L'altro giorno Caterina mi ha mandato una sua riflessione sul nuovo atteggiamento della Chiesa nei confronti di Israele. Non posso pubblicare per intero il suo interessantissimo studio, perché si tratta di un testo assai lungo (9 pagine). Cercherò di sunteggiarlo (sperando di non tradirne il senso), aggiungendo poi alcune considerazioni personali.
Caterina inizia la sua ricerca con un lungo excursus storico, che cerca di prendere in considerazione le questioni solitamente contestate alla Chiesa in questo campo.
1. L'atteggiamento della Chiesa nei confronti degli ebrei è sempre stato tollerante. L'ultima prova di questa affermazione la troviamo nel volume Pasque di sangue di Toaff (il motivo per cui, secondo Caterina, tale libro fu ritirato non è perché accusa degli ebrei di infanticidio, ma perché dimostra che la Chiesa non è mai stata antisemita).
2. Il ghetto di Roma nasce non perché imposto dal Papa, ma perché richiesto dagli ebrei, che vogliono in tal modo proteggere la loro identità, difendendosi da possibili contaminazioni da parte dei cristiani. In altri paesi (Spagna, Germania, Venezia) i ghetti nascono come alternativa all'espulsione.
3. La pratica dell'usura è da considerarsi come una conseguenza del divieto per gli ebrei di possedere latifondi. Tale divieto era volto a impedire loro di possedere schiavi cristiani. I Papi cercarono di regolare la pratica dell'usura stabilendo un tetto del 20%.
4. Nonostante le bestemmie contro la fede cristiana contenute nel Talmud, i Papi mai proibirono il ricorso a tale libro; al massimo ordinarono di censurare le parti blasfeme. Interessante quanto Innocenzo IV scriveva a Luigi IX re di Francia: "Noi, che secondo il mandato divino siamo tenuti a tollerare che essi osservino questa loro legge, ... non vogliamo privarli ingiustamente dei loro libri".
5. In Spagna le comunità ebraiche godevano di piena autonomia giudiziaria (praticamente, uno stato nello stato). Le violenze che scoppiarono in questo paese tra cristiani ed ebrei si spiegano con la consistenza numerica della comunità ebraica (100mila su una popolazione di 6 milioni di abitanti; i musulmani erano 300mila).
6. Per quanto riguarda il deicidio, il Catechismo del Concilio di Trento dice espressamente che la morte di Gesú fu assolutamente volontaria. La causa di quella morte sono i peccati degli uomini.
7. A proposito della questione dell'aggettivo "perfidi", è evidente che si tratta di un termine che ha cambiato significato col passare dei secoli. Esso veniva usato all'inizio per indicare che gli ebrei non avevano creduto in Cristo; successivamente esso ha assunto il significato attuale. Per questo motivo, prima Pio XII, sollecitato da Eugenio Zolli, spiegò il vero significato del termine; poi Giovanni XXIII abolí il termine dalla preghiera del Venerdí santo.
Dopo questa lunga premessa storica, Caterina formula la sua ipotesi per spiegare il cambio di atteggiamento della Chiesa nei confronti di Israele. Si tratterebbe di "un gioco di equilibrio causato e generato dall'apostasia dell'Europa nei confronti del cristianesimo e di Dio stesso e dall'apostasia di non pochi cristiani". In certo modo, la Chiesa è stata costretta a modificare la propria politica nei confronti di Israele dall'ateismo europeo.
Il problema sta nel modo in cui si concepisce e si attua il dialogo con gli ebrei. Oggi, rispetto al passato, esiste la falsa opinione pastorale secondo cui non sarebbe piú necessario predicare Cristo agli ebrei. Non è, questo, un problema che riguarda solo il dialogo con gli ebrei, ma con qualsiasi religione. L'incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma nel suo approfondimento; missione e dialogo non devono essere forme contrapposte, ma compenetrarsi a vicenda.
Fin qui Caterina. Ieri poi mi ha mandato il link al commento di un ebreo, Stefano Levi Della Torre, al documento della Pontificia Commissione per i rapporti con l'ebraismo del 1998 Noi ricordiamo. Si tratta di un articolo assai interessante, perché ci costringe a riflettere su certe prese di posizione molto di moda come la richiesta di scuse per le colpe passate della Chiesa verso gli ebrei.
Per quanto mi riguarda, devo dire che mi trovo in linea di massima d'accordo con Caterina. Non mi sento però di addentrarmi in questioni storiche, perché ritengo che sia necessaria una preparazione che non ho e un approfondimento che non ho la possibilità di fare. Non mi sembra corretto esprimere giudizi storici senza essermi prima adeguatamente documentato.
Parlando molto in generale, per quanto ne so, sono convinto che l'atteggiamento della Chiesa sia stato sempre assai tollerante. Sarebbe del tutto anacronistico accusare la Chiesa di antisemitismo. Antigiudaismo? Non saprei. Bisognerebbe forse precisare meglio il contenuto esatto di tale espressione. Va detto che una critica al giudaismo è presente nelle stesse Scritture, sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento: i profeti, Gesú, gli apostoli. Stefano Levi Della Torre nel succitato articolo fa notare che quelle critiche vengono dall'interno del giudaismo e perciò sono legittime (perché ispirate dall'amore); quelle successive dei cristiani, no. La cosa mi sembra alquanto discutibile. Il problema, secondo me, sta nel non aver ancora compreso il reale rapporto tra la Chiesa e l'antico Israele: la Chiesa è il nuovo Israele, non perché si tratti di una nuova realtà, nata dal nulla e contrapposta all'antico Israele (il quale continuerebbe ad essere l'unico, vero Israele). La Chiesa è il nuovo Israele in quanto è la continuazione dell'antico, il rinnovamento di esso, se vogliamo, la sua "riforma"; ma è lo stesso Israele, il vero Israele. Noi siamo la discendenza di Abramo, non gli ebrei. Non sono i cristiani, ma gli ebrei ad essersi staccati dal vero Israele. Se pertanto la Chiesa è il vero Israele, la critica al giudaismo può e deve continuare ad essere presente, perché è una critica interna e legittima. Il voler escludere qualsiasi tipo di critica al giudaismo significa snaturare il cristianesimo.
Quanto ai "mea culpa", dirò molto onestamente, che non mi sono mai andati giú. Non perché creda che la Chiesa non può sbagliare: basta vedere quanti sbagli fa oggi, per rendersi conto di quanto sia fallibile. E neppure perché penso, come di solito fanno i tradizionalisti, che solo oggi la Chiesa sbaglia, mentre nel passato era perfetta. Anzi, al contrario, proprio vedendo gli errori della Chiesa di oggi, sono portato a pensare che anche nel passato la Chiesa abbia potuto commettere errori piú o meno simili. Per esempio, considerando i silenzi della Chiesa odierna sulla tragedia palestinese, posso capire come la Chiesa del passato abbia potuto tacere sulla tragedia del popolo ebraico. Sono pienamente convinto che la Chiesa sia santa e allo stesso tempo sempre bisognosa di purificazione; come giustamente dice il Card. Biffi, la Sposa immacolata rivestita di stracci. Il motivo per cui non mi vanno i "mea culpa" è molto semplice: il comandamento evangelico di non giudicare non vale solo per i contemporanei, ma anche, e soprattutto, per i nostri fratelli del passato (che non hanno neppure la possibilità di difendersi). Chi siamo noi per ergerci a loro giudici? Se si sono comportati in un certo modo, avranno pure avuto le loro buone ragioni. Dobbiamo andarci piano a pensare che ormai noi abbiamo raggiunto la conoscenza assoluta del bene e del male. Non ci accorgiamo di essere un tantino presuntuosi? Un po' piú di cautela e umiltà non guasterebbe.
Riguardo all'ipotesi formulata da Caterina per spiegare il cambiamento di politica della Chiesa nei confronti dell'ebraismo (anzi, di Israele), confesso di non riuscire a coglierne il senso. Che significa che la Chiesa ha cambiato atteggiamento verso Israele a causa dell'ateismo e dell'apostasia all'interno della Chiesa? Che questi siano problemi reali, non lo metto in dubbio; che la Chiesa debba trovare delle strategie per affrontare la situazione, sono perfettamente d'accordo. Ma che questo debba comportare una modifica nell'atteggiamento verso Israele, sinceramente non vedo il nesso. Forse che la Chiesa debba trovare degli alleati nella sua lotta contro l'ateismo? E dovrebbe andare a cercarsi tali alleati in Israele? Ma se, a parte alcune frange fondamentaliste-fanatiche, in Israele sono tutti atei! Dovremmo chiedere la loro collaborazione per sconfiggere l'ateismo in Europa?
Se vogliamo vincere l'apostasia dell'Europa, abbiamo una sola soluzione: dobbiamo ricominciare ad annunciare il vangelo nella sua purezza. Vangelo significa la buona notizia di Gesú Cristo Figlio di Dio unico salvatore dell'umanità. Se il mondo sta diventando (o è già diventato) ateo, non sarà perché qualche volta i cristiani si vergognano di dire senza mezzi termini che al di fuori di Cristo non c'è salvezza? Quando ricominceremo a parlar chiaro, senza peli sulla lingua, di Gesú Cristo agli uomini d'oggi? Magari accusandoli (gli uomini d'oggi, non quelli di duemila anni fa) di averlo ucciso con i loro peccati...
Caterina inizia la sua ricerca con un lungo excursus storico, che cerca di prendere in considerazione le questioni solitamente contestate alla Chiesa in questo campo.
1. L'atteggiamento della Chiesa nei confronti degli ebrei è sempre stato tollerante. L'ultima prova di questa affermazione la troviamo nel volume Pasque di sangue di Toaff (il motivo per cui, secondo Caterina, tale libro fu ritirato non è perché accusa degli ebrei di infanticidio, ma perché dimostra che la Chiesa non è mai stata antisemita).
2. Il ghetto di Roma nasce non perché imposto dal Papa, ma perché richiesto dagli ebrei, che vogliono in tal modo proteggere la loro identità, difendendosi da possibili contaminazioni da parte dei cristiani. In altri paesi (Spagna, Germania, Venezia) i ghetti nascono come alternativa all'espulsione.
3. La pratica dell'usura è da considerarsi come una conseguenza del divieto per gli ebrei di possedere latifondi. Tale divieto era volto a impedire loro di possedere schiavi cristiani. I Papi cercarono di regolare la pratica dell'usura stabilendo un tetto del 20%.
4. Nonostante le bestemmie contro la fede cristiana contenute nel Talmud, i Papi mai proibirono il ricorso a tale libro; al massimo ordinarono di censurare le parti blasfeme. Interessante quanto Innocenzo IV scriveva a Luigi IX re di Francia: "Noi, che secondo il mandato divino siamo tenuti a tollerare che essi osservino questa loro legge, ... non vogliamo privarli ingiustamente dei loro libri".
5. In Spagna le comunità ebraiche godevano di piena autonomia giudiziaria (praticamente, uno stato nello stato). Le violenze che scoppiarono in questo paese tra cristiani ed ebrei si spiegano con la consistenza numerica della comunità ebraica (100mila su una popolazione di 6 milioni di abitanti; i musulmani erano 300mila).
6. Per quanto riguarda il deicidio, il Catechismo del Concilio di Trento dice espressamente che la morte di Gesú fu assolutamente volontaria. La causa di quella morte sono i peccati degli uomini.
7. A proposito della questione dell'aggettivo "perfidi", è evidente che si tratta di un termine che ha cambiato significato col passare dei secoli. Esso veniva usato all'inizio per indicare che gli ebrei non avevano creduto in Cristo; successivamente esso ha assunto il significato attuale. Per questo motivo, prima Pio XII, sollecitato da Eugenio Zolli, spiegò il vero significato del termine; poi Giovanni XXIII abolí il termine dalla preghiera del Venerdí santo.
Dopo questa lunga premessa storica, Caterina formula la sua ipotesi per spiegare il cambio di atteggiamento della Chiesa nei confronti di Israele. Si tratterebbe di "un gioco di equilibrio causato e generato dall'apostasia dell'Europa nei confronti del cristianesimo e di Dio stesso e dall'apostasia di non pochi cristiani". In certo modo, la Chiesa è stata costretta a modificare la propria politica nei confronti di Israele dall'ateismo europeo.
Il problema sta nel modo in cui si concepisce e si attua il dialogo con gli ebrei. Oggi, rispetto al passato, esiste la falsa opinione pastorale secondo cui non sarebbe piú necessario predicare Cristo agli ebrei. Non è, questo, un problema che riguarda solo il dialogo con gli ebrei, ma con qualsiasi religione. L'incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma nel suo approfondimento; missione e dialogo non devono essere forme contrapposte, ma compenetrarsi a vicenda.
Fin qui Caterina. Ieri poi mi ha mandato il link al commento di un ebreo, Stefano Levi Della Torre, al documento della Pontificia Commissione per i rapporti con l'ebraismo del 1998 Noi ricordiamo. Si tratta di un articolo assai interessante, perché ci costringe a riflettere su certe prese di posizione molto di moda come la richiesta di scuse per le colpe passate della Chiesa verso gli ebrei.
Per quanto mi riguarda, devo dire che mi trovo in linea di massima d'accordo con Caterina. Non mi sento però di addentrarmi in questioni storiche, perché ritengo che sia necessaria una preparazione che non ho e un approfondimento che non ho la possibilità di fare. Non mi sembra corretto esprimere giudizi storici senza essermi prima adeguatamente documentato.
Parlando molto in generale, per quanto ne so, sono convinto che l'atteggiamento della Chiesa sia stato sempre assai tollerante. Sarebbe del tutto anacronistico accusare la Chiesa di antisemitismo. Antigiudaismo? Non saprei. Bisognerebbe forse precisare meglio il contenuto esatto di tale espressione. Va detto che una critica al giudaismo è presente nelle stesse Scritture, sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento: i profeti, Gesú, gli apostoli. Stefano Levi Della Torre nel succitato articolo fa notare che quelle critiche vengono dall'interno del giudaismo e perciò sono legittime (perché ispirate dall'amore); quelle successive dei cristiani, no. La cosa mi sembra alquanto discutibile. Il problema, secondo me, sta nel non aver ancora compreso il reale rapporto tra la Chiesa e l'antico Israele: la Chiesa è il nuovo Israele, non perché si tratti di una nuova realtà, nata dal nulla e contrapposta all'antico Israele (il quale continuerebbe ad essere l'unico, vero Israele). La Chiesa è il nuovo Israele in quanto è la continuazione dell'antico, il rinnovamento di esso, se vogliamo, la sua "riforma"; ma è lo stesso Israele, il vero Israele. Noi siamo la discendenza di Abramo, non gli ebrei. Non sono i cristiani, ma gli ebrei ad essersi staccati dal vero Israele. Se pertanto la Chiesa è il vero Israele, la critica al giudaismo può e deve continuare ad essere presente, perché è una critica interna e legittima. Il voler escludere qualsiasi tipo di critica al giudaismo significa snaturare il cristianesimo.
Quanto ai "mea culpa", dirò molto onestamente, che non mi sono mai andati giú. Non perché creda che la Chiesa non può sbagliare: basta vedere quanti sbagli fa oggi, per rendersi conto di quanto sia fallibile. E neppure perché penso, come di solito fanno i tradizionalisti, che solo oggi la Chiesa sbaglia, mentre nel passato era perfetta. Anzi, al contrario, proprio vedendo gli errori della Chiesa di oggi, sono portato a pensare che anche nel passato la Chiesa abbia potuto commettere errori piú o meno simili. Per esempio, considerando i silenzi della Chiesa odierna sulla tragedia palestinese, posso capire come la Chiesa del passato abbia potuto tacere sulla tragedia del popolo ebraico. Sono pienamente convinto che la Chiesa sia santa e allo stesso tempo sempre bisognosa di purificazione; come giustamente dice il Card. Biffi, la Sposa immacolata rivestita di stracci. Il motivo per cui non mi vanno i "mea culpa" è molto semplice: il comandamento evangelico di non giudicare non vale solo per i contemporanei, ma anche, e soprattutto, per i nostri fratelli del passato (che non hanno neppure la possibilità di difendersi). Chi siamo noi per ergerci a loro giudici? Se si sono comportati in un certo modo, avranno pure avuto le loro buone ragioni. Dobbiamo andarci piano a pensare che ormai noi abbiamo raggiunto la conoscenza assoluta del bene e del male. Non ci accorgiamo di essere un tantino presuntuosi? Un po' piú di cautela e umiltà non guasterebbe.
Riguardo all'ipotesi formulata da Caterina per spiegare il cambiamento di politica della Chiesa nei confronti dell'ebraismo (anzi, di Israele), confesso di non riuscire a coglierne il senso. Che significa che la Chiesa ha cambiato atteggiamento verso Israele a causa dell'ateismo e dell'apostasia all'interno della Chiesa? Che questi siano problemi reali, non lo metto in dubbio; che la Chiesa debba trovare delle strategie per affrontare la situazione, sono perfettamente d'accordo. Ma che questo debba comportare una modifica nell'atteggiamento verso Israele, sinceramente non vedo il nesso. Forse che la Chiesa debba trovare degli alleati nella sua lotta contro l'ateismo? E dovrebbe andare a cercarsi tali alleati in Israele? Ma se, a parte alcune frange fondamentaliste-fanatiche, in Israele sono tutti atei! Dovremmo chiedere la loro collaborazione per sconfiggere l'ateismo in Europa?
Se vogliamo vincere l'apostasia dell'Europa, abbiamo una sola soluzione: dobbiamo ricominciare ad annunciare il vangelo nella sua purezza. Vangelo significa la buona notizia di Gesú Cristo Figlio di Dio unico salvatore dell'umanità. Se il mondo sta diventando (o è già diventato) ateo, non sarà perché qualche volta i cristiani si vergognano di dire senza mezzi termini che al di fuori di Cristo non c'è salvezza? Quando ricominceremo a parlar chiaro, senza peli sulla lingua, di Gesú Cristo agli uomini d'oggi? Magari accusandoli (gli uomini d'oggi, non quelli di duemila anni fa) di averlo ucciso con i loro peccati...