sabato 20 febbraio 2010

Interessi corporativi?

A quanto pare, Sandro Magister non si lascia minimamente intimidire dalle “bacchettate” — si direbbe sempre piú ricorrenti — nei confronti dei vaticanisti da parte della Sala Stampa della Santa Sede, e continua imperterrito il suo lavoro. E fa bene. Anche perché, nonostante i bei discorsi, si ha l’impressione che oltre Tevere non ci si renda ancora pienamente conto del tipo di società in cui viviamo e si continui a ragionare con criteri che potevano andar bene in altri tempi.

Giorni fa Padre Lombardi, intervenendo a proposito della dichiarazione sottoscritta da alcuni membri della Pontificia Accademia per la vita, nella quale veniva “sfiduciato” il Presidente di quell’organismo Mons. Rino Fisichella, ha smentito che tale documento fosse giunto al Santo Padre o alla Segreteria di Stato e ha lamentato che non si fosse trattato della questione durante l’assemblea plenaria appena svolta, concludendo con le seguenti parole: «Stupisce e appare non corretto che a tale documento venga data una circolazione pubblica». Incurante del pronunciamento di Padre Lombardi, Magister ha appena pubblicato sul sito www.chiesa il testo integrale della dichiarazione, «a titolo di documentazione».

Intendiamoci, da un punto di vista formale, il Direttore della Sala Stampa Vaticana ha ragione: i naturali destinatari di eventuali lagnanze riguardo ai responsabili dei dicasteri della Curia Romana non possono che essere il Papa e il Segretario di Stato; per cui, a prima vista, la dichiarazione diffusa pubblicamente potrebbe apparire una scorrettezza. Una volta si sarebbe detto: una “congiura”.

Ma se andiamo a leggere il contenuto della dichiarazione, ci accorgiamo che i “congiurati” avevano validi motivi per agire in tal modo. In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Mons. Fisichella sull’Osservatore Romano del 15 marzo 2009, essi avevano scritto all’interessato e, successivamente, al Card. Levada. Quest’ultima lettera aveva sortito l’effetto sperato: la chiarificazione della Congregazione per la dottrina della fede del 10 luglio 2009. La cosa poteva finire lí (personalmente, ero convinto che la questione si fosse chiusa con quell’intervento).

Ma, a quanto pare, Mons. Fisichella non si è dato per vinto, ed è imprudentemente tornato sulla questione nel corso della recente assemblea. Per me avrebbe fatto meglio a glissare sull’argomento. È ovvio che col suo inopportuno intervento ha messo i “congiurati” nella condizione di fare il passo che hanno fatto. Avrebbero dovuto scrivere direttamente al Papa o al Card. Bertone? Forse; ma si sarebbe potuto tacciare anche questo tipo di ricorso come forma di “delazione”. I cinque accademici hanno invece preferito la via della trasparenza, ricorrendo a una dichiarazione pubblica. Si potrà discutere sulla correttezza formale. Personalmente, non trovo alcunché di scandaloso nel comportamento degli accademici della vita.

C’è un punto toccato dalla dichiarazione, che invece, se confermato, mi appare decisamente “scandaloso”: in essa si afferma che Mons. Fisichella avrebbe manipolato il primo paragrafo della chiarificazione della Congregazione della dottrina della fede, facendovi aggiungere le parole “manipolazione e strumentalizzazione”. Possibile? Se questo è vero, si tratta di un fatto gravissimo, sufficiente, da sé solo, a giustificare la rimozione dal suo incarico. Spero che si faccia luce al piú presto su questo increscioso episodio e si ristabilisca cosí un minimo di serenità e di fiducia non solo all’interno dell’Accademia per la vita, ma anche fra i semplici fedeli. Altrimenti saremmo costretti a concludere, con i “congiurati”, che la Curia ha serrato «i ranghi attorno a Fisichella a motivo della mentalità clericale di questa corporazione». Credo che, nel caso presente, ci sia in gioco qualcosa di piú di banali interessi corporativi.