Un lettore, dopo aver letto il post del 31 ottobre,
mi ha fatto la seguente richiesta: «Potrebbe raccontarci di cosa c’era scritto nel Catechismo olandese che — mi pare di capire — provocò il “rigetto” e quindi il ritorno a un catechismo universale?».
Beh, non credo che sia stato solo il Catechismo olandese a provocare il
rigetto dei catechismi nazionali col conseguente ritorno a un catechismo
universale. Bisogna tener presente che il Catechismo olandese fu
pubblicato nel 1966, mentre la richiesta per la stesura di un catechismo
universale fu presentata al Papa durante il Sinodo del 1985. Nel corso dei
vent’anni che separano le due date furono pubblicati catechismi pressoché in tutti i paesi, fra cui l’Italia.
Mi sia permessa, a questo punto, una digressione personale. Io ho vissuto
quel ventennio come catechista, prima da laico (cominciai a insegnare
catechismo nella mia parrocchia nel 1971, quando avevo 16 anni) poi, a partire
dal 1974, come religioso/seminarista e infine, dal 1981 in poi, come sacerdote.
Se si pensa che il “documento di base” Il rinnovamento della catechesi è
del 1970 e i catechismi per le varie fasce d’età (bambini, fanciulli, ragazzi,
giovani, adulti), in ben otto volumi, furono pubblicati — “per la consultazione
e la sperimentazione” — fra il 1973 e il 1982, si capisce come io abbia vissuto
in prima persona quella stagione. E la vissi senza alcuna prevenzione, in una
totale apertura verso questi nuovi strumenti di catechesi. Il mio entusiasmo
però si affievoliva man mano che sperimentavo quegli strumenti e verificavo che
la nuova catechesi non produceva gli effetti sperati. Ricordo ancora la
delusione provata quando scoprii che non so quale dei tre volumi del catechismo
dei fanciulli si apriva parlando di “progetto”: ma che potevano capire quei poveri ragazzini di una questione che a quel tempo io stavo affrontando nei miei studi
filosofici? Nel 1980 feci un corso di pastorale sulla catechesi col compianto
Padre Raimondo Spiazzi: era stata appena pubblicata l’esortazione apostolica Catechesi
tradendae; il nostro Professore, pur aperto alle novità, oltre a poter
contare su una vasta esperienza, era un uomo di grande buon senso e con i piedi
per terra, per cui ci diede delle direttive che mi furono assai utili per
reimpostare il mio modo di fare catechesi. Sta di fatto che negli anni
successivi, divenuto ormai sacerdote, misi da parte i catechismi della CEI per
tornare a un metodo piú tradizionale che si ispirava al Catechismo di San Pio
X, senza però farne un uso diretto. Non che in questo modo le cose divennero
piú facili, ma per lo meno non ci si perdeva in discorsi fumosi, per
concentrarsi sull’essenziale.
Evidentemente quella che fu la mia esperienza era stata anche l’esperienza
di tanti altri, se nel Sinodo straordinario del 1985, convocato in occasione
del XX anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, i Vescovi
chiesero al Papa di fare un catechismo destinato a tutta la Chiesa, che
servisse anche da riferimento per i catechismi nazionali. Mi sembra pertanto un
po’ azzardato affermare che l’esigenza di un catechismo universale sia
scaturita dalla vicenda del Catechismo olandese. Essa è piuttosto la
conseguenza di un’esperienza piú generale, di carattere pastorale, fatta dai
Vescovi nelle diverse parti del mondo.
Il problema del Catechismo olandese fu invece, prima che pastorale, un
problema dottrinale. Ma prima sarà bene fare qualche cenno di carattere storico.
Si cominciò a lavorare al Catechismo nel 1956 (e questo la dice lunga sul fatto
che all’origine di tutti i problemi della Chiesa ci sarebbe il Vaticano II;
soprattutto in alcuni paesi, certe tendenze erano presenti ben prima che il
Concilio venisse convocato): i Vescovi olandesi affidarono in quell’anno
all’Istituto catechetico superiore di Nimega il compito di rivedere il
Catechismo allora in uso nelle loro diocesi. A questo proposito, può essere
utile aprire una breve parentesi. Già prima del Concilio esistevano catechismi
locali; non si deve pensare che in tutta la Chiesa si facesse uso del
Catechismo di San Pio X, che si era imposto solo in Italia. Tanto per fare un
esempio, negli Stati Uniti fin dal 1885 si usava il Baltimore Catechism. Tornando al Catechismo olandese, esso
fu pubblicato poco dopo la conclusione del Concilio, il 9 ottobre 1966, col
titolo De Nieuwe Katechismus (“Il nuovo Catechismo”). Fin da subito esso
suscitò forti perplessità, dentro e fuori i Paesi Bassi, tanto è vero che il
Papa volle che tre teologi scelti dai Vescovi olandesi si incontrassero con tre
teologi designati da Roma. L’incontro si svolse a Gazzada dall’8 al 10 aprile
1967. Questo incontro non ebbe alcun risultato, dal momento che le due parti
rimasero ciascuna sulle proprie posizioni; ma è importante per l’ordine del
giorno, in cui venivano elencati i quattordici punti controversi: 1. la
concezione verginale di Gesú; 2. il peccato originale; 3. la riparazione
offerta da Gesú al Padre celeste; 4. l’offerta sacrificale e propiziatoria
della croce; 5. il sacrificio eucaristico; 6. la presenza di Gesú
nell’Eucaristia; 7. la transustanziazione; 8. l’esistenza degli angeli; 9. la
creazione immediata dell’anima umana; 10. la vita futura; 11. alcune questioni
morali; 12. regolazione delle nascite; 13. il primato del Pontefice; 14. il
miracolo.
Una volta conosciuto l’esito del colloquio di Gazzada, Paolo VI decise di
affidare a una Commissione cardinalizia il compito di esaminare ed emendare il
Catechismo. Il 15 ottobre 1968 la Commissione (formata dai Cardinali Josef Frings,
Joseph-Charles Lefèbvre, Lorenz Jaeger, Ermenegildo Florit, Michael Brown, Charles
Journet) emanò una dichiarazione contenente i punti da correggere nel
Catechismo:
1. Punti riguardanti Dio Creatore
2. Circa la caduta di tutti gli uomini in Adamo
3. Circa la concezione di Gesú da Maria in modo verginale
4. Circa la “sodisfazione” operata da Nostro Signore Gesú Cristo
5. Circa il sacrificio della Croce e il sacrificio della Messa
6. Circa la reale presenza e la conversione eucaristica
7. Circa l’infallibilità della Chiesa e la conoscibilità dei misteri
rivelati
8. Circa il sacerdozio ministeriale o gerarchico e circa la potestà di
insegnare e di governare nella Chiesa
9. Circa alcuni argomenti di teologia dommatica
10. Circa alcuni argomenti di teologia morale
Il testo di tale dichiarazione si può trovare sul quaderno n. 2843 (7 dicembre 1968) della Civiltà Cattolica, alle pp. 494-499 (qui). Nello stesso fascicolo e in quello seguente (n. 2844 del 21 dicembre 1968) di può leggere un interessantissimo articolo del Padre Giuseppe De Rosa dal titolo La dichiarazione della Commissione cardinalizia sul “Nuovo Catechismo” olandese: la prima parte (“I precedenti storici”) si trova alle pp. 421-435; la seconda parte (“I punti da modificare”), alle pp. 550-569. Sono 35 pagine che val la pena leggere per intero per farsi un’idea della questione.
Ma la storia non finisce qui, dal momento che le correzioni romane non
furono accolte dalla maggioranza dell’establishment cattolico olandese,
con a capo l’Arcivescovo di Utrecht e Primate d’Olanda, il Card. Bernard
Jan Alfrink. Nel gennaio del 1969 il
Consiglio pastorale olandese, riunito a Noordwijkerhout, emise una “dichiarazione di indipendenza”, con
la quale si schierò a favore del Nuovo Catechismo senza le correzioni
romane (oltre a rifiutare l’enciclica Humanae vitae da poco pubblicata).
Su questo si legga l’articolo di Massimo Introvigne, L’altro 1968. La
nascita del dissenso organizzato nella Chiesa Cattolica sul sito del CESNUR. Forse è il caso di fare qualche
riflessione su questa vicenda:
1. Il Catechismo olandese non è tutto da buttare. Può essere utile
riportare la conclusione della dichiarazione della Commissione cardinalizia:
Le presenti osservazioni, anche se non poche e non di lieve importanza, lasciano intatta la maggior parte del «Nuovo Catechismo», con il lodevole suo carattere pastorale, liturgico e biblico. Esse non si oppongono all’intento degno di elogio degli autori del «Catechismo» di proporre l’eterno vangelo di Cristo in forma aderente al modo di pensare degli uomini del nostro tempo. Le grandi doti per cui l’opera si caratterizza, richiedono che essa rifletta sempre la dottrina della Chiesa senza oscuramento di alcuna ombra (loc. cit., p. 499).
2. Ho l’impressione che il Catechismo olandese anticipò, nel bene e nel
male, il modo di esporre la dottrina cattolica negli anni successivi nel resto
della Chiesa. La teologia continua ancora ai nostri giorni, nelle stesse
università pontificie, a usare un linguaggio molto simile a quello del
Catechismo olandese. Per fortuna, soprattutto dopo la pubblicazione del
Catechismo della Chiesa Cattolica, la predicazione e la catechesi hanno cercato,
in genere, di conformarsi all’insegnamento ufficiale della Chiesa.
3. Le lacune del Catechismo olandese erano notevoli, ma non era impossibile
colmarle. È ciò che fece la Commissione cardinalizia costituita da Paolo VI. Il
problema è che si volle rifiutare la correzione proveniente da Roma, pensando
che la posizione romana rappresentasse un passato destinato presto a finire, mentre
quella olandese fosse l’inizio di un radioso futuro per la Chiesa. La storia
dimostra che è stato esattamente il contrario. Non è un caso che il cinquantesimo
del Catechismo, ricorso lo scorso anno, non è stato celebrato da nessuno, non
solo perché i protagonisti di quella vicenda erano nel frattempo scomparsi
(cosa abbastanza comprensibile), ma anche perché non avevano lasciato nessun
erede: nei Paesi Bassi, la Chiesa cattolica in questi cinquant’anni è andata
progressivamente assottigliandosi fino quasi a scomparire, per essere
sostituita dall’Islam.
4. I risultati del “rinnovamento” della Chiesa olandese, di cui Il nuovo
Catechismo è in qualche modo l’emblema, dovrebbero farci riflettere. L’agenda
di quel rinnovamento, che risale a cinquanta anni fa, è la stessa che si sta
oggi cercando di attuare a livello di Chiesa universale. Sinceramente, si fa
fatica a comprendere il senso di tanta pervicacia. Se nei Paesi Bassi quel
programma ha dato certi risultati, perché lo stesso programma, riproposto dopo
cinquant’anni, dovrebbe dare oggi risultati diversi? Errare humanum est, sed
diabolicum in errore perseverare.
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