Giovedí scorso, 22 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto i Prelati
della Curia Romana per il tradizionale scambio degli auguri natalizi.
Quest’anno il discorso, che il Pontefice è
solito rivolgere ai presenti per l’occasione, si è incentrato sulla riforma
della Curia Romana. I media si sono praticamente limitati a riportare il
passaggio riguardante le resistenze all’opera di riforma, nelle quali si è
voluto vedere un riferimento ai quattro Cardinali che hanno sottoposto al Papa
alcuni dubia a proposito dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia:
In questo percorso risulta normale, anzi salutare, riscontrare delle difficoltà, che, nel caso della riforma, si potrebbero presentare in diverse tipologie di resistenze: le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano delle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di agnelli”). Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione.
Papa Francesco ci ha ormai abituati a questo stile e a questo
linguaggio, per cui, a mio parere, non mette conto disquisire sull’opportunità
per un Pontefice di esprimersi in tali termini: Papa Bergoglio è cosí; dobbiamo
farcene una ragione. Mons. Georg Gänswein, nell’intervista rilasciata l’estate
scorsa alla Schwäbische Zeitung, aveva giustamente rilevato: «Che nei
discorsi, rispetto ai suoi predecessori, di tanto in tanto sia un po’
impreciso, e addirittura irrispettoso, si deve solo accettare. Ogni Papa ha il
suo stile personale».