreti le novità conciliari e postconciliari alla luce della tradizione. Un discorso che dovrebbe essere ovvio, ma che non lo è per molti. Molti vedono in esso una sconfessione del Vaticano II e perciò vi si oppongono. Benedetto XVI ne è perfettamente consapevole, e per tale motivo si muove con grande prudenza.

Sarà, questo atteggiamento, quello vincente? Oppure è necessario, come sembra suggerire Caterina, un intervento piú deciso? Sinceramente, non saprei rispondere. Anch’io, per carattere e per convinzione, sono portato a seguire il metodo Ratzinger, estremamente rispettoso delle persone. Ma, allo stesso tempo, nutro qualche dubbio sulla sua efficacia; per cui non vedrei male una maggiore decisione. Come potete vedere, mi trovo diviso. E per questo mi rimetto alla prudenza del Santo Padre. Nel suo caso, la prudenza, oltre a essere una virtú umana, è arricchita di una speciale grazia di stato. Lasciamo che sia lui a decidere non solo che cosa è meglio per la Chiesa oggi, ma anche i modi per attuare questa riforma.