Il Signor Benedetto Serra mi chiede un parere sull’articolo di Giuseppe de Rita pubblicato ieri sul Corriere della sera:
«Oggi sul Corriere c’è un commento di Giuseppe De Rita, intitolato “Perché deve riprendere il dialogo tra la Chiesa, la società e la politica”. Il sottotitolo è “Cultura cattolica, il rischio del declino”. L’attacco del pezzo è il seguente:
“Nulla disturba la psiche di noi mortali quanto la sensazione di essere irrilevanti. E si può presumere che il disturbo sia ancora piú spiacevole per le istituzioni collettive e per chi le abita e le governa. Mi incuriosisce in questa fase, e in parte mi coinvolge, la realtà attuale della Chiesa cattolica che, malgrado la sua persistenza millenaria, è da piú parti indicata come grande icona dell’irrilevanza rispetto alla convulsa attualità delle dinamiche culturali e dei dibattiti politici.”
Secondo me, il tono dell’articolo è un po’ ambiguo. È vero che la società attuale e la sua cultura emargina la Chiesa (le Chiese), ma la frustrazione di De Rita sulla “irrilevanza” della Chiesa mi lascia un po’ perplesso.
Nostro Signore non è stato “un Ebreo marginale”? E che rilevanza ha avuto mai Gesú Cristo per l’Impero Romano? E, mi chiedo ancora, se la Chiesa proclama “valori non negoziabili”, come potrebbe cercare un dialogo su questo con la società moderna? Certo, c’è il rischio di essere (o di sembrare) “autoreferenziali”, ma Nostro Signore non è “autoreferenziale” per eccellenza? Se la Chiesa non conta niente per i giornaloni laici e per le società secolarizzate del Nord Europa (e non solo), bisogna forse cercare a tutti i costi un dialogo che non trova né interesse né interlocutori?
Del resto, dei quattro “campi” di dialogo che De Rita indica, tutti e quattro vengono definiti dallo stesso De Rita “delicati” e, soprattutto, “ambigui”. Il rapporto fra dimensione ecclesiale e potere sociopolitico, il rapporto con la modernità e la post-modernità, il nuovo “statuto” antropologico dell’uomo e, infine, il “ruolo” della Chiesa nel mondo.
Mi chiedo, ma ha davvero tutta questa importanza il dialogo con il “mondo” in questo quattro campi? È vero che la Chiesa non conta niente, ma agli inizi dell’800, ai tempi del Santo Curato d’Ars, era forse diverso? E che cosa contava la Chiesa per Stalin? E cosa contavano il fondatore del Suo Ordine, o Madre Teresa di Calcutta? E che rilevanza ha Benedetto XVI? (…)
Va bene il dialogo, è importantissimo, ma se il “mondo” non lo vuole, deve la Chiesa preoccuparsi piú di tanto di inseguire la cultura moderna? Conclude De Rita: “E siccome i pericoli maggiori li corre oggi la cultura cattolica, è forse opportuno che i primi passi del confronto vengano proprio da quella parte”. Lei che ne pensa?».
Bisogna dire che l’articolo di De Rita è interessante (anche se non è sempre facile seguire il filo del ragionamento). Sull’analisi della situazione della Chiesa non si può non concordare:
«Troppi documenti ad alta genericità, troppi appelli di puro volontarismo, troppi sconfinamenti su argomenti su cui non si ha molto da dire, troppe rivendicazioni valoriali e di principio, troppi eventi che non riescono a farsi notare fuori dei propri recinti».
Quello che non mi convince affatto è questa eccessiva preoccupazione della irrilevanza della Chiesa. Se poi andiamo a vedere bene, di che irrilevanza si tratta? Dell’irrilevanza della Chiesa nel mondo della comunicazione e in quello della politica o, se volete, presso quell’inafferrabile realtà che oggi siamo abituati a chiamare (senza sapere che cosa precisamente sia) “opinione pubblica”. Beh, se proprio devo essere sincero, la cosa non è che mi angusti piú di tanto.
Bisogna dare atto a De Rita di rappresentare fedelmente il battibecco attualmente in corso fra gli uomini di Chiesa e i media: «Le cose che diciamo non sono adeguatamente valorizzate» — «Non ci dicono niente di significativo». Anche a me dà noia quando al telegiornale, dopo aver dedicato decine di minuti a Berlusconi e Fini o al delitto di Avetrana, riservano solo un paio di minuti a qualche evento ecclesiale pure di una certa importanza. Anche a me dà noia quando la TV ignora 100.000 ragazzi dell’Azione cattolica in Piazza San Pietro, ma dà spazio a qualche decina di esponenti delle “vittime” degli abusi riuniti di fronte a Castel Sant’Angelo. Ma mi chiedo anche che bisogno ci sia che Padre Lombardi vada a “esprimere solidarietà”… Certe volte sembra quasi che ce l’andiamo a cercare (come quando la sera stessa del Concistoro, l’Osservatore Romano fa le anticipazioni sul libro-intervista del Papa: possiamo poi lamentarci che i media non hanno dato spazio al Concistoro?).
Dunque, irrita anche me l’atteggiamento dei media verso la Chiesa (e ammiro chi, come l’Arcivescovo di New York gliele canta chiare, senza complessi d’inferiorità). Ma non è che questo provochi in me alcun senso di frustrazione. Semmai, mi convinco sempre di piú che chi è maggiormente in crisi in questo momento non è, come crede De Rita, la “cultura cattolica”, quanto piuttosto proprio quella “modernità” con cui la Chiesa dovrebbe riallacciare il dialogo. Se c’è qualcuno che in questo momento sta agonizzando, questo è proprio la modernità.
Personalmente sono d’accordo che la Chiesa debba dialogare con la modernità, ma non certo per poter essere piú “rilevante” (leggi: per poter apparire di piú sui mass media); bensí per salvare qualcosa della modernità irrimediabilmente destinata a morire. Certamente in essa sono presenti valori degni di essere preservati. Esattamente ciò che la Chiesa fece al crollo dell’antichità classica: furono i cristiani a salvare ciò che di meglio quella civiltà aveva saputo esprimere (filosofia, letteratura, arte, diritto, ecc.).
Per il resto, sono perfettamente d’accordo col Signor Serra. A parte forse l’epoca di Innocenzo III, la Chiesa è stata sempre irrilevante. Eppure, c’è ancora. Dove sono finite tutte quelle civiltà, culture, ideologie, regimi politici, che di volta in volta si presentavano come il nuovo che avrebbe presto rimpiazzato l’antico? Dov’è oggi l’impero romano, dove sono i vari regimi rivoluzionari, dove sono Napoleone, Hitler e Stalin? Siamo proprio convinti che i potenti di oggi siano migliori di quanti li hanno preceduti?
Si dirà: ma il problema è che oggi è la Chiesa stessa a essere in crisi. Ingenui… La Chiesa in passato non era forse in crisi? era forse tutta d’un pezzo? Basta studiare un po’ di storia per accorgersi che la Chiesa in passato ha attraversato crisi, non solo esterne, ma anche interne, molto peggiori di quella attuale. Il problema è che non si tiene conto della natura vera della Chiesa: essa non è una istituzione semplicemente umana, ma divina. Umanamente parlando, essa farà pure acqua da tutte le parti; ma non è questo che ne determina il destino. Ciò che la rende imperitura è la presenza in essa di Cristo risorto, il quale «sacrificato sulla croce piú non muore, e con i segni della passione vive immortale» (prefazio pasquale III).