La liturgia di questa domenica potrebbe apparire un tantino incoerente, se non addirittura contraddittoria. Nella prima parte (la processione) commemoriamo l'ingresso trionfale di Gesú a Gerusalemme; nella seconda parte (la messa) rievochiamo la passione del Signore. All'entrata di Gesú nella Città Santa udiamo le folle acclamare: "Osanna!"; di fronte a Pilato, quelle stesse folle gridano: "Crucifige!".
Eppure c'è qualcosa che accomuna i due momenti. Quando Gesú entra in Gerusalemme le folle gridano: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!" (Gv 12:13). Quando Gesú compare davanti a Ponzio Pilato, questi gli chiede: "Sei tu il re dei Giudei?"; poi domanda alla folla: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?". I soldati, nel pretorio, salutano Gesú dicendo: "Salve, re dei Giudei!". L'iscrizione sulla croce recita: "Il re dei Giudei". I sommi sacerdoti e gli scribi, ai piedi della croce, si fanno beffe di lui: "Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce perché vediamo e crediamo" (Mc 15, passim). Al di là dell'apparente contrasto, Gesú si presenta a noi, nell'uno e nell'altro momento, come il Re.
Ed è proprio questa rivendicazione che provoca la sua morte. Gesú non viene ucciso perché era un rabbi; neppure perché era un profeta, come si direbbe oggi, un "profeta scomodo". Gesú viene ucciso perché le folle lo hanno riconosciuto come Re. Nel vangelo di Luca, l'ingresso di Gesú a Gerusalemme è immediatamente preceduto dalla parabola delle mine: "Non vogliamo che costui regni su di noi!" (Lc 19:14).
Non so se avete notato che nel vangelo (e nella storia) Cristo viene perseguitato sempre e solo quando rivela la sua regalità. A cominciare dalla sua nascita, quando giunsero alcuni magi da Oriente alla ricerca del re dei Giudei. Ciò è proseguito attraverso i secoli, fino ai nostri giorni, quando le piú feroci persecuzioni contro la Chiesa si sono avute proprio nel momento in cui questa rivendicava il diritto di Cristo a regnare nel mondo. La maggior parte dei martiri del XX secolo sono morti al grido di: "Viva Cristo Re!". Tutte le volte che gli uomini riconoscono in Gesú il loro Re, questi viene perseguitato e ucciso. È il mistero della regalità di Cristo, che non si realizza fra i trionfi del mondo, ma nell'ignominia della croce. "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12:32).
Eppure c'è qualcosa che accomuna i due momenti. Quando Gesú entra in Gerusalemme le folle gridano: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!" (Gv 12:13). Quando Gesú compare davanti a Ponzio Pilato, questi gli chiede: "Sei tu il re dei Giudei?"; poi domanda alla folla: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?". I soldati, nel pretorio, salutano Gesú dicendo: "Salve, re dei Giudei!". L'iscrizione sulla croce recita: "Il re dei Giudei". I sommi sacerdoti e gli scribi, ai piedi della croce, si fanno beffe di lui: "Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce perché vediamo e crediamo" (Mc 15, passim). Al di là dell'apparente contrasto, Gesú si presenta a noi, nell'uno e nell'altro momento, come il Re.
Ed è proprio questa rivendicazione che provoca la sua morte. Gesú non viene ucciso perché era un rabbi; neppure perché era un profeta, come si direbbe oggi, un "profeta scomodo". Gesú viene ucciso perché le folle lo hanno riconosciuto come Re. Nel vangelo di Luca, l'ingresso di Gesú a Gerusalemme è immediatamente preceduto dalla parabola delle mine: "Non vogliamo che costui regni su di noi!" (Lc 19:14).
Non so se avete notato che nel vangelo (e nella storia) Cristo viene perseguitato sempre e solo quando rivela la sua regalità. A cominciare dalla sua nascita, quando giunsero alcuni magi da Oriente alla ricerca del re dei Giudei. Ciò è proseguito attraverso i secoli, fino ai nostri giorni, quando le piú feroci persecuzioni contro la Chiesa si sono avute proprio nel momento in cui questa rivendicava il diritto di Cristo a regnare nel mondo. La maggior parte dei martiri del XX secolo sono morti al grido di: "Viva Cristo Re!". Tutte le volte che gli uomini riconoscono in Gesú il loro Re, questi viene perseguitato e ucciso. È il mistero della regalità di Cristo, che non si realizza fra i trionfi del mondo, ma nell'ignominia della croce. "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12:32).