Avrei preferito non esprimermi sul recente discorso del Papa ai
partecipanti alla Settimana liturgica nazionale (24 agosto 2017), che ha fatto tanto discutere i
commentatori soprattutto per la frase «la riforma
liturgica è irreversibile». In genere, quando tutti dicono la loro, avendo
l’impressione che sia stato ormai già detto tutto, mi passa la voglia di
aggiungere qualcosa, che rischia di essere solo una inutile ripetizione.
Inoltre, per me che varie volte ho invocato interventi piú autorevoli da parte
del Pontefice, vedere che, finalmente, Papa Francesco aveva fatto un discorso
come Dio comanda non poteva che rallegrarmi. Magari, l’appellarsi all’«autorità
magisteriale» poteva sembrare un po’ fuori luogo, visto che finora non lo si
era mai fatto per questioni di ben altra rilevanza; ma, insomma, lasciamo
perdere, andava bene cosí.
Siccome però il dibattito non accenna ad attenuarsi, e siccome sono stato sollecitato
dalla richiesta di qualche lettore, vedrò di aggiungere la mia voce a quella
degli altri osservatori, accettando consapevolmente di correre il rischio di
cui sopra. Per dire cosa? Per dire che l’affermazione «la
riforma liturgica è irreversibile» non è chiara per nulla. Che significa?
Che la riforma liturgica, cosí come è stata elaborata, non può essere, almeno
per il momento, cambiata? Beh, se cosí fosse, a me la cosa non dispiacerebbe
poi piú di tanto. Sono sempre stato un convinto assertore della riforma
liturgica. Ciò non mi ha impedito però di rilevarne serenamente anche i limiti;
e per questo non mi dispiaceva l’idea di una “riforma della riforma”, intesa
come aggiustamento — non certo come abrogazione — della riforma liturgica. Ma,
se questo non è possibile (per ragioni che, sinceramente, al momento mi
sfuggono), devo dire che a me la liturgia rinnovata va bene anche cosí com’è,
purché celebrata decorosamente, a norma dei libri liturgici, e non secondo le
improvvisazioni e la “creatività pastorale” di ciascun celebrante.
Ma ho paura che non sia questa l’interpretazione da dare alle parole «la
riforma liturgica è irreversibile». Significherebbe considerare la riforma
liturgica come qualcosa di statico, dato una volta per tutte e immutabile. E,
se cosí fosse, come ha giustamente rilevato l’altro giorno Claudio Crescimanno, i propugnatori del rinnovamento
liturgico diverrebbero, tutto a un tratto, dei conservatori. Il che non appare
credibile. È molto piú probabile che, quando Papa Bergoglio afferma che «la
riforma liturgica è irreversibile», intenda piuttosto dire: il processo
innescato dal Concilio con la riforma liturgica è irreversibile; è un processo
che va avanti e non può essere fermato. Non è, questa, una mia semplice
supposizione; si tratta di un’interpretazione che trova il suo fondamento in
affermazioni contenute nello stesso discorso:
I libri riformati a norma dei decreti del Vaticano II hanno innestato [sic] un processo che richiede tempo, ricezione fedele, obbedienza pratica, sapiente attuazione celebrativa da parte, prima, dei ministri ordinati, ma anche degli altri ministri, dei cantori e di tutti coloro che partecipano alla liturgia (corsivo mio).
Tale interpretazione è perfettamente coerente con la visione “filosofica”
del Pontefice. Se ricordate, il primo dei quattro postulati di Papa Francesco,
afferma che “il tempo è superiore allo spazio”. Ebbene, nell’esortazione
apostolica Evangelii gaudium, tale assioma viene cosí illustrato:
Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. […] Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci (n. 223; corsivo nel testo).
Provate ad applicare queste parole alla riforma liturgica, e capirete che
cosa voglia dire Papa Francesco quando afferma che «la riforma liturgica è
irreversibile»: la riforma liturgica è un processo che non può essere fermato;
è un movimento in costante crescita, che non ammette retromarce. È la stessa
comprensione che, in un orizzonte piú vasto, i novatores hanno del
Concilio: il Vaticano II non è importante per i suoi documenti, e cioè per le
conclusioni a cui è giunto (se cosí fosse, esso costituirebbe solo una nuova ortodossia
da sostituire all’antica). Il Concilio è importante per aver avviato un
processo, lento ma inarrestabile, verso traguardi non previsti dal Concilio
stesso, ma da esso resi possibili.
È evidente la matrice idealistica di questa concezione, che presuppone il
primato del divenire sull’essere. Ma diciamo che l’idea di “processo”, affrancata
dalle sue premesse filosofiche, la si potrebbe pure accettare. Dopo tutto, Dio
si è manifestato nella storia, e la rivelazione si è realizzata
progressivamente attraverso i secoli. La stessa tradizione della Chiesa, intesa
come tradizione vivente, potrebbe essere considerata alla stregua di un
“processo”. Ebbene, se la riforma liturgica è un processo, la proposta di una
“riforma della riforma” potrebbe essere vista come un momento all’interno di esso:
nessuno dei suoi sostenitori — né il Card. Ratzinger né il Card. Sarah — hanno
mai pensato di mettere in discussione la riforma liturgica; parlando di riforma
della riforma, si sono voluti appunto inserire in questo processo riformatore,
che nessuno vuol fermare, ma solo continuare e approfondire nella giusta
direzione (che è quella indicata dal Vaticano II). Si potrebbe addirittura
pensare che Benedetto XVI, nel pubblicare il motu proprio Summorum
Pontificum, abbia voluto, a sua volta, avviare un processo: quando parla di
un reciproco arricchimento delle due forme del rito romano, sta accennando a qualcosa di indeterminato che deve ancora avvenire e che potrebbe sfociare —
perché no? — in quella “riconciliazione liturgica” di cui ora parla il Card.
Sarah.
Quindi parliamo pure di “processo” a proposito della riforma liturgica, a
patto però che eliminiamo certe espressioni apparentemente ovvie, ma in realtà
prive di senso, come, appunto, che si tratta di un processo irreversibile
o che si deve andare sempre avanti e non si può tornare indietro.
Il nostro buon Vico ci insegna che, nella storia, si dànno corsi e ricorsi; la storia intesa come progresso infinito (verso dove?) è pura
ideologia, che non trova riscontro nella realtà. In secondo luogo,
dobbiamo liberare la categoria di processo da qualsiasi forma di determinismo, come
se fosse già programmato quel che dovrà accadere; si tratterebbe solo di
attendere. Molti, parlando di processi storici, pensano di sapere già come si
evolveranno le cose, semplicemente perché i loro schemi ideologici già
prevedono l’esito finale del processo. Per questo non sono infondate le preoccupazioni
per una ulteriore evoluzione della riforma liturgica verso quelli che sono alcuni
dei punti del programma riformatore che sembra essere all’origine dell’attuale
pontificato: diaconato (e sacerdozio?) femminile; primato della parola di Dio
sull’Eucaristia; concelebrazione ecumenica con i protestanti; ecc.
Ma, cosí facendo, verrebbero smentite le affermazioni, piú volte ripetute,
circa le “sorprese di Dio”. Una volta avviato un processo, non sappiamo dove
esso condurrà. Dobbiamo appunto rimanere sempre aperti alle “sorprese di Dio”.
E se Dio volesse, in questo processo di riforma liturgica permanente,
recuperare alcuni aspetti dell’antica liturgia della Chiesa, chi siamo noi «per
porre impedimento a Dio?» (At 11:17).
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