Nel mio post successivo all’elezione del Card. Jorge Mario Bergoglio al
supremo pontificato (17 marzo 2013)
riferivo un paio di frasi — amplificate dai media — che sarebbero state da lui
pronunciate poco dopo l’elezione. La prima sarebbe stata la risposta data, la
sera stessa del 13 marzo, a Mons. Guido Marini che gli stava porgendo la
mozzetta: «Questa se la metta lei! È finito il tempo delle carnevalate!». La
seconda sarebbe stata pronunciata l’indomani, durante la visita alla basilica
di Santa Maria Maggiore; visto l’Arciprete, il Card. Bernard Law, Papa
Francesco avrebbe detto: «Allontanatelo dalla basilica!». Lí per lí, fui
portato a non dare credito a certi “spifferi” e, in ogni caso, a non dar loro
eccessiva importanza.
Qualche mese dopo, un’altra soffiata ci fece conoscere il reale motivo per
cui Papa Bergoglio aveva disertato il concerto organizzato dal Pontificio
Consiglio per la nuova evangelizzazione in occasione dell’Anno della fede (22 giugno 2013):
«Non sono un principe rinascimentale», avrebbe detto ai suoi piú stretti
collaboratori. Anche se la cosa in questo caso sembrava piú credibile, rimaneva
pur sempre, almeno per chi non era direttamente coinvolto, nulla piú che un
episodio divertente, da archiviare quanto prima.
Poi, col passare degli anni, gli episodi di questo genere si sono moltiplicati
e hanno cominciato a insospettirmi. Non era mai accaduto che, nei pontificati
precedenti, si venisse a sapere quel che il Pontefice pro-tempore aveva detto
nella tale o nella talaltra occasione. Non che non trapelassero segreti (basti
pensare all’imbarazzante scandalo Vatileaks), ma per lo meno quel che
diceva il Papa entro le mura domestiche non era dato sapere. Per cui a poco a
poco si è fatto strada in me il sospetto che non si trattasse di occasionali
fughe di notizie, ma di una strategia mediatica pianificata, per far sapere in
giro che cosa realmente pensasse il Papa, sollevandolo nel contempo da ogni
responsabilità, dal momento che si trattava, in fin dei conti, solo di voci che
potevano essere facilmente smentite, se necessario. La cosa, devo essere
sincero, mi dava non poca noia, dal momento che mi sembra che questo sia il
modo migliore per distruggere il papato. Onestamente, di quel che pensa il Papa
come persona, non ce ne cale. Egli può tranquillamente fare con i suoi intimi
tutti i commenti e le battute che vuole. E deve essere libero di farli, senza
correre il rischio di ritrovarli l’indomani spiattellati sulle prime pagine dei
giornali di mezzo mondo. Come tutti, del resto. E nessuno di noi si scandalizza
al pensiero che il Papa possa avere le sue idee personali. Ripeto, non ce ne
può importar di meno. Non moriamo dalla curiosità di sapere qual è stata
l’ultima battuta del Papa. L’unica cosa che ci attendiamo dal Romano Pontefice
è che ci confermi nella fede, perché questo è il compito che Cristo gli ha
affidato; non altro. E per svolgere questo compito sono sufficienti pochi
interventi — se non sempre solenni, per lo meno rivestiti di una certa
ufficialità — fatti con le parole giuste al momento giusto. Il resto son
chiacchiere; ma chiacchiere che alla lunga possono spogliare il papato di
qualsiasi autorevolezza.
È dei
giorni scorsi (2 agosto 2017)
la notizia che Papa Francesco avrebbe detto al Vescovo di Rouyn-Noranda
(Québec), Mons. Dorylas Moreau (foto), preoccupato della carenza di vocazioni: «Il
futuro della Chiesa è piú intorno alla parola di Dio che attorno
all’Eucaristia». In questo caso, la situazione è diversa rispetto agli esempi
precedentemente riportati. Innanzi tutto, non si tratta di un leak anonimo;
qui sappiamo nome e cognome di chi ha riferito le parole del Papa; e perciò non
abbiamo alcun motivo per dubitare della loro sostanziale autenticità. Inoltre —
ed è la cosa piú importante — si tratta di un’affermazione che tocca un
aspetto dottrinale di non poco conto. Si potrebbe facilmente scusare il
Pontefice dicendo che, in tale occasione, piú che come Papa, egli parlava in
veste di “osservatore”, stava facendo una semplice costatazione avalutativa:
non che egli sia fautore di un deprezzamento dell’Eucaristia a favore della
parola di Dio; si tratterebbe solo di prendere atto di una realtà, per quanto
spiacevole, ma pur sempre una realtà. A poco a poco, vista la penuria di sacerdoti,
sarà inevitabile che le comunità cristiane si ritrovino per riflettere sulla
parola di Dio, senza la presenza di un sacerdote e quindi senza la celebrazione
della Messa (ciò sta già avvenendo, purtroppo, in molte parti del mondo). Sarà
anche vero, ma ciò non toglie che una simile rivelazione non giovi a nulla e a
nessuno. A parte il fatto che, anche come semplice osservazione, essa è
alquanto discutibile, il problema è che le analisi della situazione è meglio
lasciarle agli analisti; dal Sommo Pontefice ci si aspetterebbe altro. Da lui
ci attendiamo, nella fattispecie, che ci indichi le strade per valorizzare,
come si conviene, e la parola di Dio e l’Eucaristia, e, in
relazione a ciò, che ci dica come fare per superare l’attuale crisi vocazionale.
Se il pastore non indica al gregge una meta da raggiungere, che pastore è?
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