Nel lezionario biennale per l’Officium lectionis preparato
dall’Unione monastica per la liturgia (L’Ora dell’Ascolto,
Piemme-Edizioni del Deserto, Casale Monferrato, 1989) come seconda lettura oggi
viene proposto un brano tratto dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici» di san
Bernardo (Discorso 61, 3-5: Opera omnia, 2, 150-151). Lo condivido con
voi perché mi sembra utile per fare alcune riflessioni.
Dove trovare per i deboli una sicura garanzia di salvezza e un’incrollabile pace, se non nelle piaghe del Salvatore? In esse mi rifugio, tanto piú sicuro quanto piú egli è potente per salvarmi. Il mondo si agita, il corpo fa sentire il suo peso, il demonio insidia: non cado, perché sono stabilito sulla roccia. Ho peccato gravemente? La coscienza sarà turbata ma non sconvolta, perché mi ricorderò delle piaghe del Signore. Infatti, «è stato trafitto per i nostri delitti» (Is 53:5). Che cosa c’è di mortifero che non sia vinto dalla morte di Cristo? Se mi ricorderò di un rimedio tanto potente ed efficace, non mi lascerò spaventare dalla gravità del male. Per questo errò colui che disse: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono» (Gn 4:13). Disse cosí perché non era membro di Cristo, né gli appartenevano i suoi meriti, in modo che potesse considerare e dire suo ciò che era di Cristo, come un membro che appartiene al capo.
Io invece fiduciosamente mi approprio di quel che mi manca dalle viscere di Cristo, perché sono ricche di misericordia, e in esse non mancano aperture dalle quali può scaturire: trapassarono le sue mani e i suoi piedi e con una lancia gli forarono il costato. Per queste spaccature posso «succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia» (Dt 32:13), cioè gustare e vedere «quanto è buono il Signore» (Sal 33:9).
Nutriva pensieri di pace e io non lo sapevo. «Infatti chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?» (Rm 11:34). Ma il chiodo appuntito è divenuto per me come chiave che apre, perché io veda la volontà del Signore. Che cosa scorgerò attraverso il foro? Lo grida il chiodo, lo grida la piaga: veramente in Cristo c’è Dio che riconcilia a sé il mondo.
La lancia penetra nel suo cuore, perché egli sappia compatire le mie infermità. Attraverso le ferite del corpo si svela il mistero del cuore, si manifesta il grande sacramento dell’amore, «la bontà misericordiosa del nostro Dio per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge» (Lc 1:78). In che modo la misericordia si manifesta attraverso le ferite? Dove piú chiaramente che nelle tue ferite avrebbe potuto risplendere che tu, o Signore, sei dolce e mite, e pieno di misericordia? Nessuno infatti ha maggior amore di chi dà la sua vita per i votati alla morte e i condannati. Il mio merito quindi è la misericordia del Signore. Non mancherò di merito, finché egli non mancherà di misericordia. Ché, se le misericordie del Signore sono molte, io pure allora sono ricco di meriti. E se fossi consapevole di molti e gravi peccati? Ma «dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5:20). E se «la grazia del Signore è da sempre e dura in eterno» (Sal 102:17) anch’io «canterò senza fine le grazie del Signore» (Sal 88:2).
Forse la mia giustizia? «Signore, ricorderò che tu solo sei giusto» (Sal 70:16). Ma la tua giustizia è anche la mia: naturalmente, perché tu ti sei fatto per bontà di Dio giustizia per me (cf 1Cor 1:30).
Nell’inflazione di misericordia
da cui siamo stati sommersi negli ultimi anni, molti hanno giustamente fatto
notare che Dio è, sí, misericordioso, ma anche giusto; che la sua misericordia
non è a buon mercato e, per quanto gratuita, essa chiede una “contropartita”,
vale a dire la conversione del peccatore. In una parola, Dio non ci tira dietro
i suoi doni, ma ne rende partecipi solo quanti dimostrano di apprezzarli. Tutto
vero. Ma tutti, da una parte e dall’altra — vale a dire, sia i fautori della
misericordia senza se e senza ma, sia i paladini di una misericordia con corrispettivo — risolvono tutto nel rapporto immediato fra le due parti, Dio e
l’uomo. Trascurando un piccolo dettaglio: che tale rapporto sarebbe
impossibile, se non ci fosse un mediatore, Gesú Cristo. Chissà perché, tutti si
dimenticano del ruolo, certamente non accidentale, di Gesú Cristo, unico
mediatore fra Dio e gli uomini (cf 1Tm 2:5). È vero che Dio è infinitamente
misericordioso; ma Dio ha voluto manifestare la sua misericordia attraverso il
suo Figlio fatto uomo. E solo attraverso di lui gli uomini possono accedere alla misericordia di Dio. Non ci sono altre strade.
Lo stesso Bernardo, in un altro
suo discorso (Discorso 1 per l’Epifania, 1-2: Patrologia Latina, 133,
141-143; ripreso dalla Liturgia Horarum come seconda lettura per il 29
dicembre), usa una bellissima immagine:
Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per cosí dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu lacerato durante la passione perché ne uscisse il prezzo del nostro riscatto; un sacco certo piccolo, ma pieno, se ci è stato dato un Bimbo (cf Is 9:5) in cui però «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità».
Nella lettura odierna Bernardo
chiarisce in che senso il sacco fu lacerato durante la passione: «Trapassarono le sue mani e i suoi piedi e con una
lancia gli forarono il costato». È dalle piaghe di Cristo che scaturisce la
misericordia di Dio; e gli uomini possono attingerla esclusivamente a quella
fonte. Non ce ne sono altre. Non è un caso che Gesú abbia rivelato a Santa
Faustina il mistero della divina misericordia mostrandole il costato trafitto.
È dalle piaghe di Cristo che — ci dice Bernardo — «posso “succhiare miele dalla
rupe e olio dai ciottoli della roccia”, cioè gustare e vedere “quanto è buono
il Signore”».
Al di fuori di Cristo, non c’è misericordia, non c’è perdono. Al di fuori
di lui, c’è solo l’ira di Dio. Interessante il riferimento a Caino:
Per questo errò colui che disse: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono». Disse cosí perché non era membro di Cristo, né gli appartenevano i suoi meriti, in modo che potesse considerare e dire suo ciò che era di Cristo, come un membro che appartiene al capo.
Se vogliamo ottenere il perdono dei peccati, dobbiamo appartenere a Cristo
— essere sue membra — perché solo in questo modo la misericordia può rifluire
da lui in noi. Ciò significa che solo nella Chiesa e attraverso la Chiesa
(per mezzo dei sacramenti) possiamo fare esperienza della misericordia di
Dio.
Come si può, allora, parlare di un Dio misericordioso e poi dimenticarsi di
Cristo, come se non fosse lui l’unica manifestazione (“epifania”) della
divina misericordia?
Q