A quanto pare, i nuovi scenari che si andavano disegnando sopra la testa di Boffo, incominciano a poco a poco a delinearsi. Ho letto due articoli, assai diversi fra loro, ma entrambi estremamente interessanti al riguardo. Il primo è l’analisi del Prof. Pietro De Marco, pubblicata da Sandro Magister sul suo blog Settimo cielo; il secondo è l’editoriale di Antonio Socci per Libero di ieri, ripreso dal suo blog lo Straniero.
Ho letto con piacere il commento del Prof. De Marco, perché, in qualche modo, conferma la sensazione, da me espressa nel post di sabato scorso, che il caso Boffo non fosse altro che una faida intraecclesiastica; ma, allo stesso tempo, rimuove qualsiasi sospetto pendente sulla CEI e la Santa Sede, dal momento che riconduce il caso a una lotta di potere interna all’Università Cattolica. Non che sia una cosa simpatica, ma per lo meno non vi sono direttamente coinvolte le gerarchie ecclesiastiche. E questo, almeno per me, è un bel sollievo. Personalmente trovo l’analisi del Prof. De Marco piuttosto attendibile.
Socci invece parla dei nuovi scenari politici che si starebbero aprendo in Italia, soffermandosi sulla “parte ecclesiastica” di tali scenari. Secondo Socci, dopo il pensionamento di Ruini e la defenestrazione di Boffo, assistiamo a un nuovo corso della politica ecclesiastica nei confronti dell’Italia, nuovo corso controllato direttamente dalla Segreteria di Stato. Si tratterebbe praticamente di sostenere un progetto politico che si starebbe delineando in Italia: «un nuovo centrodestra post-berlusconiano (che magari torna a inglobare l’Udc): potrebbe andare da Montezemolo alla Scaraffia, con Casini ... E magari Fini al Quirinale». I patron di tale progetto sarebbero Paolo Mieli e Galli della Loggia. Non si tratta di ipotesi campate in aria. Socci documenta tali nuovi orientamenti con tutta una serie di recenti interventi dell’Osservatore Romano, del suo direttore, Gian Maria Vian, e della sua editorialista di punta, Lucetta Scaraffia (moglie, guarda caso, di Galli Della Loggia). Forse Socci dà troppo per scontato che L’Osservatore Romano costituisca, tout court, il portavoce della Segreteria di Stato; ma certo non si può negare che le sue prese di posizione siano espressione autorevole di una linea radicalmente diversa rispetto a quella (ruiniana) di Avvenire e della CEI.
Se devo essere sincero, pur concedendo una certa fondatezza alle affermazioni di Socci, trovo il “progetto” ancora alquanto confuso e non del tutto provato il coinvolgimento della Segreteria di Stato in tale progetto. In ogni caso, se le cose dovessero stare come afferma Socci, non posso nascondere qualche perplessità, non perché io sia un sostenitore della linea ruiniana (che non mi ha mai convinto completamente) o wojtyliana (mi pare di percepire nell’articolo un certo disappunto da parte di Socci, wojtyliano di ferro), ma perché queste ipotetiche nuove prospettive non mi sembrano affatto piú rassicuranti dell’attuale situazione.
Capisco che un po’ tutti siano stanchi dell’interminabile telenovela berlusconiana e sentano il bisogno di voltare pagina. Capisco che dopo l’esperienza del centrosinistra e quella del centrodestra, entrambe deludenti, venga naturale guardare al centro o a un nuovo centrodestra (“liberalnazionale”?). I volti che incarnano tale progetto sembrano rassicuranti. Il problema è (e la Chiesa non può non porsi questa domanda): chi c’è dietro tale progetto? Non ci saranno per caso quei “poteri forti”, che hanno deciso di scaricare il Cavaliere? Se cosí fosse, non ci sarebbe da stare troppo allegri.
Inoltre non mi sembra molto prudente, in tali nuovi scenari, tenere fuori completamente la Conferenza episcopale italiana. Capisco che con l’uscita di scena del Card. Ruini, che le aveva imposto una ben precisa linea “politica”, essa rischia oggi di diventare un pollaio, dove avrà la meglio il gallo che canta piú forte (i Vescovi tendenti a sinistra: come li chiama De Marco, i “cattomanichei”). Ma proprio per questo, avocando il rapporto con la politica italiana alla Segreteria di Stato e ignorando l’opinione dei Vescovi (i quali, lo si voglia o no, hanno il polso della situazione), si rischia di approfondire ulteriormente il solco già esistente fra Santa Sede ed episcopato italiano. Si rischia la confusione totale.
Socci, in un poscritto al suo articolo, dice di confidare sulla presenza del Papa, che certamente rimane per tutti un punto di riferimento sicuro. Ma lui stesso limita tale rassicurante certezza all’ambito strettamente ecclesiale; e sono d’accordo con lui, perché non credo che Benedetto XVI, sia per motivi di principio e di stile, sia per la sua origine, sia per carattere, abbia alcuna intenzione di intromettersi nelle questioni politiche italiane. E allora? C’è solo da pregare che i nostri pastori siano illuminati dallo Spirito Santo e guidati da prudenza e discernimento. Non vorrei che un giorno, in Italia, si debba rimpiangere il Cavaliere e, nella Chiesa, il Card. Ruini.
Ho letto con piacere il commento del Prof. De Marco, perché, in qualche modo, conferma la sensazione, da me espressa nel post di sabato scorso, che il caso Boffo non fosse altro che una faida intraecclesiastica; ma, allo stesso tempo, rimuove qualsiasi sospetto pendente sulla CEI e la Santa Sede, dal momento che riconduce il caso a una lotta di potere interna all’Università Cattolica. Non che sia una cosa simpatica, ma per lo meno non vi sono direttamente coinvolte le gerarchie ecclesiastiche. E questo, almeno per me, è un bel sollievo. Personalmente trovo l’analisi del Prof. De Marco piuttosto attendibile.
Socci invece parla dei nuovi scenari politici che si starebbero aprendo in Italia, soffermandosi sulla “parte ecclesiastica” di tali scenari. Secondo Socci, dopo il pensionamento di Ruini e la defenestrazione di Boffo, assistiamo a un nuovo corso della politica ecclesiastica nei confronti dell’Italia, nuovo corso controllato direttamente dalla Segreteria di Stato. Si tratterebbe praticamente di sostenere un progetto politico che si starebbe delineando in Italia: «un nuovo centrodestra post-berlusconiano (che magari torna a inglobare l’Udc): potrebbe andare da Montezemolo alla Scaraffia, con Casini ... E magari Fini al Quirinale». I patron di tale progetto sarebbero Paolo Mieli e Galli della Loggia. Non si tratta di ipotesi campate in aria. Socci documenta tali nuovi orientamenti con tutta una serie di recenti interventi dell’Osservatore Romano, del suo direttore, Gian Maria Vian, e della sua editorialista di punta, Lucetta Scaraffia (moglie, guarda caso, di Galli Della Loggia). Forse Socci dà troppo per scontato che L’Osservatore Romano costituisca, tout court, il portavoce della Segreteria di Stato; ma certo non si può negare che le sue prese di posizione siano espressione autorevole di una linea radicalmente diversa rispetto a quella (ruiniana) di Avvenire e della CEI.
Se devo essere sincero, pur concedendo una certa fondatezza alle affermazioni di Socci, trovo il “progetto” ancora alquanto confuso e non del tutto provato il coinvolgimento della Segreteria di Stato in tale progetto. In ogni caso, se le cose dovessero stare come afferma Socci, non posso nascondere qualche perplessità, non perché io sia un sostenitore della linea ruiniana (che non mi ha mai convinto completamente) o wojtyliana (mi pare di percepire nell’articolo un certo disappunto da parte di Socci, wojtyliano di ferro), ma perché queste ipotetiche nuove prospettive non mi sembrano affatto piú rassicuranti dell’attuale situazione.
Capisco che un po’ tutti siano stanchi dell’interminabile telenovela berlusconiana e sentano il bisogno di voltare pagina. Capisco che dopo l’esperienza del centrosinistra e quella del centrodestra, entrambe deludenti, venga naturale guardare al centro o a un nuovo centrodestra (“liberalnazionale”?). I volti che incarnano tale progetto sembrano rassicuranti. Il problema è (e la Chiesa non può non porsi questa domanda): chi c’è dietro tale progetto? Non ci saranno per caso quei “poteri forti”, che hanno deciso di scaricare il Cavaliere? Se cosí fosse, non ci sarebbe da stare troppo allegri.
Inoltre non mi sembra molto prudente, in tali nuovi scenari, tenere fuori completamente la Conferenza episcopale italiana. Capisco che con l’uscita di scena del Card. Ruini, che le aveva imposto una ben precisa linea “politica”, essa rischia oggi di diventare un pollaio, dove avrà la meglio il gallo che canta piú forte (i Vescovi tendenti a sinistra: come li chiama De Marco, i “cattomanichei”). Ma proprio per questo, avocando il rapporto con la politica italiana alla Segreteria di Stato e ignorando l’opinione dei Vescovi (i quali, lo si voglia o no, hanno il polso della situazione), si rischia di approfondire ulteriormente il solco già esistente fra Santa Sede ed episcopato italiano. Si rischia la confusione totale.
Socci, in un poscritto al suo articolo, dice di confidare sulla presenza del Papa, che certamente rimane per tutti un punto di riferimento sicuro. Ma lui stesso limita tale rassicurante certezza all’ambito strettamente ecclesiale; e sono d’accordo con lui, perché non credo che Benedetto XVI, sia per motivi di principio e di stile, sia per la sua origine, sia per carattere, abbia alcuna intenzione di intromettersi nelle questioni politiche italiane. E allora? C’è solo da pregare che i nostri pastori siano illuminati dallo Spirito Santo e guidati da prudenza e discernimento. Non vorrei che un giorno, in Italia, si debba rimpiangere il Cavaliere e, nella Chiesa, il Card. Ruini.