Solitamente siamo portati a interpretare il vangelo odierno come una sorta di "profezia": Gesú dà ai discepoli alcune precise indicazioni su dove celebrare la Pasqua, ed essi "trovarono come aveva detto loro". Forse, senza scomodare la pur indiscutibile preveggenza di Gesú, si può dare una spiegazione molto piú semplice: Gesú aveva accuratamente preparato quella cena, perché la considerava un momento importante. Ne troviamo una conferma indiretta nel vangelo di Luca: "Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi" (Lc 22:15).
Perché Gesú attribuiva tanta importanza a questa cena? Una risposta immediata potrebbe essere: perché durante essa Gesú aveva intenzione di istituire l'Eucaristia e il sacerdozio e lasciare ai discepoli le sue ultime volontà, fra cui il comandamento nuovo dell'amore. Tutto vero; ma forse non è sufficiente rispondere in tal modo per capire realmente l'importanza dell'ultima cena. L'ultima cena non è soltanto un "preludio" della morte di Gesú sulla croce, cioè una sua anticipazione simbolica, ma è parte essenziale del mistero pasquale, senza la quale la morte sulla croce non avrebbe senso.
La morte di un uomo in quel modo è passibile delle piú svariate interpretazioni. La spiegazione piú ovvia è che si tratti della condanna a morte di un criminale. I due ladri che muoiono con Gesú vengono uccisi per questo motivo. Nel caso di Gesú, che subisce piú o meno lo stesso trattamento, le cose stanno in un modo un tantino diverso: egli non era un criminale; era un "giusto". Potrebbe dunque trattarsi di un errore giudiziario, o anche di un'ingiustizia perpetrata ai danni di un innocente. Vedete, lo stesso fatto può avere significati diversi. Ma nessuna di queste interpretazioni spiega il vero senso della morte di Gesú. Egli è certamente stato la vittima innocente di un'ingiustizia; ma, al di là di questo, si nasconde un "mistero", che mai potremmo immaginare. Tale mistero ci viene rivelato nell'ultima cena.
Durante la cena pasquale, celebrata la vigilia della sua passione, Gesú ci svela (non solo con le parole, ma coi gesti che compie) il vero senso della sua morte. Gesú non muore perché altri lo uccidono; Gesú muore perché dona sé stesso, dà la sua vita per noi. Questo "darsi" ha un nome: "sacrificio". Solitamente, siamo portati a pensare che l'essenza del sacrificio stia nell'uccisione di una vittima. Questo è un aspetto importante, ma secondario; ciò che fa il sacrificio non è l'immolazione, ma l'offerta della vittima. È esattamente ciò che Gesú fa durante l'ultima cena: offre sé stesso al Padre per la salvezza del mondo. L'Eucaristia che istituisce non è solo un'anticipazione simbolica del sacrifico che verrà consumato il giorno dopo; è già, essa stessa, sacrificio, perché Gesú sta già offrendo la sua vita per noi, dando cosí un senso imprevedibile a quanto avverrà l'indomani.
Quella stessa Eucaristia continuiamo a celebrare ogni giorno con i medesimi effetti del giorno della sua istituzione. La Messa non è soltanto la commemorazione della morte sulla croce (come va di moda dire oggi: "il memoriale del sacrificio"), ma è, essa stessa, il sacrificio di Cristo, che continua a offrirsi per noi.
Perché Gesú attribuiva tanta importanza a questa cena? Una risposta immediata potrebbe essere: perché durante essa Gesú aveva intenzione di istituire l'Eucaristia e il sacerdozio e lasciare ai discepoli le sue ultime volontà, fra cui il comandamento nuovo dell'amore. Tutto vero; ma forse non è sufficiente rispondere in tal modo per capire realmente l'importanza dell'ultima cena. L'ultima cena non è soltanto un "preludio" della morte di Gesú sulla croce, cioè una sua anticipazione simbolica, ma è parte essenziale del mistero pasquale, senza la quale la morte sulla croce non avrebbe senso.
La morte di un uomo in quel modo è passibile delle piú svariate interpretazioni. La spiegazione piú ovvia è che si tratti della condanna a morte di un criminale. I due ladri che muoiono con Gesú vengono uccisi per questo motivo. Nel caso di Gesú, che subisce piú o meno lo stesso trattamento, le cose stanno in un modo un tantino diverso: egli non era un criminale; era un "giusto". Potrebbe dunque trattarsi di un errore giudiziario, o anche di un'ingiustizia perpetrata ai danni di un innocente. Vedete, lo stesso fatto può avere significati diversi. Ma nessuna di queste interpretazioni spiega il vero senso della morte di Gesú. Egli è certamente stato la vittima innocente di un'ingiustizia; ma, al di là di questo, si nasconde un "mistero", che mai potremmo immaginare. Tale mistero ci viene rivelato nell'ultima cena.
Durante la cena pasquale, celebrata la vigilia della sua passione, Gesú ci svela (non solo con le parole, ma coi gesti che compie) il vero senso della sua morte. Gesú non muore perché altri lo uccidono; Gesú muore perché dona sé stesso, dà la sua vita per noi. Questo "darsi" ha un nome: "sacrificio". Solitamente, siamo portati a pensare che l'essenza del sacrificio stia nell'uccisione di una vittima. Questo è un aspetto importante, ma secondario; ciò che fa il sacrificio non è l'immolazione, ma l'offerta della vittima. È esattamente ciò che Gesú fa durante l'ultima cena: offre sé stesso al Padre per la salvezza del mondo. L'Eucaristia che istituisce non è solo un'anticipazione simbolica del sacrifico che verrà consumato il giorno dopo; è già, essa stessa, sacrificio, perché Gesú sta già offrendo la sua vita per noi, dando cosí un senso imprevedibile a quanto avverrà l'indomani.
Quella stessa Eucaristia continuiamo a celebrare ogni giorno con i medesimi effetti del giorno della sua istituzione. La Messa non è soltanto la commemorazione della morte sulla croce (come va di moda dire oggi: "il memoriale del sacrificio"), ma è, essa stessa, il sacrificio di Cristo, che continua a offrirsi per noi.