Su Italia Oggi è apparso un articolo di Alessandra Nucci sulle vicende che stanno sconvolgendo la Chiesa cattolica in questi giorni. La peculiarità di questo articolo è quella di prendere spunto dal memoriale Viganò per richiamare alla memoria il dossier che era stato preparato per Benedetto XVI dalla commissione di Cardinali (Herranz, Tomko e De Giorgi) e dal Papa emerito era stato poi passato al suo successore. L’articolo verte piú sul pontificato di Papa Ratzinger che non sull’attuale pontificato, e ne rievoca le vicende piú dolorose: l’impossibilità di pronunciare la prolusione dell’anno accademico all’Università “La Sapienza”; le reazioni al discorso di Ratisbona; il caso Williamson; la profanazione delle tombe dei Cardinali belgi; la disattivazione dei bancomat della Città del Vaticano; le vicende che videro coinvolto lo IOR; lo scandalo Vatileaks. A questi fatti vanno aggiunti un paio di episodi avvenuti dopo la rinuncia di Benedetto al pontificato: l’invito a lui rivolto dal Prof. Grillo di «allontanarsi dal Vaticano e tacere per sempre», in seguito alla pubblicazione di un libro del Card. Sarah con prefazione del Papa emerito, e il tentativo di strumentalizzazione operato da Mons. Dario Viganò.
A ripercorrere tutte queste vicende oggi, dopo quel che è accaduto nei giorni scorsi, ci si accorge che il problema non è solo quello posto dall’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, se cioè Papa Francesco sapesse dei trascorsi del Card. McCarrick e se è vero che Papa Ratzinger avesse già sanzionato il Porporato statunitense. Il problema è molto più vasto e non riguarda solo l’attuale pontificato, ma coinvolge anche quello precedente. Il vaso di Pandora è stato ormai scoperchiato e a nulla serve cercare di richiuderlo, adottando strategie inevitabilmente destinate al fallimento.
Premetto che io non sono mai stato un fanatico della trasparenza a tutti i costi; appartengo alla vecchia scuola, quella che sosteneva che i panni sporchi dovessero essere lavati in casa. Ma, arrivati a questo punto, credo che sia assolutamente necessario fare chiarezza. Non credo che in questo momento servano a nulla il silenzio, i tentativi di minimizzare ciò che è accaduto, le manovre per dirottare l’attenzione del pubblico su altre tematiche (economia, ambiente o migranti che siano), gli sforzi di delegittimare l’avversario, ecc. Questo è il momento di prendere il toro per le corna e affrontare coraggiosamente i problemi. Papa Francesco aveva scritto in Evangelii gaudium:
Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse, se ne lavano le mani per poter continuare con la loro vita. Altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri, perdono l’orizzonte, proiettano sulle istituzioni le proprie confusioni e insoddisfazioni e cosí l’unità diventa impossibile. Vi è però un terzo modo, il piú adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo (n. 227).
Ebbene, è proprio quello che si deve fare in questo momento. Non si tratta di difendere il Papa dai suoi nemici. Forse lui è la prima vittima di questa situazione, e perciò va aiutato a superarla. Si tratta di fare chiarezza non solo sul caso McCarrick, ma, tornando indietro negli anni,
- su Vatileaks
- sull’indagine dei Cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi;
- sulle dimissioni di Benedetto XVI;
- sulla lobby gay;
- sulla “mafia” di San Gallo.
Sono vicende che, a tutt’oggi, attendono un chiarimento. Non è piú il tempo di nascondere la sporcizia sotto il tappeto, di stendere su queste vicende il velo del segreto pontificio, sperando che ci si dimentichi di esse e cosí andare avanti. Quando pecchiamo, se vogliamo essere perdonati, dobbiamo umilmente riconoscere il nostro peccato. Lo stesso vale per la Chiesa nel suo complesso: se essa vuole liberarsi di questa situazione, occorre che scopra le carte. Concretamente, che fare?
Ci sono stati nei giorni scorsi dei Vescovi che hanno proposto di sospendere il Sinodo sui giovani e di fare piuttosto un Sinodo sul problema degli abusi. Una proposta da non liquidare sbrigativamente: i Vescovi appaiono in questo momento delegittimati, per trattare il tema dei giovani; molto meglio occuparsi del problema all'ordine del giorno. Personalmente, però, ritengo che il problema sia piú vasto e piú grave, per cui non è sufficiente un Sinodo per affrontarlo. Forse è il caso di convocare un Concilio ecumenico, perché è giusto che tutti i Vescovi vengano coinvolti nell’affrontare i problemi che affliggono in questo momento la Chiesa. Un Concilio che non sia né dottrinale né pastorale, ma esclusivamente disciplinare e che prenda in esame tutti gli aspetti dell’attuale crisi della Chiesa e si proponga di restaurare quella che Giovanni Paolo I chiamò, nel discorso per il suo insediamento, la “grande disciplina della Chiesa”. A mali estremi, estremi rimedi. Non è piú il tempo dei sotterfugi. È giunto il momento di guardare in faccia la realtà, senza paura di denunciare il male dove è annidato, e con umiltà e coraggio, confidando nella grazia di Dio, adottare le misure necessarie per il risanamento del corpo ecclesiale. È giunto il momento di procedere a una vera riforma — non ideologica, ma morale — della Chiesa.
Q