Forse qualche lettore si chiederà come mai non ho
ancora scritto nulla sulla recente lettera di Papa Francesco al Cardinale
Sarah, pubblicata dalla Nuova Bussola Quotidiana.
In questo momento preferisco astenermi da qualsiasi commento. Ciò che avevo
da dire sul motu proprio Magnum principium l’ho detto a suo tempo (qui). L’inusuale intervento pontificio non fa che confermare la mia
interpretazione del motu proprio, che si differenziava da quella dei soliti
bene informati, che all’epoca si sforzavano di minimizzare la portata del
documento. Mi sembra invece utile mettere a disposizione di tutti la mia
traduzione di un’intervista sull’argomento al Dott. Peter Kwasniewski del Wyoming Catholic College, pubblicata ieri sul sito LifeSite.
Q
Quali potrebbero essere le ripercussioni della lettera pubblica con cui Papa
Francesco corregge il Cardinal Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del
Culto divino, per aver cercato di imbrigliare il nuovo decentramento liturgico
del Papa?
Per ampliare la prospettiva sul significato e il possibile impatto della
lettera del Papa al Cardinale, abbiamo parlato col Dott. Peter Kwasniewski, scrittore
prolifico e conferenziere internazionale sulla liturgia, e allo stesso tempo
cantore, direttore del coro e compositore di musica sacra.
Dott. Kwasniewski, qual è, secondo Lei, l’aspetto
piú significativo della lettera di Papa Francesco al Cardinal Sarah?
L’aspetto di gran lunga piú significativo è lo spiccio accantonamento di Liturgiam
authenticam, che è stato il frutto di anni di reazione a enormi difficoltà
ed errori da parte di molte traduzioni. La traduzione originaria ICEL [= International
Commission on English in the Liturgy] del Messale Romano e di altri libri
fu una patetica parodia dei testi originali e portò al radicamento di numerose
cattive abitudini mentali e liturgiche (un Vescovo una volta disse a un membro
dell’originaria ICEL: «Vedo il dinamismo, ma dov’è l’equivalenza?» [si fa
riferimento alla cosiddetta “equivalenza dinamica” in contrapposizione alla “corrispondenza
formale”: qui]).
Il processo che ha portato alla nuova traduzione inglese sarà pure certamente imperfetto
da non pochi punti di vista, ma almeno ha assicurato una sostanziale
corrispondenza nella lex orandi. Io ancora noto, quando partecipo a
Messe OF [= forma ordinaria del Rito Romano o Novus Ordo], quanto piú
ricchi e piú cattolici sono ora i testi, nonostante i loro residui difetti a
paragone con il Messale Romano tradizionale. Nella lettera del Papa al Cardinal
Sarah, è chiaro che i principi per cui Wojtyla e Ratzinger hanno combattuto
vengono ritirati o messi da parte in modo che possiamo tornare agli anni
Settanta — “sempre indietro, mai avanti” sembra essere il motto dei
progressisti liturgici, che sono bloccati a una certa mentalità da “spirito del
Concilio” e non sanno andare oltre la ristretta agenda caratteristica di quella
fase.
Potrebbe spiegare per i lettori quali principi di Liturgiam authenticam sono stati
cambiati?
Liturgiam authenticam sembra essere stata un tentativo di fermare la
balcanizzazione e la banalizzazione del culto che aveva preso il sopravvento in
quasi ogni lingua, con la elevata bellezza dei testi liturgici ridotta a
caricature da fumetto (p. es., «he took the cup» [letteralmente, “coppa”, ma
anche “tazza”, termine con cui si traduceva “calice” nella precedente
traduzione] invece di «egli prese questo prezioso calice nelle sue mani sante e
venerabili»). Liturgiam authenticam sosteneva che era assolutamente
necessario che la Santa Sede avesse l’ultimo controllo sulla traduzione dei
libri liturgici, e che il Vaticano poteva e doveva fare la revisione finale dei
testi, con la possibilità di cambiarli. Magnum principium e quest’ultimo
chiarimento, a dir poco, aprono la porta a un annullamento di quella correzione
di rotta a lungo attesa.
Come la Chiesa prega, cosí essa crede. Quali
effetti a lungo termine potrebbero avere questi cambiamenti sulla fede dei
fedeli?
Quando leggiamo la frase “legittimi adattamenti”, dovremmo riconoscerla come
una specie di linguaggio in codice per un’inculturazione sperimentale che
spezza la sostanziale unità del Rito Romano. Anzi, questo è stato già fatto
dalle centinaia di traduzioni già esistenti cosí come dalla pletora di opzioni
presente nei nuovi libri liturgici, ma nelle recenti mosse vediamo
un’accelerazione del regionalismo e del pluralismo.
Le conferenze episcopali hanno già un potere esorbitante, che ha ridotto il
ruolo e la responsabilità dei singoli vescovi e del Papa. Esso non si concilia
col principio di sussidiarietà, perché ciascun vescovo è sovrano nella sua
diocesi e il Papa è sovrano sulla Chiesa intera; le conferenze episcopali sono
semplici meccanismi burocratici, che non hanno alcuna funzione, autorità o
responsabilità innate. Le si potrebbe paragonare alla differenza fra le singole
nazioni sovrane e le Nazioni Unite. Già al Concilio Vaticano II, quando alcuni
dei Padri espressero il desiderio che agli episcopati nazionali fosse conferita
una maggiore autorità indipendente da Roma, altri Padri risposero dicendo che
questo avrebbe frammentato la Chiesa nell’espressione della fede.
Piú profondamente, la messa in questione di Liturgiam
authenticam, n. 80 in particolare è una continuazione della recente
spiegazione del Papa dello sviluppo dottrinale, dove mette da parte il
principio perenne di San Vincenzo di Lerino, spesso citato dai precedenti Papi,
che ogni volta che si dice qualcosa di nuovo — e noi potremmo considerare una
traduzione liturgica come dire una cosa nuova — dovrebbe sempre essere in
eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia, dovrebbe cioè esprimere la stessa dottrina, lo
stesso significato e lo stesso giudizio. Questo non è assolutamente il modo in
cui i progressisti pensano a proposito delle definizioni dogmatiche, degli
insegnamenti morali o dei testi liturgici. Tutte queste cose per loro si
possono continuamente adattare, cambiare e anche contraddire, a seconda del
supposto “progresso” della società, della cultura e della mentalità. Si tratta
di un punto di vista intrinsecamente evoluzionistico, debitore di Hegel e di
Darwin, dove si può avere un uccello da un pesce. Che questo sia vero o no nel
mondo naturale, non è stato mai ritenuto vero a proposito della sacra dottrina.
Dott. Kwasniewski, Lei ha scritto
ampiamente sulla crisi liturgica dopo il Vaticano II. Quali prevede potrebbero
essere le ripercussioni della lettera del Papa e dei suoi contenuti?
Appellarsi alla “comprensione del testo
[liturgico] da parte dei destinatari” rischia di reintrodurre il razionalismo
che ha fatto della liturgia cattolica un deserto. La liturgia, come mistero
divino e opera di Dio in mezzo a noi, non può essere compresa da nessun uomo e
neppure da nessun angelo. Ci sono vari modi [per entrare] nella liturgia,
attraverso i cinque sensi e l’intelletto; naturalmente essa dovrebbe offrire ai
fedeli delle “maniglie” che essi possono afferrare per seguire i riti che si
svolgono. Ma una liturgia che punta a essere semplice e immediatamente comprensibile è
destinata all’impoverimento, alla superficialità e alla noia. Non c’è nulla che
possa affascinare, sconcertare, stimolare o ricompensare il partecipante. Nella
liturgia noi aspiriamo a indossare la mente di Cristo, che è il lavoro di una
vita. Dobbiamo passare attraverso l’oscurità e la luce, le idee e i sentimenti,
il silenzio, il vuoto, l’autodisciplina, la sofferenza, sostenuti dalle ricche
risorse della nostra tradizione bimillenaria. La riduzione della liturgia a una
cosa normale, orizzontale, ordinata e di facile “comprensione” è il grande
errore e il flagello degli ultimi 50 anni.
D’altra parte, alcuni sostengono — e io non so
quanto siano fondate le loro affermazioni — che il nuovo processo predisposto
da Papa Francesco renderà piú difficile ottenere una nuova traduzione, perché
richiederà il consenso unanime dell’intera conferenza episcopale, piuttosto che
essere nelle mani di un comitato ristretto che lavora in tandem con la
Congregazione per il Culto divino per ottenere l’approvazione di quest’ultima.
Se questo è vero, renderà i cambiamenti locali piú difficili, il che è
probabilmente una cosa buona a questo punto. Sinceramente, non posso immaginare
che i vescovi statunitensi vogliano in generale fare un’altra
traduzione, o una sostanziale modifica dell’attuale traduzione, cosí presto
dopo che questa è stata promulgata come il risultato finale di un processo irragionevolmente
lungo. Penso che non vedremo cambiamenti immediati. Il vero motivo di preoccupazione,
mi sembra, è che questo sia un ulteriore elemento in una piú vasta campagna per
disfare il lavoro riformatore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che è
stato, per molti versi, troppo limitato e arrivato in eccessivo ritardo, ma, con
tutto ciò, è oggetto di odio accanito da parte di quelli che non hanno mai
digerito il “conservatorismo” o addirittura il “tradizionalismo” di Wojtyla e
Ratzinger.
C’è qualcos’altro che Lei vorrebbe
aggiungere?
Mi viene in mente che c’è qualcosa di importante
da dire. Come sapete, il Cardinal Marx ha detto che Magnum principium
libera le conferenze episcopali e rende Liturgiam authenticam lettera
morta (qui).
Il Cardinal Sarah ha dissentito pubblicamente con Marx su questo punto; e ora
Papa Francesco manda il segnale che lui sta dalla parte di Marx piuttosto che
di Sarah, come precedentemente aveva appoggiato la posizione del Cardinal Kasper sulla comunione
ai divorziati risposati. In tal modo, il Papa sta sempre piú chiarendo che lui
sta fondamentalmente con la gerarchia tedesca, conosciuta per essere una delle
piú liberali al mondo, sulle questioni scottanti del giorno.
Fonte: LifeSiteNews