martedì 8 novembre 2016

Parola di Dio


Dal Secondo libro dei Maccabei, c. 6, vv. 12-17 (prima lettura dell’odierno Officium lectionis, ciclo biennale, anno II):
Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di pensare che i castighi non vengono per la distruzione, ma per la correzione del nostro popolo. Quindi è veramente segno di grande benevolenza il fatto che agli empi non è data libertà per molto tempo, ma subito incappano nei castighi. Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con le altre nazioni, attendendo pazientemente il tempo di punirle, quando siano giunte al colmo dei loro peccati; e questo per non doverci punire alla fine, quando fossimo giunti all’estremo delle nostre colpe. Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo. Ciò sia detto da noi solo per ricordare questa verità.
Si tratta di un “interludio” teologico del sunteggiatore (il secondo libro dei Maccabei è il riassunto di un’opera in cinque libri di Giasone di Cirene) nel bel mezzo della narrazione storica. Un testo pre-cristiano, ma non pagano; un testo veterotestamentario, ma confermato dalla rivelazione del Nuovo Testamento («È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre?», Eb 12:7); un testo deuterocanonico (“apocrifo”, direbbero i protestanti), ma pur sempre canonico e ispirato. In breve, PAROLA DI DIO!
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