lunedì 26 febbraio 2018

“Unigenito” o “amato”?




Avevo accennato alla cosa nel post del 14 gennaio 2016, ma senza approfondirla. La liturgia della seconda domenica di Quaresima (anno B) mi ha offerto l’occasione di riprendere in mano la questione. Nella prima lettura, tratta dal capitolo 22 della Genesi, leggiamo:
Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco (v. 2)
Non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito (v. 12)
Non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito (v. 16)
Nella prima edizione della Bibbia CEI (1974) si leggeva:
Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco (v. 2)
Non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio (vv. 12 e 16)
Nella nuova traduzione (2008), come si può vedere, al v. 16, il verbo hai rifiutato è stato sostituito con hai risparmiato. Sostituzione quanto mai opportuna, dal momento che in tal modo è piú facile rilevare il parallelismo con la seconda lettura (Rm 8:31b-34), dove Paolo afferma che Dio «non ha risparmiato il proprio Figlio» (v. 32). Non si capisce però perché tale sostituzione sia stata fatta solo al v. 16, e non al v. 12, visto che in entrambi i casi il verbo è lo stesso. Ma non è su questo aspetto che voglio soffermarmi. Vedete che la nuova traduzione ha sostituito unico figlio con unigenito. Ovviamente il significato non cambia. Forse, con la nuova traduzione, ci si è voluti avvicinare maggiormente al testo della Volgata:
Tolle filium tuum unigenitum, quem diligis, Isaac (v. 2)
Non pepercisti unigenito filio tuo propter me (v. 12)
Non pepercisti filio tuo unigenito propter me (v. 16)
Testo che è rimasto pressoché identico nella Neovolgata (che ha voluto solo uniformarsi maggiormente al testo masoretico):
Tolle filium tuum unigenitum, quem diligis, Isaac (v. 2)
Non pepercisti filio tuo unigenito propter me (v. 12)
Non pepercisti filio tuo unigenito (v. 16)
Tanto la Volgata (e la Neovolgata) quanto la Bibbia CEI (sia nella prima che nella seconda edizione) traducono fedelmente il testo masoretico:
qaḥ-nā’  ’eṯ-binḵā  ’eṯ-yeḥîḏeḵā  ’ăšer-’āhaḇtā  ’eṯ-yiṣḥāq (v. 2)
prendi  tuo figlio  il tuo unico   che ami        Isacco
lō’          ḥāśaḵtā         ’eṯ-binḵā   ’eṯ-yeḥîḏeḵā  mimmennî (v. 12)
non hai risparmiato tuo figlio il tuo unico da me
lō’          ḥāśaḵtā         ’eṯ-binḵā   ’eṯ-yeḥîḏeḵā  (v. 16)
non hai risparmiato tuo figlio il tuo unico
Tra parentesi, faccio notare che l’apparato critico della Biblia Hebraica Stuttgartensia (5 ed., Stuttgart, 1997, p. 32) suggerisce che forse — con il Pentateuco Samaritano, la LXX, la Siriaca e la Volgata — il v. 16 andrebbe letto come il v. 12 (non si capisce pertanto lo zelo della Neovolgata nel volersi conformare a tutti i costi al testo masoretico).

Il problema, in questo caso, non è quindi la traduzione, quanto piuttosto il testo originale: non è vero che Isacco fosse il figlio unico (o unigenito) di Abramo. Lo era di Sara; ma Abramo aveva avuto, dalla schiava Agar, un altro figlio, Ismaele. La Traduction Œcuménique de la Bible (1988, ed. it. 2009) cerca di risolvere il problema in maniera a mio parere insoddisfacente:
Isacco è l’unico figlio restato ad Abramo dopo la partenza d’Ismaele, colui su cui si fonda la promessa divina di una numerosa discendenza. La versione greca ha tradotto unico con amato, termine che torna nel NT (per es., Mt 3:17; Mc 12:6).
Piú onesta mi sembra l’osservazione del The New Jerome Biblical Commentary (1989):
“Only son” is inaccurate, since Abraham will have other sons; already the LXX ton agapēton correctly interpreted the Hebrew word as “favored” by God. (= “Unico figlio” non è esatto, dal momento che Abramo avrà [?] altri figli; già il ton agapēton della LXX interpretava correttamente la parola ebraica come “prediletto” da Dio).
Sia la TOB sia il NJBC fanno riferimento alla Septuaginta, che aveva tradotto l’originale ebraico in greco in maniera, a dir poco, sorprendente:
Λαβὲ τὸν υἱόν σου τὸν ἀγαπητόν, ὃν ἠγάπησας, τὸν Ισαακ (v. 2)
Oὐκ ἐφείσω τοῦ υἱοῦ σου τοῦ ἀγαπητοῦ δι’ ἐμέ (vv. 12 e 16)
Letteralmente:
Prendi il tuo figlio l’amato, che ami, Isacco (v. 2)
Non hai risparmiato il tuo figlio l’amato per me (vv. 12 e 16)
Come facevo notare nel post del 14 gennaio 2016, con tale traduzione i Settanta finiscono per cadere in una ridondanza del tutto pleonastica (“il tuo figlio amato che ami”). Come abbiamo visto, il NJBC riferisce il ton agapēton non ad Abramo, ma a Dio: Isacco sarebbe dunque il “prediletto” di Dio. Non ne sono molto convinto; personalmente, preferisco interpretarlo come “prediletto” di Abramo. E cosí mi pare che lo intendesse l’antica versione latina (la Vetus Latina o Itala), che aveva tradotto l’Antico Testamento dal greco e non dall’ebraico (cosa che farà successivamente Girolamo con la Volgata):
Accipe filium tuum dilectum, quem diligis, Isaac (v. 2)
Non pepercisti filio tuo dilecto propter me (vv. 12 e 16)
L’edizione della Vetus Latina di Pierre Sabatier (Bibliorum Sacrorum Latinae versiones antiquae seu Vetus Italica, t. I, Reims, 1743, pp. 61-63) riporta in nota numerose citazioni dei Santi Padri in cui compare il testo.

La questione non mi sembra di poco conto, per il fatto che, come ricorda la TOB, il termine ἀγαπητός (“amato”, “[pre]diletto”) viene ripreso nel Nuovo Testamento. La TOB rinvia a Mt 3:17 (il battesimo di Gesú) e a Mc 12:6 (la parabola dei vignaioli omicidi); ma si potrebbe fare riferimento anche al vangelo di ieri (la trasfigurazione). Il rapporto tra Abramo e Isacco è immagine del rapporto tra il Padre e il Figlio. È vero che Gesú è anche il Figlio unico o unigenito di Dio; ma in questo caso non possiamo dire lo stesso a proposito di Isacco e di Abramo.

La prima edizione della New American Bible (1970) — utilizzata nel lezionario americano (Lectionary for Mass, 1998) — adottava una soluzione di compromesso, che non mi dispiace affatto:
Take your son Isaac, your only one, whom you love (v. 2)
You did not withhold from me your own beloved son (v. 12)
You acted as you did in not withholding from me your beloved son (v. 16)
E spiegava in nota il motivo di tale scelta:
Only one: uniquely precious, especially loved; therefore the same term is rendered in vv 12. 16 as “beloved” (= Unico: prezioso in maniera unica, particolarmente amato; perciò lo stesso termine è reso nei vv. 12 e 16 con “amato”).
L’edizione riveduta della NAB (2010), non ancora adottata nella liturgia, si è adeguata alle altre traduzioni:
Take your son Isaac, your only one, whom you love (v. 2)
You did not withhold from me your son, your only one (v. 12)
You acted as you did in not withholding from me your son, your only one (v. 16)
Ci troviamo di fronte a un ulteriore esempio della discutibilissima tendenza (non nuova nella Chiesa, visto che risale a San Girolamo) a privilegiare il testo ebraico rispetto a quello greco. Dimenticando cosí che i Settanta potevano comprendere il testo ebraico meglio di noi (e dello stesso Girolamo). Dimenticando inoltre che la Septuaginta non è una delle tante traduzioni dell’Antico Testamento, ma l’interpretazione autentica di esso. Dimenticando infine che la LXX è la “Bibbia del Nuovo Testamento”.

Per concludere, vorrei proporre una nuova traduzione che cerchi di conciliare il testo ebraico con quello greco, sul modello della prima edizione della NAB:
Prendi il tuo figlio Isacco, l’unico che ami (v. 2)
Non mi hai risparmiato il tuo figlio diletto (vv. 12 e 16)
Se c’è fra i miei lettori qualche esperto di lingue classiche, che ne dice?
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