ZENIT riferisce dell'intervento dell'Arcivescovo Jean-Louis Bruguès O.P., Segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, all'annuale incontro dei rettori dei seminari pontifici. Mi sembra un intervento particolarmente interessante.
Innanzi tutto, Mons. Bruguès fa un'analisi della situazione della Chiesa europea e americana, rilevando una divisione fra una "corrente di composizione" e una "corrente di contestazione". Nel titolo dell'articolo tali due correnti sono indicate rispettivamente con i termini (non so se usati dallo stesso Arcivescovo) "integrati" e "alternativi", che, pur corrispondendo pienamente al senso dell'intervento, mi sembrano essere fuorvianti. Da sempre, "integrati" sono stati considerati i tradizionalisti, e "alternativi" i progressisti. In tal caso invece il significato è esattamente l'opposto. La "corrente di composizione" è costituita da quegli uomini di Chiesa (ormai per lo piú di una certa età) che insistono su una collaborazione con il mondo secolarizzato; mentre la "corrente di contestazione" consisterebbe nei piú giovani, che sottolineano le differenze con la società secolarizzata e propongono il cristiuanesimo come un modello alternativo.
Mi sembra che tale analisi, sebbene non possa essere assolutizzata ed esclusivizzata, corrisponda alla realtà dei fatti: è vero che la Chiesa odierna è divisa e che le varie differenze possono essere ricondotte a questa alternativa di fondo. Interessante anche il rilievo che la prima corrente, che ha gestito finora e in gran parte continua a gestire il potere nella Chiesa, ha praticato una sorta di "autosecolarizzazione" della Chiesa. Come porre rimedio a tale situazione? Il Segretario dell'Educazione Cattolica propone un'interpretazione autentica del Concilio Vaticano II; proposta che non può che trovarmi consenziente, dal momento che all'origine di tutte le difficoltà che la Chiesa sta incontrando ai nostri giorni c'è, appunto, un'interpretazione distorta — ideologica — del Concilio.
Il tema dell'intervento di Mons. Bruguès era "Formazione per il sacerdozio, tra secolarismo e modello ecclesiale". Essendo anch'io impegnato nel campo della formazione alla vita religiosa e al sacerdozio, sono molto interessato a tali tematiche. Ebbene, l'Arcivescovo ha evidenziato anzitutto, una mancanza di cultura generale, provocata dalla secolarizzazione. È un punto che tutti sperimentiamo ogni giorno. Non si può piú pensare di avviare immediatamente agli studi teologici giovani privi di qualsiasi formazione umana-cristiana di base. Ecco dunque la necessità di una "formazione iniziale" di tipo culturale e catechetico. Su questo siamo ormai tutti d'accordo, non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo.
Il secondo punto sottolineato poteva venire solo da un domenicano: la necessità dell'apprendimento della metafisica come condizione preliminare allo studio della teologia. Anche su questo, da buon alunno dei Domenicani, non posso che consentire; ma ho l'impressione che non ci sia la stessa sensibilità in tutta la Chiesa: non vedo in giro la convinzione dell'importanza della filosofia (e specialmente della metafisica) negli ambienti ecclesiastici. Ciò che vedo sono però le conseguenze devastanti di tale disattenzione.
Il terzo punto è la necessità di una "formazione teologica sintetica, organica e che punta all'essenziale". Confermo al 100%. Nel lodevole intento di dare ai seminaristi una formazione completa, abbiamo assistito in questi anni a un prolungamento oltre misura degli anni della formazione, a un'accumulazione di materie e di corsi spesso slegati fra loro (ma trascurando discipline fondamentali per l'educazione al ragionamento, come il latino), a una tendenza alla specializzazione prima ancora che si fosse ricevuta una presentazione completa e organica della teologia. Il risultato di tale impostazione è la frammentazione, il disorientamento, la confusione mentale.
Personalmente ritengo che il problema fondamentale sia la mancanza di una impostazione di fondo, di un quadro generale, di un "sistema", entro il quale integrare i diversi elementi acquisiti nella formazione. Non si può pretendere che il giovane studente faccia la sua sintesi, se non è opportunamente accompagnato dai suoi formatori. Tale impostazione può darla solo una "scuola"; ritengo che i Domenicani siano rimasti gli unici a farlo, proponendo nei loro atenei il sistema tomistico, che è in sé stesso una sintesi, che non impedisce però allo studente di aggiungere nuovi elementi e fare la propria sintesi personale. Speriamo che a poco a poco si faccia strada questa nuova sensibilità e che la preparazione del clero possa tornare a livelli rispettabili, all'altezza delle esigenze odierne.
Innanzi tutto, Mons. Bruguès fa un'analisi della situazione della Chiesa europea e americana, rilevando una divisione fra una "corrente di composizione" e una "corrente di contestazione". Nel titolo dell'articolo tali due correnti sono indicate rispettivamente con i termini (non so se usati dallo stesso Arcivescovo) "integrati" e "alternativi", che, pur corrispondendo pienamente al senso dell'intervento, mi sembrano essere fuorvianti. Da sempre, "integrati" sono stati considerati i tradizionalisti, e "alternativi" i progressisti. In tal caso invece il significato è esattamente l'opposto. La "corrente di composizione" è costituita da quegli uomini di Chiesa (ormai per lo piú di una certa età) che insistono su una collaborazione con il mondo secolarizzato; mentre la "corrente di contestazione" consisterebbe nei piú giovani, che sottolineano le differenze con la società secolarizzata e propongono il cristiuanesimo come un modello alternativo.
Mi sembra che tale analisi, sebbene non possa essere assolutizzata ed esclusivizzata, corrisponda alla realtà dei fatti: è vero che la Chiesa odierna è divisa e che le varie differenze possono essere ricondotte a questa alternativa di fondo. Interessante anche il rilievo che la prima corrente, che ha gestito finora e in gran parte continua a gestire il potere nella Chiesa, ha praticato una sorta di "autosecolarizzazione" della Chiesa. Come porre rimedio a tale situazione? Il Segretario dell'Educazione Cattolica propone un'interpretazione autentica del Concilio Vaticano II; proposta che non può che trovarmi consenziente, dal momento che all'origine di tutte le difficoltà che la Chiesa sta incontrando ai nostri giorni c'è, appunto, un'interpretazione distorta — ideologica — del Concilio.
Il tema dell'intervento di Mons. Bruguès era "Formazione per il sacerdozio, tra secolarismo e modello ecclesiale". Essendo anch'io impegnato nel campo della formazione alla vita religiosa e al sacerdozio, sono molto interessato a tali tematiche. Ebbene, l'Arcivescovo ha evidenziato anzitutto, una mancanza di cultura generale, provocata dalla secolarizzazione. È un punto che tutti sperimentiamo ogni giorno. Non si può piú pensare di avviare immediatamente agli studi teologici giovani privi di qualsiasi formazione umana-cristiana di base. Ecco dunque la necessità di una "formazione iniziale" di tipo culturale e catechetico. Su questo siamo ormai tutti d'accordo, non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo.
Il secondo punto sottolineato poteva venire solo da un domenicano: la necessità dell'apprendimento della metafisica come condizione preliminare allo studio della teologia. Anche su questo, da buon alunno dei Domenicani, non posso che consentire; ma ho l'impressione che non ci sia la stessa sensibilità in tutta la Chiesa: non vedo in giro la convinzione dell'importanza della filosofia (e specialmente della metafisica) negli ambienti ecclesiastici. Ciò che vedo sono però le conseguenze devastanti di tale disattenzione.
Il terzo punto è la necessità di una "formazione teologica sintetica, organica e che punta all'essenziale". Confermo al 100%. Nel lodevole intento di dare ai seminaristi una formazione completa, abbiamo assistito in questi anni a un prolungamento oltre misura degli anni della formazione, a un'accumulazione di materie e di corsi spesso slegati fra loro (ma trascurando discipline fondamentali per l'educazione al ragionamento, come il latino), a una tendenza alla specializzazione prima ancora che si fosse ricevuta una presentazione completa e organica della teologia. Il risultato di tale impostazione è la frammentazione, il disorientamento, la confusione mentale.
Personalmente ritengo che il problema fondamentale sia la mancanza di una impostazione di fondo, di un quadro generale, di un "sistema", entro il quale integrare i diversi elementi acquisiti nella formazione. Non si può pretendere che il giovane studente faccia la sua sintesi, se non è opportunamente accompagnato dai suoi formatori. Tale impostazione può darla solo una "scuola"; ritengo che i Domenicani siano rimasti gli unici a farlo, proponendo nei loro atenei il sistema tomistico, che è in sé stesso una sintesi, che non impedisce però allo studente di aggiungere nuovi elementi e fare la propria sintesi personale. Speriamo che a poco a poco si faccia strada questa nuova sensibilità e che la preparazione del clero possa tornare a livelli rispettabili, all'altezza delle esigenze odierne.