La Chiesa Romana celebra oggi
la memoria liturgica di San Gelasio I, Papa (secolo V). Originario dell’Africa,
fu eletto al supremo pontificato nel 492. È ricordato principalmente per la
ferma opposizione allo scisma acaciano e per la strenua difesa del primato
della sede romana contro le pretese, civili ed ecclesiastiche, di
Costantinopoli. Morí il 21 novembre del 496 e fu seppellito nella basilica
vaticana. La sua celebrazione liturgica viene anticipata a oggi per la coincidenza con
la memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria. Riportiamo, per la
sua attualità, un brano tratto da una lunga lettera da lui scritta ai Vescovi
della Dardania (regione corrispondente all’attuale Macedonia e Serbia
meridionale), con la quale dimostra che Acacio, Patriarca di Costantinopoli dal
471 al 489, era stato giustamente condannato con sentenza definitiva della Sede
Apostolica.
Q
Occorre che voi, cominciando fin dagli Apostoli, ricordiate che i nostri
padri nel Cattolicesimo, gli illuminati e dotti pontefici, man mano che
sorgevano eresie raccoglievano sinodi; in quella sede stabilivano la vera
dottrina e precisavano l’ambito della
comunione cattolica e apostolica in conformità con la Scrittura e con la
predicazione degli antenati. Ma volevano che la cosa finisse lì, che la si
ritenesse definitiva per sempre. Né ammettevano che quanto si era deciso
venisse ancora posto in discussione al sorgere di una novità qualsiasi;
saggiamente prevedevano che, qualora lo si fosse permesso, nessun decreto della
Chiesa contro qualsivoglia errore sarebbe restato saldo, e che, rispuntando piú volte gli stessi errori, si sarebbe stati sempre
da capo.
Infatti, se vediamo che, nonostante questo carattere definitivo delle
decisioni sinodali, le deviazioni già colpite riprendono lena, si levano di
nuovo contro la verità e turbano le anime semplici, cosa accadrebbe se i
perfidi potessero di tanto in tanto far indire un concilio? Per quanto chiara
fosse la verità, mai verrebbe meno la triste fecondità dell’errore, che, pur scadendo
sempre piú di prestigio, per puntiglio mai
cederebbe.
I nostri ispirati predecessori, ben vedendo tutto ciò, e proprio per non
offrire ai maligni opportunità di indebolire o annullare salutari
provvedimenti, vigilarono che non si permettesse di togliere alcunché a quanto
contro qualsiasi eresia fosse stato deciso da un sinodo riguardo alla vera
dottrina e all’ambito della comunione cattolica
e apostolica; ma ritennero che, una volta condannati e l’autore di qualsiasi vaneggiamento e il suo errore,
fosse sufficiente quella prima sentenza perché chi si fosse fatto maestro di
errore risultasse ben identificato quanto a dottrina e a comunione.
(Lettera ai Vescovi della Dardania: Patrologia Latina, 59, 61-62 [e 77-78];
Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, 35, 370-371. Traduzione
italiana: Liturgia delle ore, Proprio della Diocesi di Roma, Città del
Vaticano, 1976, pp. 52-53)