Sono stato sollecitato a dire qualcosa a proposito delle recenti dichiarazioni dell'Arcivescovo di Friburgo e Presidente della Conferenza episcopale tedesca, Mons. Robert Zollitsch. In una intervista televisiva egli ha fatto alcune affermazioni che hanno lasciato perplessi non pochi fedeli. La frase che ha destato maggiore scandalo è: "Cristo non è morto per i peccati della gente come se Dio avesse preparato un'offerta sacrificale, un capro espiatorio." La notizia è stata ripresa prima dal sito americano LifeSiteNews.com e poi in Italia dal sito Fides et forma e da numerosi altri siti e forum. Che posso dire al riguardo?
1. Non sono solito dividere l'umanità fra buoni e cattivi. Chi ormai mi segue da un po' di tempo avrà capito che per me la realtà è un tantino più complessa di quanto spesso non si creda: non è mai in bianco e nero; ci sono infinite sfumature. Inoltre, non mi è mai piaciuto giudicare le persone per partito preso. Io non conosco Mons. Zollitsch, non so nulla di lui, e perciò preferisco sospendere qualsiasi giudizio.
2. Riguardo alle sue dichiarazioni, dico, innanzi tutto, che si tratta solo di un'intervista. Ben diverso sarebbe se si trattasse di un libro, o anche solo di un articolo scritto. Non è molto prudente giudicare delle affermazioni rilasciate oralmente: quando si parla è inevitabile che ci scappino delle imprecisioni. Anche il Papa, quando parla a braccio, può incorrere in qualche scivolone (e questo spiega il motivo per cui la Santa Sede era solita ritoccare le dichiarazioni a braccio dei Pontefici). Inoltre, l'intervista era in tedesco (lingua che non conosco) e i resoconti che ne sono stati fatti nelle altre lingue sono tutti parziali. Sappiamo come sia facile estrapolare una frase dal suo contesto, e far dire a una persona esattamente il contrario di quanto volesse effettivamente affermare.
3. Pertanto non mi associo in alcun modo al coro di critiche contro di lui. Appartenendo a un Ordine religioso, che è stato più volte in passato vittima di vere e proprie "cacce alle streghe"; non mi sento di dare il mio contributo a una campagna che potrebbe trasformarsi in qualcosa di simile. Non sono io che debbo preoccuparmi dell'ortodossia altrui (tanto meno dei Vescovi); è sufficiente che mi preoccupi della mia ortodossia. Nella Chiesa c'è chi è incaricato di vigilare in questo campo (la Congregazione per la dottrina della fede); mi fido di loro perché so che procedono con grande rigore. Lascio pertanto a loro qualsiasi giudizio.
4. Con ciò non voglio sottrarmi a esprimere un parere sul merito della questione. Dirò innanzi tutto che occorre distinguere fra il dato di fede e l'elaborazione teologica: un conto sono i dogmi, un conto sono i tentativi di spiegare quei dogmi da parte dei teologi. Non possiamo mettere in discussione le verità rivelate, ma possiamo tranquillamente criticare le teorie teologiche.
5. A proposito della morte di Gesù, è di fede affermare che essa ha un valore redentivo, espiatorio e sacrificale: chi nega tali realtà è eretico. Su questo non ci piove. Il problema nasce quando ci chiediamo: che significa "redenzione"? che significa "espiazione"? che significa "sacrificio"? Sembra facile rispondere a queste domande, ma non lo è. Ecco dunque la necessità della riflessione teologica, che cerca di capire, spiegare, approfondire il dato rivelato. È ovvio che la teologia, ogni teologia, è debitrice del suo tempo, per cui si possono avere interpretazioni diverse, che talvolta possono destare qualche perplessità. Si tenga inoltre presente che il più delle volte certe espressioni che noi usiamo sono delle metafore, tratte da linguaggi diversi; e molto spesso, non rendendoci conto di questo, sovrapponiamo le immagini, creando una gran confusione. Per esempio, il termine "redenzione" è ripreso dal linguaggio giuridico-civile (la liberazione di un prigioniero o di un o schiavo), mentre "espiazione" e "sacrificio" sono ripresi dal linguaggio religioso-cultuale.
6. A proposito di REDENZIONE, dicevo che essa è sinonimo di "liberazione". E su questo sono tutti d'accordo; ma poi nascono i problemi. Alcuni dicono che è una liberazione dietro pagamento di un riscatto, altri dicono che non c'è stato alcun riscatto. E, tra quelli che ammettono il pagamento di un riscatto, sorge il problema: a chi è stato pagato il riscatto? A Dio o al diavolo? E notate che qui si dividono non solo i teologi, ma gli stessi Padri della Chiesa.
7. L'ESPIAZIONE mi sembra il concetto più problematico, perché dipendiamo ancora da una mentalità più pagana che cristiana. Secondo i pagani, gli dèi si adirano e la loro ira deve essere placata, solitamente attraverso un sacrificio. È vero che anche nella Bibbia di parla di "ira divina", ma sappiamo che si tratta di una metafora per esprimere la giustizia divina. In ogni caso, non corrispondo in alcun modo alla rivelazione neotestamentaria quelle spiegazioni del mistero della redenzione che vedono nella morte di Gesù il sacrificio con cui si placa l'ira di Dio, provocata dal peccato dell'uomo. Non è certamente il Dio rivelato da Gesù Cristo quello che placa la sua ira solo quando vede il sangue del suo Figlio.
8. Anche a proposito di SACRIFICIO le cose non vanno meglio. Per molti l'essenza del sacrificio sta nell'immolazione; ma se così fosse l'Eucaristia non sarebbe sacrificio. Ciò che costituisce il sacrificio è piuttosto l'offerta che si fa a Dio, che in qualche caso può avvenire anche senza versamento di sangue (come, per esempio, nel caso del "sacrificio" di Isacco).
9. Mons. Zollitsch ha parlato nella sua intervista di "solidarietà". Si tratta di un'altra metafora, una delle immagini oggi di moda, con cui si vogliono sostituire le immagini tradizionali. Personalmente ci andrei piano a fare certe sostituzioni: sono molto pericolose. Ma prendo atto che esse sono entrate nell'insegnamento ufficiale della Chiesa (si veda il n. 603 del Catechismo della Chiesa Cattolica).
10. Mons. Zollitsch ha certamente ragione a rifiutare per Gesù l'immagine del "capro espiatorio", che non viene mai utilizzata dal Nuovo Testamento in riferimento alla morte di Gesù. Per un semplice motivo: che il capro espiatorio non veniva sacrificato, ma inviato nel deserto.
11. Se vogliamo rimanere nell'ortodossia, rimaniamo fedeli a quanto dice il Catechismo (nn. 599-623). Ho notato che anche nel Catechismo c'è stata una certa evoluzione nel linguaggio usato (si faccia un confronto con ciò che diceva il Catechismo maggiore di San Pio X ai nn. 96-114), ma ho notato pure che cerca di rimanere il più possibile fedele al dato biblico, evitando di entrare in discussioni di carattere teologico. Ciò che conta è l'integrità della fede; il resto lasciamolo ai teologi.
1. Non sono solito dividere l'umanità fra buoni e cattivi. Chi ormai mi segue da un po' di tempo avrà capito che per me la realtà è un tantino più complessa di quanto spesso non si creda: non è mai in bianco e nero; ci sono infinite sfumature. Inoltre, non mi è mai piaciuto giudicare le persone per partito preso. Io non conosco Mons. Zollitsch, non so nulla di lui, e perciò preferisco sospendere qualsiasi giudizio.
2. Riguardo alle sue dichiarazioni, dico, innanzi tutto, che si tratta solo di un'intervista. Ben diverso sarebbe se si trattasse di un libro, o anche solo di un articolo scritto. Non è molto prudente giudicare delle affermazioni rilasciate oralmente: quando si parla è inevitabile che ci scappino delle imprecisioni. Anche il Papa, quando parla a braccio, può incorrere in qualche scivolone (e questo spiega il motivo per cui la Santa Sede era solita ritoccare le dichiarazioni a braccio dei Pontefici). Inoltre, l'intervista era in tedesco (lingua che non conosco) e i resoconti che ne sono stati fatti nelle altre lingue sono tutti parziali. Sappiamo come sia facile estrapolare una frase dal suo contesto, e far dire a una persona esattamente il contrario di quanto volesse effettivamente affermare.
3. Pertanto non mi associo in alcun modo al coro di critiche contro di lui. Appartenendo a un Ordine religioso, che è stato più volte in passato vittima di vere e proprie "cacce alle streghe"; non mi sento di dare il mio contributo a una campagna che potrebbe trasformarsi in qualcosa di simile. Non sono io che debbo preoccuparmi dell'ortodossia altrui (tanto meno dei Vescovi); è sufficiente che mi preoccupi della mia ortodossia. Nella Chiesa c'è chi è incaricato di vigilare in questo campo (la Congregazione per la dottrina della fede); mi fido di loro perché so che procedono con grande rigore. Lascio pertanto a loro qualsiasi giudizio.
4. Con ciò non voglio sottrarmi a esprimere un parere sul merito della questione. Dirò innanzi tutto che occorre distinguere fra il dato di fede e l'elaborazione teologica: un conto sono i dogmi, un conto sono i tentativi di spiegare quei dogmi da parte dei teologi. Non possiamo mettere in discussione le verità rivelate, ma possiamo tranquillamente criticare le teorie teologiche.
5. A proposito della morte di Gesù, è di fede affermare che essa ha un valore redentivo, espiatorio e sacrificale: chi nega tali realtà è eretico. Su questo non ci piove. Il problema nasce quando ci chiediamo: che significa "redenzione"? che significa "espiazione"? che significa "sacrificio"? Sembra facile rispondere a queste domande, ma non lo è. Ecco dunque la necessità della riflessione teologica, che cerca di capire, spiegare, approfondire il dato rivelato. È ovvio che la teologia, ogni teologia, è debitrice del suo tempo, per cui si possono avere interpretazioni diverse, che talvolta possono destare qualche perplessità. Si tenga inoltre presente che il più delle volte certe espressioni che noi usiamo sono delle metafore, tratte da linguaggi diversi; e molto spesso, non rendendoci conto di questo, sovrapponiamo le immagini, creando una gran confusione. Per esempio, il termine "redenzione" è ripreso dal linguaggio giuridico-civile (la liberazione di un prigioniero o di un o schiavo), mentre "espiazione" e "sacrificio" sono ripresi dal linguaggio religioso-cultuale.
6. A proposito di REDENZIONE, dicevo che essa è sinonimo di "liberazione". E su questo sono tutti d'accordo; ma poi nascono i problemi. Alcuni dicono che è una liberazione dietro pagamento di un riscatto, altri dicono che non c'è stato alcun riscatto. E, tra quelli che ammettono il pagamento di un riscatto, sorge il problema: a chi è stato pagato il riscatto? A Dio o al diavolo? E notate che qui si dividono non solo i teologi, ma gli stessi Padri della Chiesa.
7. L'ESPIAZIONE mi sembra il concetto più problematico, perché dipendiamo ancora da una mentalità più pagana che cristiana. Secondo i pagani, gli dèi si adirano e la loro ira deve essere placata, solitamente attraverso un sacrificio. È vero che anche nella Bibbia di parla di "ira divina", ma sappiamo che si tratta di una metafora per esprimere la giustizia divina. In ogni caso, non corrispondo in alcun modo alla rivelazione neotestamentaria quelle spiegazioni del mistero della redenzione che vedono nella morte di Gesù il sacrificio con cui si placa l'ira di Dio, provocata dal peccato dell'uomo. Non è certamente il Dio rivelato da Gesù Cristo quello che placa la sua ira solo quando vede il sangue del suo Figlio.
8. Anche a proposito di SACRIFICIO le cose non vanno meglio. Per molti l'essenza del sacrificio sta nell'immolazione; ma se così fosse l'Eucaristia non sarebbe sacrificio. Ciò che costituisce il sacrificio è piuttosto l'offerta che si fa a Dio, che in qualche caso può avvenire anche senza versamento di sangue (come, per esempio, nel caso del "sacrificio" di Isacco).
9. Mons. Zollitsch ha parlato nella sua intervista di "solidarietà". Si tratta di un'altra metafora, una delle immagini oggi di moda, con cui si vogliono sostituire le immagini tradizionali. Personalmente ci andrei piano a fare certe sostituzioni: sono molto pericolose. Ma prendo atto che esse sono entrate nell'insegnamento ufficiale della Chiesa (si veda il n. 603 del Catechismo della Chiesa Cattolica).
10. Mons. Zollitsch ha certamente ragione a rifiutare per Gesù l'immagine del "capro espiatorio", che non viene mai utilizzata dal Nuovo Testamento in riferimento alla morte di Gesù. Per un semplice motivo: che il capro espiatorio non veniva sacrificato, ma inviato nel deserto.
11. Se vogliamo rimanere nell'ortodossia, rimaniamo fedeli a quanto dice il Catechismo (nn. 599-623). Ho notato che anche nel Catechismo c'è stata una certa evoluzione nel linguaggio usato (si faccia un confronto con ciò che diceva il Catechismo maggiore di San Pio X ai nn. 96-114), ma ho notato pure che cerca di rimanere il più possibile fedele al dato biblico, evitando di entrare in discussioni di carattere teologico. Ciò che conta è l'integrità della fede; il resto lasciamolo ai teologi.