giovedì 11 ottobre 2018

Sant’Alessandro Sauli



Ieri si parlava di santità. Nel mio post, facevo riferimento al Cinquecento. Di solito si ricordano i nomi dei grandi Santi di quel secolo: Carlo Borromeo, Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, ecc. Ma ci furono molti altri Santi, meno noti, che pure contribuirono non poco all’opera di riforma della Chiesa, prima e dopo il Concilio di Trento. Uno di questi è il Santo celebrato quest’oggi: Alessandro Sauli, vescovo barnabita, uno dei maggiori esponenti della Controriforma cattolica. 

Nacque nel 1534 a Milano da una famiglia nobile di origine genovese (la basilica di Carignano fu costruita dai Sauli). Nell’aprile del 1551, quando aveva 17 anni, chiese di entrare fra i Barnabiti, che erano stati da poco fondati (erano stati approvati un anno prima che lui nascesse, nel 1533). Quando gli fu chiesto il motivo per cui aveva scelto i Barnabiti, rispose che «qui è maggior rottura di volontà che in altri lochi, et che questo è un patire piú nobile et eccellente del patire esteriore». I Padri, poco convinti, considerando la sua estrazione aristocratica, vollero mettere alla prova la sua vocazione: gli chiesero di portare una grossa croce sulle spalle per le vie di Milano fino a Piazza dei Mercanti e lí predicare sulle vanità del mondo, cosa che egli fece senza esitazione. Era, quello, un periodo burrascoso per la giovane Congregazione: nel febbraio di quell’anno erano stati banditi dalla repubblica di Venezia; l’anno successivo, durante il noviziato di Alessandro, furono sottoposti alla visita apostolica. Quando il Visitatore, Mons. Marini, lo interrogò sulle sue intenzioni, rispose che sarebbe rimasto in Congregazione, «sperando che tutto si debba indirizzare». Prima della professione religiosa sentí la voce del Signore che gli diceva: Esto mihi totus, totus mihi soli (“Sii tutto mio, tutto solamente mio”), a cui egli rispose: Ego tibi totus, totus tibi soli (“Sono tutto tuo, tutto solamente tuo”). Fu ordinato sacerdote a 22 anni, nel 1556, e proseguí gli studi di teologia all’Università di Pavia, dove fu pure professore. A 33 anni, nel 1567, fu eletto Superiore generale, il sesto, dell’Ordine. Nel 1566 aveva preso possesso della diocesi di Milano il Cardinale Carlo Borromeo, che scelse il Sauli come suo consigliere e confessore. Nel 1570, quando aveva 36 anni, il Papa San Pio V lo nominò Vescovo di Aleria, la piú vasta diocesi della Corsica, dove rimase per piú di venti anni. Non dovette essere un’esperienza facile; si trattava di un territorio selvaggio e solo superficialmente evangelizzato, con una popolazione ancora paganeggiante e un clero ignorante e corrotto. Alessandro non si scoraggiò e si impegnò nella riforma voluta dal Concilio di Trento, dedicandosi alla predicazione, alla catechesi, all’assistenza dei poveri e dei malati. Fece largo uso dei sinodi e delle visite pastorali. Per la sua opera indefessa di promozione umana e spirituale, fu chiamato “Apostolo della Corsica”. Nel 1591 il Papa Gregorio XIV lo trasferí alla sede di Pavia, dove però rimase appena un anno, morendo l’11 ottobre 1592, mentre era in visita a Calosso d’Asti. Fu beatificato da Benedetto XIV nel 1741 e canonizzato da San Pio X nel 1904. Il suo corpo riposa nel Duomo di Pavia.

Stamane il Padre Robert Kosek, già Provinciale della Provincia Nord-Americana e neoeletto Assistente generale dell’Ordine, ha pubblicato su Facebook l’incisione che vedete in apertura di questo post. Non l’avevo presente; quando l’ho vista, sono sobbalzato sulla sedia. In essa appaiono dei simboli arcivescovili: il pallio e la croce con la doppia traversa (“croce patriarcale”) accanto al pastorale. Ma né Pavia né, tanto meno, Aleria sono mai state sedi metropolitane. Come mai allora l’incisore affibbiò al Sauli questi attributi che non gli competevano? Poi, facendo una veloce ricerca su internet, ho scoperto che i Vescovi di Pavia godono, fin dal VI secolo, del privilegio del pallio (anzi, tra il 1743 e il 1819, fu loro attribuito anche il titolo di Arcivescovi di Amasea nel Ponto, per giustificare in qualche modo tale privilegio). Beh, c’è sempre qualcosa da imparare.
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