Nei giorni scorsi mi ha scritto
dalla Germania (l’ultimo post è stato ripreso dal Müsteraner Forum für Theologie und Kirche, per cui ha avuto una certa
diffusione nei paesi di lingua tedesca) una signora che esprimeva il suo sconcerto per l’atteggiamento
assunto dai media nei confronti del neo-eletto Papa Francesco: «Tutti a sperticarsi in elogi al nuovo
Vescovo di Roma. Ma dove erano in questi otto anni? Papa Benedetto è
stato crocifisso dal primo all’ultimo giorno, salvo quando ha dato le
dimissioni, allora si sono fatti sentire! Il perché di tanto entusiasmo è
dato dal fatto che il nuovo Vescovo indossa la croce di ferro, le scarpe
nere, i pantaloni neri?». La signora mi chiedeva di spiegare tale diverso
atteggiamento tenuto dai media nei confronti di Papa Benedetto e di Papa
Francesco.
Me la sono cavata con una
citazione evangelica: «Beati voi, quando
gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e
disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è
grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti
... Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo
infatti agivano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6:22-23.26).
A parte il Vangelo, che rimane
sempre valido, ho continuato a riflettere sulla domanda della signora: come si
spiega che quei media, che per otto anni hanno continuato ad attaccare
Ratzinger per qualsiasi motivo, oggi per qualsiasi motivo continuano a elogiare
Bergoglio? Che esista una disparità di trattamento, è sotto gli occhi di tutti.
Mercoledí scorso Raffaella,
riferendosi al fatto che Papa Francesco nell’udienza generale aveva parlato
solo in italiano, si era giustamente chiesta: «Che cosa sarebbe accaduto se Papa Benedetto, a partire dal 2005, avesse
adottato lo stesso sistema? … Quando Benedetto XVI andò in Polonia (2006) fu
aspramente criticato da un vaticanista perché aveva deciso di tenere discorsi
ed omelie in italiano. Scrisse: “Ci si aspettava che prendesse lezioni
di polacco”. Dopo il primo Messaggio Urbi et Orbi (Natale 2005) ci fu
chi ironizzò perché il Santo Padre aveva salutato in sole 33 lingue, circa la metà
del suo predecessore. Quando, negli anni successivi, Benedetto arrivò a battere
tutti i record precedenti nessuno gli fece i complimenti». Staremo a vedere
se domani sui giornali i vaticanisti avranno da ridire sul fatto che ieri Papa
Francesco ha fatto gli auguri soltanto in italiano. Ho i miei dubbi; anzi sono
sicuro che sarà un’ulteriore occasione per tessere le lodi del nuovo Pontefice,
a cui piace la semplicità e il contatto immediato con le folle. Ci sarà anche qualcuno
che darà una lettura teologica della novità, sostenendo che Papa Bergoglio si
sente soprattutto Vescovo di Roma e pertanto usa la lingua che si parla a Roma
(qualcuno dovrà poi spiegarmi perché si debba andare a cercare il Vescovo di
Roma alla “fine del mondo”, e scomodare tanti Cardinali provenienti da ogni dove,
quando si potrebbe fare tutto in casa, con tanti bravi preti a disposizione
nella diocesi di Roma).
Non so se avete notato che, per i
media, ogni gesto di Papa Francesco diventa un evento: abbraccia un bambino o
un disabile, e sembra che sia la prima volta che questo avviene, quando gli ultimi
Pontefici ci avevano abituato a gesti simili, senza che ormai nessuno ci
facesse piú caso. Qualsiasi cosa dice, anche la piú banale, diventa un oracolo. L’altro
giorno mi è capitato di sentire, non ricordo se alla radio o in TV: «Parole forti quelle di Papa Bergoglio: “Dobbiamo
aiutarci gli uni gli altri”!». Non mi si fraintenda: non sto criticando
Papa Francesco e non sto paragonando i suoi discorsi con quelli di Papa
Benedetto. Ognuno si esprime a suo modo; c’è bisogno della lectio magistralis, e c’è bisogno della semplice riflessione a
braccio; ogni tipo di intervento può avere il suo valore, a seconda delle
circostanze. Quel che mi dà noia sono le amplificazioni dei media.
Ho l’impressione che si stia
creando un pontificato virtuale, in contrapposizione a un pontificato
virtuale precedente, di segno opposto. Mi vado chiedendo in questi giorni: ma
che fine hanno fatto tutti i gravissimi problemi che affliggevano la Chiesa
durante il pontificato di Benedetto XVI, e che qualcuno pensa possano in
qualche modo essere all’origine della sua rinuncia? Sono tre settimane che
nessuno parla piú di pedofilia nella Chiesa; nessuno parla piú di Vatileaks e dei veleni della Curia
Romana; nessuno parla piú dello IOR. Tutto risolto? È bastato eleggere il nuovo
Papa per risolvere automaticamente tutti i problemi? Due son le cose: o era
tutta una montatura mediatica allora, o è tutta una montatura mediatica adesso.
Non è possibile che problemi che stavano facendo vacillare la Chiesa di punto
in bianco scompaiano nel nulla. Si noti bene che, a parte le stupidaggini,
finora non è stata fatta nessuna riforma; l’unica nomina che è stata fatta è
quella del nuovo Arcivescovo di Buenos Aires; eppure tutto fila liscio come l’olio.
Sembrerebbe che il problema fosse uno solo: Joseph Ratzinger.
Sinceramente faccio fatica a
comprendere il motivo di tanta avversione. Certamente anche lui ha commesso
degli errori (c’è qualcuno che ne è esente?). Personalmente ritengo che il
suo maggior limite sia stata l’incapacità di scegliersi i collaboratori (basta
vedere come il precedente conclave, formato da Cardinali nominati da Giovanni Paolo
II, abbia preferito lui a Bergoglio; mentre questo conclave, composto in gran
parte da Cardinali da lui creati, abbia eletto quello che era stato il suo “rivale”):
Papa Ratzinger, che pure conosceva i meccanismi di Curia, si era circondato di carrieristi
che, al momento opportuno, gli han voltato le spalle. Un’altra critica che gli
si può muovere è che non è stato capace di realizzare le riforme che si era
proposte: innanzi tutto la riforma della Curia Romana; poi la “riforma della
riforma” in campo liturgico; infine la riconciliazione con i lefebvriani. Ma, d’altra
parte, come avrebbe potuto realizzare tali riforme senza l’aiuto dei suoi
collaboratori?
In ogni caso, queste o altre
possibili critiche non giustificano l’avversione dei media nei confronti di
Ratzinger. Ci deve essere qualche altro motivo che ci sfugge. Qualcuno ha
avanzato l’ipotesi che il suo “peccato originale” fossero le origini
tedesche. Non saprei: la Germania è stato forse il Paese dove lo si è maggiormente
osteggiato. Forse la sua colpa principale è stata l’essere tradizionalista? Qualche
anno fa avevo scritto un post dove sostenevo che Ratzinger fosse sempre rimasto fondamentalmente un “liberale”.
Sinceramente si fa fatica a individuare il motivo reale per cui per otto anni
(senza contare gli anni precedenti) i media si sono esercitati nel tiro al
piattello contro Papa Benedetto.
Comunque, sono convinto che l’atteggiamento
che i media hanno tenuto nei confronti di Ratzinger, da un momento all’altro
potrebbero assumerlo anche nei confronti di Bergoglio. Fossi nei panni di Papa
Francesco, non dormirei sonni tranquilli: mai fidarsi degli adulatori; di punto
in bianco potrebbero rivoltarsi contro. Non so se vi siete accorti, ma sono già
stati lanciati alcuni “avvertimenti” mafiosi: prima le accuse di aver sostenuto
la dittatura militare, ora quelle di aver aderito alla “Guadia di Ferro” (senza
parlare del film, del 2012, ma arrivato solo ora in Italia, Mea maxima culpa).
Che poi Introvigne o chi per lui dimostri l’inconsistenza di tali accuse, non serve a niente: nel
momento in cui il New York Times
decide di sferrare l’attacco, non c’è santo che tenga; può essere anche tutto
falso, ma il semplice fatto che le stesse accuse rimbalzino da un giornale all’altro, le trasforma in “verità”. A quel punto anche la testimonianza
dei Premi Nobel diventa superflua; ciò che conta è quanto dicono i media: una
verità virtuale, come virtuale è il mondo in cui viviamo.