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mi sono occupato piú volte dell’attesa nuova edizione italiana del Messale
Romano (si vedano in particolare i post del 15 ottobre 2010 e del 13 novembre 2010). Nel
2010 sembrava che la pubblicazione del nuovo Messale fosse imminente; e invece
siamo nel 2013 e ancora non si è visto nulla. Pare che il ritardo sia dovuto a
divergenze fra la CEI e la Congregazione per il Culto divino: questa, nel 2001
(istruzione Liturgiam authenticam),
aveva emanato indicazioni precise circa i nuovi criteri di traduzione; nel caso
dell’espressione “pro multis”
era prima intervenuto, nel 2006, il Card. Arinze,
allora Prefetto della Congregazione per il Culto divino, poi, nel 2012, lo
stesso Papa Benedetto;
ebbene, pare che la Conferenza episcopale italiana non abbia tenuto conto di tali autorevoli interventi, per cui è evidente che l’approvazione
della nuova traduzione sia stata bloccata.
Ma, ora che il
Papa è cambiato, che cosa succederà? Finora Papa Francesco nelle questioni
dottrinali, ma anche in quelle disciplinari, non si è discostato molto dalle
decisioni del suo predecessore. In campo liturgico però non abbiamo ancora
avuto occasione di verificare la posizione del nuovo Pontefice: abbiamo, sí,
assistito a una certa semplificazione delle celebrazioni da lui presiedute, ma
sul piano della disciplina liturgica non c’è stato ancora alcun intervento. Per
esempio, a proposito della traduzione del “pro multis” quale sarà
l’atteggiamento di Papa Bergoglio? Confermerà la posizione “rigorista” assunta
negli ultimi anni dalla Santa Sede o lascerà che quell’espressione continui a
essere tradotta liberamente con “per tutti”? Staremo a vedere. Per il
momento, si ha l’impressione che il nuovo Pontefice non sia particolarmente
interessato alle questioni liturgiche. Padre Lombardi ci ha ricordato, se mai
ce ne fosse stato bisogno, che un gesuita “nec rubricat, nec cantat”. Sí,
è vero; ma, divenuto Papa, il gesuita Bergoglio non potrà continuare a ignorare
la liturgia; prima o poi sarà costretto a prendere posizione in materia.
Nel frattempo
vorrei approfittare di questo indugio, per raccogliere alcune proposte da me
fatte qua e là (o riprese da altri) a proposito della revisione del Messale
italiano. Vorrebbe essere un piccolo promemoria per i curatori del nuovo
Messale, senza alcuna pretesa di completezza o sistematicità. Si tratta solo di
idee che butto là, se mai possano essere di qualche utilità.
1. Non sarebbe
possibile fare un’edizione bilingue, con testo originale latino e traduzione
italiana a fianco? Non mi si dica che non c’è spazio: si vada a vedere quanto
spazio vuoto rimane nell’attuale edizione. Se quello spazio fosse occupato da
una colonnina col testo latino (in carattere ridotto), si avrebbero due
vantaggi: si permetterebbe la celebrazione, almeno saltuaria, in lingua latina;
si darebbe la possibilità al sacerdote di confrontare la traduzione italiana
col testo originale (cosa che può risultare utile per la comprensione personale
e la spiegazione ai fedeli).
2. Visto che i
nuovi criteri della Congregazione per il Culto divino richiedono la massima
fedeltà all’originale latino, suppongo che si dovranno togliere tutti i testi
che erano stati introdotti nell’edizione del 1983. Tra questi però ci sono
anche dei testi di un certo valore, come, per esempio, le collette alternative
domenicali, che riprendono i contenuti della liturgia della parola. Ebbene, la
mia proposta è quella di pubblicare a parte una nuova edizione dell’Orazionale,
che preveda formulari della preghiera universale (con intenzioni brevi,
semplici e incisive) per ogni domenica dell’anno liturgico (in modo da
eliminare le intenzioni spesso discutibili proposte dai vari foglietti); al
termine di tali formulari potrebbero essere recuperate quelle collette
alternative, che diventerebbero cosí, come accade nel rito ambrosiano, orazioni
conclusive della liturgia della parola (era la proposta che aveva fatto già
tanti anni fa il compianto Padre Secondo Mazzarello).
3. La traduzione
dei testi, naturalmente, dovrebbe essere piú letterale, senza nulla togliere
alla comprensione, alla fluidità e all’eleganza. A parte il caso del “pro
multis”, su cui si sono versati fiumi d’inchiostro e io stesso mi sono
brevemente soffermato (18 ottobre 2010 e 4 maggio 2011), c’è il caso del “Domine,
non sum dignus” (anche qui si veda il post del 13 novembre 2010, dove
proponevo: «O Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma
di’ soltanto una parola e l’anima mia sarà guarita»). Vorrei qui aggiungere,
a titolo puramente esemplificativo, un altro caso di traduzione eccessivamente
libera che, a mio parere, andrebbe corretta. Si tratta del primo prefazio
comune:
«In quo omnia
instaurare [Ef 1:10] tibi
complacuit, et de plenitudine eius nos omnes accipere [Gv 1:16] tribuisti.
Cum enim in forma Dei esset, exinanivit semetipsum [Fil 2:6-7], ac per
sanguinem crucis suæ pacificavit universa [Col 1:20]; unde exaltatus est
super omnia [Gv 12:32] et omnibus obtemperantibus sibi factus est causa
salutis æternæ [Eb 5:9]».
Che in italiano
è diventato:
«In lui hai
voluto rinnovare l’universo, perché noi tutti fossimo partecipi della sua
pienezza. Egli che era Dio annientò se stesso, e col sangue versato sulla croce
pacificò il cielo e la terra. Perciò fu innalzato sopra ogni creatura ed è
causa di salvezza eterna per coloro che ascoltano la sua parola».
E che, con
qualche piccolo ritocco, potrebbe diventare:
«In lui hai
voluto restaurare l’universo, e hai concesso a tutti noi di ricevere
dalla sua pienezza. Egli, che era Dio, svuotò se stesso, e col
sangue della sua croce pacificò tutte le cose. Perciò fu
innalzato sopra ogni creatura e divenne causa di salvezza eterna per tutti
coloro che gli obbediscono».
4. Spero che
nella nuova edizione venga eliminata la traduzione italiana del Kyrie, eleison
e sia lasciato unicamente il testo originale greco. Il Kyrie, che è
sopravvissuto a secoli di Messa in latino, deve scomparire proprio ora con la
traduzione della liturgia nelle lingue volgari? Gli ambrosiani, anche nel loro
Messale in italiano, hanno conservato i tre Kyrie, eleison cosí
com’erano. Dal Messale ambrosiano poi si potrebbe riprendere anche il modo di
tradurre i tropi del Kyrie. La formula latina è:
«Qui missus
es sanare contritos corde: Kyrie, eleison. R. Kyrie, eleison.
Qui
peccatores vocare venisti: Christe, eleison. R. Christe, eleison.
Qui ad
dexteram Patris sedes, ad interpellandum pro nobis: Kyrie, eleison. R. Kyrie, eleison».
Il Messale
italiano, con una certa libertà, ha tradotto:
«Signore,
mandato dal Padre a salvare i contriti di cuore, abbi pietà di noi. R. Signore,
pietà.
Cristo, che
sei venuto a chiamare i peccatori, abbi pietà di noi. R. Cristo, pietà.
Signore, che intercedi per noi presso il Padre,
abbi pietà di noi. R. Signore,
pietà».
Il Messale
ambrosiano, invece, è rimasto piú fedele al testo originale:
«Tu che sei
inviato dal Padre per salvare i contriti di cuore, Kyrie, eleison. R. Kyrie,
eleison.
Tu che sei
venuto a chiamare i peccatori, Kyrie, eleison. R. Kyrie, eleison.
Tu che
intercedi per noi presso il Padre, Kyrie, eleison. R. Kyrie, eleison».
È chiaro che,
nel rito romano, il secondo Kyrie, eleison dovrebbe essere sostituito da
Christe, eleison.
5. Non sarebbe
possibile eliminare l’articolo prima di “Cristo”? Se si dice “il Cristo”, si
usa questo termine come un nome comune (= il Messia); ma, quando noi diciamo
“Cristo”, il piú delle volte usiamo tale termine come sinonimo di Gesú, quindi
come nome proprio; per cui mi sembra piú corretto dire semplicemente “Cristo”,
senza l’articolo.
6. Avevo
dedicato uno dei primi post di questo blog all’espressione, ricorrente nella traduzione italiana del
Messale, “memoriale del sacrificio di Cristo” (si veda l’orazione sulle offerte
del giovedí santo e della Messa votiva dell’Eucaristia, come pure il titolo del
primo prefazio della santissima Eucaristia). Tale espressione mi pare piuttosto
pericolosa, perché potrebbe portare a un’attenuazione del valore sacrificale
della Messa. La Messa è “sacrificio di Cristo” e “memoriale della sua morte e
risurrezione”, ma non “memoriale del
sacrificio di Cristo”. Al massimo, si potrebbe dire, come fa l’editio typica
del Catechismo della Chiesa Cattolica, “memoriale sacrificale” (n. 1362).