La liturgia di questa XXVII domenica del tempo ordinario propone la
parabola dei vignaioli omicidi nella versione di Matteo (21:33-43). Si tratta
della seconda delle tre parabole che Gesú racconta nel tempio di Gerusalemme
durante la sua disputa con i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. La
prima (“I due figli”), l’abbiamo sentita domenica scorsa; la terza (“Il
banchetto nuziale”) ci verrà proposta domenica prossima.
Mi ha colpito il fatto che la liturgia odierna si limiti a presentare solo
i vv. 33-43, quando l’episodio prosegue sino alla fine del capitolo (v. 46). Va
detto che è normale per la liturgia proporre, della Scrittura, solo alcuni
passi scelti, sia perché è materialmente impossibile leggere la Bibbia per
intero, sia anche per mettere a fuoco alcuni aspetti piú importanti. Nel caso
presente però non si vede il motivo per tralasciare tre versetti, che tra l’altro
potrebbero essere utili per comprendere meglio l’insieme. Trascrivo, per
comodità, i tre versetti omessi:
44 «Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». 45 Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. 46 Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Beh, vi stavo dicendo che in questi versetti ci vengono fornite delle
informazioni preziose per illuminare il contesto. Per esempio, veniamo a sapere
che non c’erano solo i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, ma anche i
farisei. Ci viene confermato, anche se lo avevamo già capito, che la parabola era rivolta innanzi tutto a loro. Il vangelo inoltre ci fa sapere che la gente considerava Gesú un
profeta, un’indicazione importante in questo contesto, visto che nella parabola
Gesú aveva parlato dei profeti (i “servi”), ma lui non sia era messo in quella
categoria, preferendo considerarsi un caso a sé (il “figlio”). Dunque, perché
non leggere tutto il brano, sino alla fine?
Va detto che in un’altra occasione, ma in giorno feriale (il venerdí della
II settimana di Quaresima), si arriva fino al v. 46. Ma anche in quel caso non
si legge il brano per intero: si salta il v. 44. Si dirà: è vero, ma
probabilmente ciò è dovuto al fatto che quel versetto manca in molti
manoscritti importanti e quindi si è preferito tralasciarlo. Vediamo che cosa
dicono alcune Bibbie in proposito:
Bible de Jérusalem (1961): «Senza dubbio una glossa che riprende Lc 20:18».
New American Bible (1986): «La maggioranza delle testimonianze testuali omette questo versetto. È probabilmente un’antica aggiunta a Matteo presa da Lc 20:18, a cui è praticamente identica».
Non si può però ignorare quanto affermano le edizioni piú recenti:
Traduction Oecuménique de la Bible (1988): «Questo versetto, anche se non lo si riscontra in versioni e manoscritti importanti, viene però attestato da tutti gli altri manoscritti, e molto probabilmente è autentico».
La “nuova” Bible de Jérusalem (1998): «Questo versetto manca nei manoscritti occidentali, forse perché i copisti vedevano in esso una ripetizione di Lc 20:18. Bisogna però mantenerlo, perché esplicita maggiormente l’allusione a Dn 2:34-35.44-45».
E infatti il versetto — che veniva saltato (e riportato in nota) nella
prima edizione della Bible de Jérusalem, e viene riportato fra parentesi
quadre nell’edizione critica di Nestle-Aland e nella New American Bible
— appare, senza alcuna particolare indicazione o annotazione, nella Vulgata e
nella Neovolgata, e anche nella Bibbia CEI (tanto nell’edizione del 1974 quanto in
quella del 2008). Dunque, perché tralasciarlo?
Si noti che la parabola dei vignaioli omicidi nella versione di Matteo viene
letta, come detto, due volte (ogni tre anni, nella XXVII domenica del T.O. anno
A; e annualmente, il venerdí della II settimana di Quaresima); nella versione
di Marco (dove però il versetto in questione è assente), ogni anno, il lunedí della
IX settimana del T.O.; nella versione di Luca... mai. Perciò quel versetto, se
uno non se lo va a leggere personalmente nella Bibbia, non potrà mai ascoltarlo
in chiesa. Perché?
Non rimane che una spiegazione: ci troviamo di fronte a un caso di vera e
propria “censura” della parola di Dio da parte della liturgia. Non è
naturalmente l’unico (si pensi, per esempio, all’esclusione dei salmi
imprecatori: qui), ma non per questo meno grave. Evidentemente, si ha paura che
leggere nell’assemblea liturgica «Chi cadrà sopra questa pietra si
sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato» possa offendere le nostre orecchie delicate
e turbare la nostra coscienza ipersensibile. E non ci si accorge
di dimezzare cosí la parola di Dio. Perché, se è vero che Cristo è la pietra
angolare per coloro che lo accolgono, è altrettanto vero che è anche la pietra
di inciampo per coloro che lo rifiutano (Is 8:14-15) e la pietra che stritola i
regni della terra (Dn 2:44). Ci ricorda l’apostolo Pietro:
Si legge nella Scrittura:
Ecco, io pongo in Sion
una pietra d’angolo, scelta,
preziosa,
e chi crede in essa non
resterà deluso.
Onore dunque a voi che credete;
ma per quelli che non credono
la pietra che i costruttori
hanno scartato
è diventata pietra d’angolo
e sasso d’inciampo, pietra di
scandalo.
Essi v’inciampano perché non
obbediscono alla Parola. A questo erano destinati (1Pt 2:6-8).
Di fronte a Cristo non si può rimanere indifferenti. Con lui tutti — tutti!
— devono fare i conti: o si crede in lui (e ci si salva) o non si crede in lui
(e si resta, piaccia o non piaccia, stritolati).
Q