Un lettore spagnolo, Martín, mi ha scritto a proposito del post di ieri sulla cremazione:
«Carissimo Padre, grazie per il Suo articolo, sono d’accordo al cento per cento. Qualche commento:
1) Mi sembra che questo atteggiamento è contrario allo spirito del Codice di diritto canonico, che dispone: “Enixe commendat Ecclesia, ut pia consuetudo defunctorum corpora sepeliendi servetur (= la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti)” (can. 1176 §3). Cioè, non si tratta di una cosa neutra; noi abbiamo una consuetudine che esprime la nostra fede.
2) Che fede è la nostra se non è operosa, se non si manifesta, se si accontenta di seguire quello che tutti fanno o, peggio ancora, quello che il business consiglia, di che fede si tratta? Mi sa che Lei ha ragione, questo è un passo nel processo di neopaganizzazione.
3) Racconto brevemente, quello che so della realtà del mondo ispanico. A Santiago del Cile, la stessa arcidiocesi si è associata con un gruppo di imprenditori per iniziare l’affare delle cremazioni. Dopo la cremazione “cattolica” le ceneri sono messe in una apposita struttura costruita nel cortile delle parrocchie. Ci sono decine di rappresentanti che percorrono le parrocchie e le case offrendo questo “servizio”. Secondo la informazione che ho, lo scopo di questa operazione è... guadagnare soldi, tutto qui. Mi domando: e quello che dice il Codice di diritto canonico che la Chiesa “raccomanda vivamente”, dov’è? Come può la Chiesa “raccomandare vivamente” la sepoltura dei corpi se la stessa diocesi promuove la cremazione porta a porta? Secondo me questo è una vergogna. Mi viene da piangere quando penso alla fede nella risurrezione dei primi cristiani che hanno fatto chilometri e chilometri di gallerie per custodire i corpi dei morti. Sarebbe stato molto piú facile fare la cremazione come i pagani».
Martín tocca un altro punto, che avevo tralasciato nel mio post, ma di cui ero già a conoscenza. Come dicevo ieri, nelle Filippine la pratica della cremazione è diventata comune fra i cattolici. E anche lí si è già trasformata in un business. Non so se siano coinvolte le diocesi, ma certamente lo sono molti parroci (che costruiscono colombari nelle loro chiese per poi venderne i loculi) e soprattutto laici, i quali magari costruiscono santuari, che in realtà sono vere e proprie “necropoli”.
Penso che, se non altro, i nostri Vescovi, fra i vari “paletti” fissati per rendere ammissibile fra i cristiani il fenomeno delle cremazione, avrebbero dovuto considerare anche l’aspetto commerciale: evitare che il tutto si trasformi in un grosso business, magari con la partecipazione diretta della Chiesa. È vero che ogni cosa ha un risvolto commerciale (basta pensare alle nostre agenzie di pompe funebri); ma, come giustamente fa notare Martín, non sembra molto coerente per la Chiesa fare soldi con una pratica quanto meno contraria alla tradizione cristiana.
«Carissimo Padre, grazie per il Suo articolo, sono d’accordo al cento per cento. Qualche commento:
1) Mi sembra che questo atteggiamento è contrario allo spirito del Codice di diritto canonico, che dispone: “Enixe commendat Ecclesia, ut pia consuetudo defunctorum corpora sepeliendi servetur (= la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti)” (can. 1176 §3). Cioè, non si tratta di una cosa neutra; noi abbiamo una consuetudine che esprime la nostra fede.
2) Che fede è la nostra se non è operosa, se non si manifesta, se si accontenta di seguire quello che tutti fanno o, peggio ancora, quello che il business consiglia, di che fede si tratta? Mi sa che Lei ha ragione, questo è un passo nel processo di neopaganizzazione.
3) Racconto brevemente, quello che so della realtà del mondo ispanico. A Santiago del Cile, la stessa arcidiocesi si è associata con un gruppo di imprenditori per iniziare l’affare delle cremazioni. Dopo la cremazione “cattolica” le ceneri sono messe in una apposita struttura costruita nel cortile delle parrocchie. Ci sono decine di rappresentanti che percorrono le parrocchie e le case offrendo questo “servizio”. Secondo la informazione che ho, lo scopo di questa operazione è... guadagnare soldi, tutto qui. Mi domando: e quello che dice il Codice di diritto canonico che la Chiesa “raccomanda vivamente”, dov’è? Come può la Chiesa “raccomandare vivamente” la sepoltura dei corpi se la stessa diocesi promuove la cremazione porta a porta? Secondo me questo è una vergogna. Mi viene da piangere quando penso alla fede nella risurrezione dei primi cristiani che hanno fatto chilometri e chilometri di gallerie per custodire i corpi dei morti. Sarebbe stato molto piú facile fare la cremazione come i pagani».
Martín tocca un altro punto, che avevo tralasciato nel mio post, ma di cui ero già a conoscenza. Come dicevo ieri, nelle Filippine la pratica della cremazione è diventata comune fra i cattolici. E anche lí si è già trasformata in un business. Non so se siano coinvolte le diocesi, ma certamente lo sono molti parroci (che costruiscono colombari nelle loro chiese per poi venderne i loculi) e soprattutto laici, i quali magari costruiscono santuari, che in realtà sono vere e proprie “necropoli”.
Penso che, se non altro, i nostri Vescovi, fra i vari “paletti” fissati per rendere ammissibile fra i cristiani il fenomeno delle cremazione, avrebbero dovuto considerare anche l’aspetto commerciale: evitare che il tutto si trasformi in un grosso business, magari con la partecipazione diretta della Chiesa. È vero che ogni cosa ha un risvolto commerciale (basta pensare alle nostre agenzie di pompe funebri); ma, come giustamente fa notare Martín, non sembra molto coerente per la Chiesa fare soldi con una pratica quanto meno contraria alla tradizione cristiana.