Sandro Magister ha pubblicato sul sito www.chiesa un Breve dialogo sul Concilio, tra un maestro e un allievo del magistrato Francesco Arzillo. Mi ci ritrovo pienamente. Chi segue questo blog dal suo inizio sa che esso è stato avviato con una riflessione sul Vaticano II. Leggendo quel dialogo mi sono in qualche modo identificato con l'allievo, che accetta il Concilio, ma ne rifiuta l'assolutizzazione, la mitizzazione, l'ideologizzazione. Ciò che è avvenuto nel post-concilio.
Il dialogo mette in luce un altro elemento, psicologico piú che teologico, finora forse non troppo evidenziato. Il maestro è un sessantenne, uno che ha vissuto il Concilio da giovane, mentre era in seminario. L'allievo è piú giovane (non ne conosciamo l'età); il Concilio non lo ha vissuto, ma è per lui un fatto storico avvenuto prima di lui; lo dà per scontato, ma si permette anche di metterne in luce i limiti (cosa che suona eresia agli orecchi del maestro).
Credo che tale elemento generazionale giochi un ruolo non secondario nella diatriba sul Vaticano II. Personalmente, mi situo a metà strada tra il maestro e l'allievo: sono un cinquantenne; il Concilio l'ho vissuto quando ero ancora bambino, per cui non ho fatto in tempo ad appassionarmici come avrebbe potuto fare un seminarista dell'epoca. Però è evidente che ne ho respirato l'aria; per cui esso fa parte di me; ma mi rifiuto di considerarlo una "svolta epocale". Capisco però quelli che hanno qualche anno piú di me (piú che i sessantenni, i settantenni), per i quali il Concilio è stato l'evento a lungo atteso, il compimento dei loro sogni, che ora vedono messo in discussione: Come? abbiamo fatto tanto per cambiare la Chiesa e ora arrivano questi sbarbatelli, che non sanno nulla di come era la Chiesa prima del Concilio, e pretendono di riportare la Chiesa indietro nella storia! Li capisco, è umano.
Quel che non capisco è come mai non si rendano conto, contrariamente a tutte le teorie da loro sempre professate, che il mondo si evolve e la Chiesa con esso. Loro si sono fossilizzati agli anni Sessanta, e non si accorgono che sta terminando la prima decade del XXI secolo. Almeno ci sono alcuni che si adeguano al cambiamento. Solo per citare un esempio, il piú illustre: il giovane Joseph Ratzinger, considerato uno dei piú avanzati artefici del Concilio, che oggi passa per uno dei piú reazionari papi della storia. Probabilmente non era allora cosí progressista e non è ora cosí conservatore; ma è certo che c'è stata un'evoluzione nel suo pensiero. L'evoluzione (non parlo dell'evoluzione in senso darwiniano) fa parte della natura: è solo evolvendosi che si può rimenere fedeli a sé stessi.
Il dialogo mette in luce un altro elemento, psicologico piú che teologico, finora forse non troppo evidenziato. Il maestro è un sessantenne, uno che ha vissuto il Concilio da giovane, mentre era in seminario. L'allievo è piú giovane (non ne conosciamo l'età); il Concilio non lo ha vissuto, ma è per lui un fatto storico avvenuto prima di lui; lo dà per scontato, ma si permette anche di metterne in luce i limiti (cosa che suona eresia agli orecchi del maestro).
Credo che tale elemento generazionale giochi un ruolo non secondario nella diatriba sul Vaticano II. Personalmente, mi situo a metà strada tra il maestro e l'allievo: sono un cinquantenne; il Concilio l'ho vissuto quando ero ancora bambino, per cui non ho fatto in tempo ad appassionarmici come avrebbe potuto fare un seminarista dell'epoca. Però è evidente che ne ho respirato l'aria; per cui esso fa parte di me; ma mi rifiuto di considerarlo una "svolta epocale". Capisco però quelli che hanno qualche anno piú di me (piú che i sessantenni, i settantenni), per i quali il Concilio è stato l'evento a lungo atteso, il compimento dei loro sogni, che ora vedono messo in discussione: Come? abbiamo fatto tanto per cambiare la Chiesa e ora arrivano questi sbarbatelli, che non sanno nulla di come era la Chiesa prima del Concilio, e pretendono di riportare la Chiesa indietro nella storia! Li capisco, è umano.
Quel che non capisco è come mai non si rendano conto, contrariamente a tutte le teorie da loro sempre professate, che il mondo si evolve e la Chiesa con esso. Loro si sono fossilizzati agli anni Sessanta, e non si accorgono che sta terminando la prima decade del XXI secolo. Almeno ci sono alcuni che si adeguano al cambiamento. Solo per citare un esempio, il piú illustre: il giovane Joseph Ratzinger, considerato uno dei piú avanzati artefici del Concilio, che oggi passa per uno dei piú reazionari papi della storia. Probabilmente non era allora cosí progressista e non è ora cosí conservatore; ma è certo che c'è stata un'evoluzione nel suo pensiero. L'evoluzione (non parlo dell'evoluzione in senso darwiniano) fa parte della natura: è solo evolvendosi che si può rimenere fedeli a sé stessi.