Non voglio entrare nel merito della discussa “legge sulla blasfemia”, in base alla quale è stata condannata a morte in Pakistan Asia Bibi (speriamo che la mobilitazione internazionale in atto riesca a fermare l’esecuzione della condanna). Mi voglio solo soffermare brevemente sull’espressione che viene usata: “blasfemia”. Con l’uso di tale espressione, inesistente in italiano, dimostriamo quanto siamo diventati “anglodipendenti” e, allo stesso tempo, la nostra ignoranza della lingua inglese.
Appare evidente che “legge sulla blasfemia” non sia altro che un maldestro tentativo di traduzione dell’espressione inglese “blasphemy law”. Capisco che, in certi casi, occorre tradurre frettolosamente fonti di agenzia; ma basterebbe la consultazione di un qualsiasi dizionario (anche tascabile) per sapere che blasphemy in inglese significa semplicemente “bestemmia”.
Ma quel che è peggio è il modo in cui si pronuncia la parola “blasfemia”. Udito con i miei orecchi in TV: blasfemía! Si dirà: ma questa è la pronuncia greca del termine. Già, ma si dà il caso che l’italiano non derivi dal greco, bensí dal latino (e anche i termini di origine greca gli arrivano attraverso il latino). E in latino blasphemĭa si legge per l’appunto blasfèmia.
Si sente proprio il bisogno di introdurre un neologismo? Benissimo; visto che esso esiste già da secoli in latino, possiamo tranquillamente adottarlo. Ma, per lo meno, pronunciamolo alla latina!