L’intervista rilasciata ieri da Messori a La Stampa non è piaciuta a tutti (vedi qui). Poco male: ovviamente si tratta di opinioni personali (anche se talvolta alcuni considerano il giornalista una specie di portavoce ufficioso della Santa Sede), che possono tranquillamente essere messe in discussione. Io devo confessare un debole per Messori; per me non è un giornalista qualsiasi; è un maestro. Quando scriveva su Avvenire, non mi perdevo una puntata della sua rubrica “Vivaio” (e spesso ritagliavo e conservavo il pezzo). L’ho sempre seguito con qualcosa di piú di un semplice interesse: non che lo consideri un oracolo; ma certo, prima di mettere in discussione le sue tesi, sono solito prenderle in seria considerazione. Quel che mi è sempre piaciuto di piú in lui è la sua “cattolicità”: mi sembra che sia fra i pochi che ha veramente capito che cosa significa essere cattolici. Anche quando si ha a che fare con questioni, nelle quali si potrebbe facilmente scivolare nel moralismo, riesce a esprimere un punto di vista equilibrato e profondamente cattolico. L’ultimo esempio l’abbiamo avuto nella vicenda Boffo: senza giudicare la persona, prudenza avrebbe voluto che... Chi può dargli torto?
Anche in questo caso, a proposito del carrierismo dei vescovi, non mi sento proprio di contraddirlo. Io non conosco direttamente la situazione europea, ma mi pare che quanto afferma Messori sia attendibile. Non guardiamo all’Italia, dove la Chiesa vive una situazione del tutto privilegiata (anche se spesso non ce ne rendiamo conto); ma negli altri paesi penso davvero che i vescovi contino poco. Che poi l’episcopato costituisca, in ogni caso, all’interno della Chiesa, una posizione di potere, è un’altra questione. Ma nelle società europee è probabilmente vero che, se i vescovi non sono dei paria, poco ci manca.
Diversa è la situazione nel cosiddetto “terzo mondo”, dove effettivamente i vescovi godono di autorevolezza e gestiscono, di fatto, un notevole potere. A quanto afferma Messori a proposito di America Latina e Africa, io potrei aggiungere la mia, seppur limitata, esperienza asiatica, del tutto analoga a quella di quei continenti. E non posso dar torto a Messori quando dice che questo è uno dei motivi per cui i seminari in questi paesi sono affollati (la qualcosa, sia bene inteso, non mi scandalizza piú di tanto: lo stesso è accaduto nel passato in Italia e nel resto d’Europa).
Quanto dice Messori a proposito del celibato, purtroppo, è vero. Ho solo qualche perplessità che sia questo il motivo per cui l’Africa rischia di diventare musulmana e l’America Latina protestante. Secondo me i motivi reali vanno cercati altrove (anche se poi non sono del tutto convinto che si verifichi davvero ciò che viene paventato).
Mi fa molto riflettere quanto Messori aggiunge a proposito della Rivoluzione francese. Secondo lui, questa avrebbe provocato una sorta di purificazione nella Chiesa, con conseguente innalzamento del livello culturale, morale e spirituale del clero, e in particolare dei vescovi e dei papi. Sono fondamentalmente d’accordo. Solo mi chiedo: come mai in Europa, dove la Chiesa può contare su un clero tutto sommato decente, essa è in gravissima crisi e rischia l’estinzione, mentre là dove c’è un clero che lascia alquanto a desiderare, essa è in piena espansione? Sinceramente, non riesco a trovare una spiegazione razionale. Evidentemente, ci troviamo dinanzi a un mistero: qualità e quantità non sono, nella Chiesa, direttamente proporzionali; sembrerebbe piuttosto che esse siano inversamente proporzionali. È mai possibile? Pare proprio di sí: sembrerebbe che Dio preferisca servirsi di strumenti imperfetti per realizzare i suoi piani. Sembra che troppa santità faccia male alla Chiesa. O forse dobbiamo ammettere che la santità della Chiesa vada ricercata altrove: non tanto nella irreprensibilità dei costumi, quanto piuttosto nell’indefettibilità della fede.
Mi torna in mente l’aforisma di Oscar Wilde, da me già menzionato tempo fa: «La Chiesa Cattolica è per i santi e per i peccatori, per le persone rispettabili è sufficiente la Chiesa Anglicana». E mi viene di pensare che, forse, non dobbiamo considerare i “santi” e i “peccatori” come due categorie distinte esistenti all’interno della Chiesa, ma come un’unica categoria: anche i santi sono fondamentalmente dei poveri peccatori; anche i peccatori possono essere dei santi.
Anche in questo caso, a proposito del carrierismo dei vescovi, non mi sento proprio di contraddirlo. Io non conosco direttamente la situazione europea, ma mi pare che quanto afferma Messori sia attendibile. Non guardiamo all’Italia, dove la Chiesa vive una situazione del tutto privilegiata (anche se spesso non ce ne rendiamo conto); ma negli altri paesi penso davvero che i vescovi contino poco. Che poi l’episcopato costituisca, in ogni caso, all’interno della Chiesa, una posizione di potere, è un’altra questione. Ma nelle società europee è probabilmente vero che, se i vescovi non sono dei paria, poco ci manca.
Diversa è la situazione nel cosiddetto “terzo mondo”, dove effettivamente i vescovi godono di autorevolezza e gestiscono, di fatto, un notevole potere. A quanto afferma Messori a proposito di America Latina e Africa, io potrei aggiungere la mia, seppur limitata, esperienza asiatica, del tutto analoga a quella di quei continenti. E non posso dar torto a Messori quando dice che questo è uno dei motivi per cui i seminari in questi paesi sono affollati (la qualcosa, sia bene inteso, non mi scandalizza piú di tanto: lo stesso è accaduto nel passato in Italia e nel resto d’Europa).
Quanto dice Messori a proposito del celibato, purtroppo, è vero. Ho solo qualche perplessità che sia questo il motivo per cui l’Africa rischia di diventare musulmana e l’America Latina protestante. Secondo me i motivi reali vanno cercati altrove (anche se poi non sono del tutto convinto che si verifichi davvero ciò che viene paventato).
Mi fa molto riflettere quanto Messori aggiunge a proposito della Rivoluzione francese. Secondo lui, questa avrebbe provocato una sorta di purificazione nella Chiesa, con conseguente innalzamento del livello culturale, morale e spirituale del clero, e in particolare dei vescovi e dei papi. Sono fondamentalmente d’accordo. Solo mi chiedo: come mai in Europa, dove la Chiesa può contare su un clero tutto sommato decente, essa è in gravissima crisi e rischia l’estinzione, mentre là dove c’è un clero che lascia alquanto a desiderare, essa è in piena espansione? Sinceramente, non riesco a trovare una spiegazione razionale. Evidentemente, ci troviamo dinanzi a un mistero: qualità e quantità non sono, nella Chiesa, direttamente proporzionali; sembrerebbe piuttosto che esse siano inversamente proporzionali. È mai possibile? Pare proprio di sí: sembrerebbe che Dio preferisca servirsi di strumenti imperfetti per realizzare i suoi piani. Sembra che troppa santità faccia male alla Chiesa. O forse dobbiamo ammettere che la santità della Chiesa vada ricercata altrove: non tanto nella irreprensibilità dei costumi, quanto piuttosto nell’indefettibilità della fede.
Mi torna in mente l’aforisma di Oscar Wilde, da me già menzionato tempo fa: «La Chiesa Cattolica è per i santi e per i peccatori, per le persone rispettabili è sufficiente la Chiesa Anglicana». E mi viene di pensare che, forse, non dobbiamo considerare i “santi” e i “peccatori” come due categorie distinte esistenti all’interno della Chiesa, ma come un’unica categoria: anche i santi sono fondamentalmente dei poveri peccatori; anche i peccatori possono essere dei santi.