mercoledì 28 aprile 2010

Occhio!

Si direbbe che, dopo la tempesta scatenatasi sulla Chiesa negli ultimi mesi, la lancetta del barometro incominci a puntare di nuovo sul bello. Non che tutto sia finito, ma sembrerebbe che il peggio sia passato. Anche se il New York Times continua a lanciare i suoi strali, ormai nessuno piú gli dà retta: appare evidente a chiunque che si è trattato esclusivamente di una campagna strumentale per attaccare la Chiesa e, in particolare, il Papa. Con questa campagna la “Vecchia Signora Grigia” (the Old Gray Lady) ha perso completamente la faccia e sarà piuttosto difficile recuperare un po’ di credibilità. Al contrario, la figura di Benedetto XVI esce da questa vicenda non solo incontaminata (tutte le accuse a lui rivolte si sono rivelate infondate), ma direi addirittura rafforzata. Certamente la sua popolarità (se essa può essere considerata un valore nella Chiesa) non ne ha in alcun modo risentito; semmai, a stare alle ultime esposizioni pubbliche (in particolare la visita a Malta), essa è aumentata.

Tutto bene, dunque? Beh, personalmente non mi sento cosí tranquillo, perché la popolarità non è l’unico criterio per giudicare lo stato di salute della Chiesa. È vero che, se crediamo nell’indefettibilità della Chiesa, non dovremmo preoccuparci piú di tanto. L’esperienza stessa ci insegna che la Chiesa ha passato bufere ben peggiori nel corso dei secoli, e sempre ne è uscita egregiamente; anzi spesso quelle bufere sono state l’occasione per una purificazione e un innalzamento morale. Questo è vero; ma, umanamente parlando, ciò non toglie che si possa essere preoccupati per le conseguenze che certi fenomeni possono avere nella sua vita. Non possiamo illuderci che questa buriana passi senza lasciare il segno. Direte: se tutto questo porterà a una maggiore pulizia, a una maggiore coerenza del clero e dei fedeli, non c’è che da rallegrarsi. Io, che comincio a non essere piú cosí giovane e che, per motivi professionali, devo continuamente studiare la storia, non sarei tanto ottimista.

Secondo me, questo uragano i suoi danni li ha già fatti e, se non stiamo attenti, potrebbe farne di peggiori. Si dirà: che cosa è peggio? che il male esista o che venga a galla? Non si può negare che, fra i preti, esistesse la pedofilia; dunque dobbiamo rallegrarci se la pubblica denuncia di questa piaga può servire a porvi rimedio. Va serenamente riconosciuto che forse in qualche caso il fenomeno è stato sottovalutato; ma non possiamo illuderci di fare pulizia attraverso la gogna mediatica (perché di questo si tratta): i metodi della Chiesa sono altri. Cercherò dunque di elencare alcuni dei “danni” che, a mio parere, questa vicenda sta provocando nella Chiesa.

In questi giorni si parla solo di abusi. Non so se vi siete accorti come il “potere” riesca sempre a dettare l’agenda della Chiesa: c’è stato il periodo in cui si parlava solo di pillola; poi è arrivato il tempo del preservativo; ora è il momento degli abusi. E le energie della Chiesa sono tutte concentrate nel difendersi, nello spiegare, nel rilasciare chiarificazioni su ciascuno di questi argomenti, distogliendo l’attenzione da quella che dovrebbe essere la principale preoccupazione della Chiesa: l’annuncio di Gesú Cristo e del suo vangelo. Guarda caso, si tratta sempre di questioni morali, cosí che la Chiesa, se non sta attenta, rischia di cadere in un modo o nell’altro nel moralismo, che è l’antitesi del cristianesimo. Per fare solo un esempio pratico, limitato ma significativo: avete notato come l’incontro con le vittime degli abusi a Malta (in sé stesso ottimo), a un certo punto, abbia finito per concentrare tutta l’attenzione dei media, trascurando cosí tutti gli altri aspetti (anche l’entusiasmo popolare, perché no?) di quella visita?

Dobbiamo poi stare attenti alle conseguenze impreviste e non volute di certe prese di posizione. Mi spiego con un esempio: quando Giovanni Paolo II indisse gli incontri interreligiosi di Assisi, lo fece con le migliori intenzioni; ma che cosa rimase di quei raduni nell’immaginario collettivo? Che tutte le religioni si equivalgono. Cosí ora sono state rese pubbliche le nuove guidelines per come gestire i casi di abusi. Non ho alcun rilievo da fare in proposito; anzi, le trovo molto ben fatte. Ma — diciamoci la verità — che cosa è passato al grande pubblico? Che, d’ora in poi, i Vescovi sono obbligati a denunciare i preti pedofili. Hai voglia a precisare che nelle guidelines c’è scritto qualcosa di diverso («Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte»); tutti continueranno a essere convinti che i Vescovi devono denunciare i loro preti alla magistratura.

Un altro danno, che potrebbe rivelarsi devastante, sono le divisioni all’interno della Chiesa. In non pochi fedeli si potrebbe far strada l’idea che, sí, il Papa è un galantuomo, ma i preti sono tutti pedofili e i Vescovi, se non sono pedofili, sono dei complici, il cui unico intento è quello di coprire, occultare e insabbiare. Se si dovesse arrivare a questa conclusione, sarebbe la fine della Chiesa. Stiamo attenti a non incoraggiare le contrapposizioni fra Papa e Vescovi, fra Papa e Curia, fra Chiesa di ieri e Chiesa di oggi: tali contrapposizioni non giovano in alcun modo alla Chiesa. Dobbiamo sapere che se cadiamo in questo tranello, diamo ragione ai nemici della Chiesa, che non vogliono altro che la sua divisione. Stiamo attenti a non fare del Papa il leader di un partito e ad auspicare che nelle diocesi e nei dicasteri romani siano nominati solo “ratzingheriani” d.o.c. Ma ci rendiamo conto che, cosí facendo, si snatura la Chiesa?

Un rischio ancora piú subdolo è quello di adeguarsi, senza accorgersi, alla mentalità di questo mondo. Nell’ansia di difendersi, si fanno propri i valori mondani, rischiando di dimenticare quelli evangelici. Faccio solo un esempio (che naturalmente meriterebbe ben altro approfondimento), tanto per far capire il problema. Si ripete continuamente — e nessuno si sognerebbe di metterlo in discussione — che nella Chiesa deve esserci piú “trasparenza” e che è ora di eliminare per sempre le “coperture” che hanno contraddistinto finora il suo operato. Ora, non mi risulta che la “trasparenza” (la glasnost di gorbacioviana memoria) sia un valore evangelico (semmai nel vangelo si parla di verità, non di trasparenza); mentre in piú passi della Scrittura di dice che «la carità copre una moltitudine di peccati».

Ma il rischio peggiore — per altro rilevato da Antonio Socci — è quello di voler “addomesticare” il papato; quello di voler arruolare Benedetto XVI nelle file dell’Occidente, come vorrebbe Ernesto Galli della Loggia. Chi conosce un po’ la storia, sa come questo sia stato il tentativo del potere di ogni tempo: fare del Papa il “cappellano” dell’imperatore di turno. Questo lo si potrà fare con le chiese ortodosse o con quelle protestanti, ma non si può pensare di farlo con la Chiesa cattolica, che per definizione è universale. È ovvio che quando c’è qualcuno che aspira al dominio universale, inevitabilmente finisce per imbattersi nella Chiesa cattolica, che potrebbe in qualche modo ostacolargli il passo. È già successo e continuerà a succedere. L’importante è esserne consapevoli.