Ieri, dopo aver pubblicato il mio post per i due mesi del blog, ho ricevuto un messaggio di augurio da Myriam (fra i "Sostenitori" di questo blog). Insieme agli auguri, mi ha comunicato anche la segnalazione sul suo blog, grazie al quale ho potuto scoprire che si tratta di una ex-neocatecumenale, che, dopo aver lasciato il Cammino, sta ora svolgendo, insieme con altri ex, un'opera di "chiarificazione" a proposito di quel movimento.
Conosco poco il Cammino Neocatecumenale; ho avuto qualche contatto diretto quando ero a Firenze (in certe occasioni venivo chiamato ad ascoltare le confessioni dei membri delle comunità della nostra parrocchia), e alcuni contatti indiretti attraverso i confratelli impegnati in quel Cammino, specialmente in Italia meridionale.
Non mi sono mai permesso di esprimere un giudizio su tale realtà, come del resto su altri movimenti ecclesiali, semplicemente per mancanza di conoscenza e di esperienza diretta. Dirò solo due cose.
La prima: tutte le volte che sono entrato in contatto con i movimenti non mi sono mai sentito completamente a mio agio. Io provengo da un'esperienza ecclesiale molto piú prosaica: parrocchia, chierichetto, membro del gruppo giovanile/coro parrocchiale, catechista, entrato poi in un ordine religioso tradizionale in un momento un po' agitato (anni Settanta, quando iniziava la crisi delle vocazioni, in piena contestazione), successivamente impegnato in attività pastorali ordinarie (parrocchia e, soprattutto, scuola). L'unica esperienza un po' diversa (che ha qualche aspetto in comune con i movimenti, ma per altri aspetti è molto piú simile alle attività tradizionali) è stata lo scoutismo (fra gli Scouts d'Europa). Ebbene, per me che ho sempre vissuto in questa realtà molto ordinaria (potrei chiamarla la mia "piccola via", si parva licet componere magnis), l'esperienza dei movimenti ha sempre avuto qualcosa di "estraneo". In certi casi, devo riconoscere anche un certo influsso positivo sulla mia formazione (come nel caso degli anni bolognesi, quando, sia nella parrocchia sia all'università, seguivo molto le iniziative di Comunione e liberazione). Ma non mi sono mai sentito a casa mia. Quel che mi ha sempre dato un po' noia è stato il "culto del capo", si chiamasse don Giussani, Chiara o Kiko. Per me che sono cresciuto in un'atmosfera di grande libertà (nella mia famiglia prima e poi nella mia Congregazione) era impossibile accettare di dover iscrivermi a un "partito" e dover sottomettermi a un "pensiero unico", qualunque esso fosse. A me è sempre piaciuto cercare ovunque raggi di verità e poi sforzarmi di integrarli in una mia sintesi personale.
Allo stesso tempo però — e questa è la mia seconda osservazione — ho sempre nutrito una grande simpatia (e forse talvolta anche un pizzico di invidia) per i movimenti. Li ho sempre considerati come un dono di Dio alla Chiesa, che va accolto con prudenza, discernimento, ma anche con gratitudine. Non ho mai accettato il rifiuto di essi da parte di parrocchie e diocesi. Ho invece ammirato molto l'atteggiamento di Giovanni Paolo II, che mostrò sempre grande apertura verso queste nuove realtà. Voglio riportare quanto dicevo dieci anni fa ai miei confratelli in un intervento per altro molto apprezzato (ma che mi aveva attirato qualche rimbrotto per le critiche che vi facevo al Concilio):
«Per quanto riguarda la Chiesa, ci limiteremo a constatare che le grandi attese suscitate dal Concilio sono rimaste in gran parte frustrate: si era parlato di una “nuova pentecoste”, e abbiamo avuto la secolarizzazione; si sperava in un riavvicinamento fra Chiesa e mondo, e mai come ora sentiamo queste due realtà distanti fra loro; si pensava a un nuovo slancio missionario, e mai come adesso vediamo la Chiesa ripiegata su sé stessa; si attendeva un ringiovanimento della Chiesa, e mai come ai nostri giorni la vediamo popolata soprattutto da persone anziane. Si pensava che fossero sufficienti alcune riforme strutturali per rinnovare il volto della Chiesa: il lifting è stato fatto, ma il volto della Chiesa continua a essere segnato dalle rughe. C’è stata la riforma liturgica, e ci ritroviamo le chiese vuote; ci si è dedicati a un immane sforzo di catechesi, e mai come oggi è diffusa l’ignoranza religiosa; ci si è fatti un’overdose di pastorale giovanile, e i giovani hanno abbandonato gli oratori per affollare le discoteche; sono stati istituiti gli organismi di partecipazione, e quelli che dovevano essere uno strumento di comunione si sono rivelati un ulteriore motivo di burocratizzazione della Chiesa; si sono “aperti” i seminari, e si sono svuotati. Le uniche vere novità dei nostri giorni sono costituite da fenomeni in nessun modo programmati o previsti dal Concilio: l’inatteso ritorno del martirio, la stupefacente fioritura dei movimenti ecclesiali, l’incredibile richiamo esercitato a tutti i livelli da Padre Pio, la sorprendente moltiplicazione delle apparizioni mariane e — perché no? — la straordinaria diffusione di Radio Maria e l’eccezionale proliferazione di siti cattolici in Internet».
Devo però aggiungere a questo punto che non solo il Concilio, ma anche i movimenti e altre nuove realtà, che negli anni passati avevano suscitato in me tante attese, stanno a poco a poco rivelandosi alquanto deludenti. I movimenti: Comunione e liberazione sembra si sia trasformata in una grande holding unicamente preoccupata di occupare il potere; il Cammino Neocatecumenale, apprendo ora da Myriam, sembra essere diventato un pericolo per la fede cattolica. Nuove esperienze di vita religiosa. Negli anni dei miei studi teologici c'erano soprattutto due istituti religiosi che andavano a gonfie vele (al contrario di noi poveri disastrati): gli Oblati di Maria Vergine (quelli di Fratel Gino) e i Legionari di Cristo. Che ne è di loro? Meglio stendere un pietoso velo.
Per cui mi trovo a dover rivalutare la mia "piccola via", fatta di parrocchia, vita religiosa un po' sbracata, attività pastorali molto tradizionali. Fatta pure di quel poco o tanto di Concilio, accettato non dico controvoglia (perché ci abbiamo creduto, e continuiamo a crederci), ma certo senza grandi entusiasmi e soprattutto per obbedienza alla Chiesa.
Allora, tutto il resto da buttar via? No, non credo proprio. Dobbiamo saper cogliere l'azione di Dio al di là dei limiti umani. Tutte queste esperienze un po' straordinarie che abbiamo vissuto in questi anni non sono semplicemente un imbroglio (è ovvio che se ci sono delle storture, vanno denunciate); esse sono delle esperienze cristiane con aspetti positivi e negativi. Giustamente, qualcuno dei Legionari di Cristo dice: Padre Maciel avrà pure avuto una doppia vita, ma rimane il nostro fondatore; è grazie a lui che noi siamo qui; Dio si serve anche di strumenti imperfetti per realizzare i suoi disegni. Un buon numero delle nostre vocazioni (di noi Barnabiti, intendo) proviene oggi dal Cammino Neocatecumenale: osservo che una volta entrati, a poco a poco maturano la loro vocazione e si rendono poi sempre piú autonomi dal movimento che li ha generati, pur rimanendogli grati per aver permesso il fiorire della loro vocazione. Credo che sia un atteggiamento molto giusto, da seguire. Anche all'origine dei nostri Ordini religiosi ci sono esperienze talvolta un tantino ambigue; l'intervento della Chiesa ha permesso di valorizzare ciò che proveniva dallo Spirito, lasciando cadere (qualche volta forse con una certa asprezza) ciò che era puramente umano. Come dice san Paolo: "Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono"(1 Ts 5:19-21).
Conosco poco il Cammino Neocatecumenale; ho avuto qualche contatto diretto quando ero a Firenze (in certe occasioni venivo chiamato ad ascoltare le confessioni dei membri delle comunità della nostra parrocchia), e alcuni contatti indiretti attraverso i confratelli impegnati in quel Cammino, specialmente in Italia meridionale.
Non mi sono mai permesso di esprimere un giudizio su tale realtà, come del resto su altri movimenti ecclesiali, semplicemente per mancanza di conoscenza e di esperienza diretta. Dirò solo due cose.
La prima: tutte le volte che sono entrato in contatto con i movimenti non mi sono mai sentito completamente a mio agio. Io provengo da un'esperienza ecclesiale molto piú prosaica: parrocchia, chierichetto, membro del gruppo giovanile/coro parrocchiale, catechista, entrato poi in un ordine religioso tradizionale in un momento un po' agitato (anni Settanta, quando iniziava la crisi delle vocazioni, in piena contestazione), successivamente impegnato in attività pastorali ordinarie (parrocchia e, soprattutto, scuola). L'unica esperienza un po' diversa (che ha qualche aspetto in comune con i movimenti, ma per altri aspetti è molto piú simile alle attività tradizionali) è stata lo scoutismo (fra gli Scouts d'Europa). Ebbene, per me che ho sempre vissuto in questa realtà molto ordinaria (potrei chiamarla la mia "piccola via", si parva licet componere magnis), l'esperienza dei movimenti ha sempre avuto qualcosa di "estraneo". In certi casi, devo riconoscere anche un certo influsso positivo sulla mia formazione (come nel caso degli anni bolognesi, quando, sia nella parrocchia sia all'università, seguivo molto le iniziative di Comunione e liberazione). Ma non mi sono mai sentito a casa mia. Quel che mi ha sempre dato un po' noia è stato il "culto del capo", si chiamasse don Giussani, Chiara o Kiko. Per me che sono cresciuto in un'atmosfera di grande libertà (nella mia famiglia prima e poi nella mia Congregazione) era impossibile accettare di dover iscrivermi a un "partito" e dover sottomettermi a un "pensiero unico", qualunque esso fosse. A me è sempre piaciuto cercare ovunque raggi di verità e poi sforzarmi di integrarli in una mia sintesi personale.
Allo stesso tempo però — e questa è la mia seconda osservazione — ho sempre nutrito una grande simpatia (e forse talvolta anche un pizzico di invidia) per i movimenti. Li ho sempre considerati come un dono di Dio alla Chiesa, che va accolto con prudenza, discernimento, ma anche con gratitudine. Non ho mai accettato il rifiuto di essi da parte di parrocchie e diocesi. Ho invece ammirato molto l'atteggiamento di Giovanni Paolo II, che mostrò sempre grande apertura verso queste nuove realtà. Voglio riportare quanto dicevo dieci anni fa ai miei confratelli in un intervento per altro molto apprezzato (ma che mi aveva attirato qualche rimbrotto per le critiche che vi facevo al Concilio):
«Per quanto riguarda la Chiesa, ci limiteremo a constatare che le grandi attese suscitate dal Concilio sono rimaste in gran parte frustrate: si era parlato di una “nuova pentecoste”, e abbiamo avuto la secolarizzazione; si sperava in un riavvicinamento fra Chiesa e mondo, e mai come ora sentiamo queste due realtà distanti fra loro; si pensava a un nuovo slancio missionario, e mai come adesso vediamo la Chiesa ripiegata su sé stessa; si attendeva un ringiovanimento della Chiesa, e mai come ai nostri giorni la vediamo popolata soprattutto da persone anziane. Si pensava che fossero sufficienti alcune riforme strutturali per rinnovare il volto della Chiesa: il lifting è stato fatto, ma il volto della Chiesa continua a essere segnato dalle rughe. C’è stata la riforma liturgica, e ci ritroviamo le chiese vuote; ci si è dedicati a un immane sforzo di catechesi, e mai come oggi è diffusa l’ignoranza religiosa; ci si è fatti un’overdose di pastorale giovanile, e i giovani hanno abbandonato gli oratori per affollare le discoteche; sono stati istituiti gli organismi di partecipazione, e quelli che dovevano essere uno strumento di comunione si sono rivelati un ulteriore motivo di burocratizzazione della Chiesa; si sono “aperti” i seminari, e si sono svuotati. Le uniche vere novità dei nostri giorni sono costituite da fenomeni in nessun modo programmati o previsti dal Concilio: l’inatteso ritorno del martirio, la stupefacente fioritura dei movimenti ecclesiali, l’incredibile richiamo esercitato a tutti i livelli da Padre Pio, la sorprendente moltiplicazione delle apparizioni mariane e — perché no? — la straordinaria diffusione di Radio Maria e l’eccezionale proliferazione di siti cattolici in Internet».
Devo però aggiungere a questo punto che non solo il Concilio, ma anche i movimenti e altre nuove realtà, che negli anni passati avevano suscitato in me tante attese, stanno a poco a poco rivelandosi alquanto deludenti. I movimenti: Comunione e liberazione sembra si sia trasformata in una grande holding unicamente preoccupata di occupare il potere; il Cammino Neocatecumenale, apprendo ora da Myriam, sembra essere diventato un pericolo per la fede cattolica. Nuove esperienze di vita religiosa. Negli anni dei miei studi teologici c'erano soprattutto due istituti religiosi che andavano a gonfie vele (al contrario di noi poveri disastrati): gli Oblati di Maria Vergine (quelli di Fratel Gino) e i Legionari di Cristo. Che ne è di loro? Meglio stendere un pietoso velo.
Per cui mi trovo a dover rivalutare la mia "piccola via", fatta di parrocchia, vita religiosa un po' sbracata, attività pastorali molto tradizionali. Fatta pure di quel poco o tanto di Concilio, accettato non dico controvoglia (perché ci abbiamo creduto, e continuiamo a crederci), ma certo senza grandi entusiasmi e soprattutto per obbedienza alla Chiesa.
Allora, tutto il resto da buttar via? No, non credo proprio. Dobbiamo saper cogliere l'azione di Dio al di là dei limiti umani. Tutte queste esperienze un po' straordinarie che abbiamo vissuto in questi anni non sono semplicemente un imbroglio (è ovvio che se ci sono delle storture, vanno denunciate); esse sono delle esperienze cristiane con aspetti positivi e negativi. Giustamente, qualcuno dei Legionari di Cristo dice: Padre Maciel avrà pure avuto una doppia vita, ma rimane il nostro fondatore; è grazie a lui che noi siamo qui; Dio si serve anche di strumenti imperfetti per realizzare i suoi disegni. Un buon numero delle nostre vocazioni (di noi Barnabiti, intendo) proviene oggi dal Cammino Neocatecumenale: osservo che una volta entrati, a poco a poco maturano la loro vocazione e si rendono poi sempre piú autonomi dal movimento che li ha generati, pur rimanendogli grati per aver permesso il fiorire della loro vocazione. Credo che sia un atteggiamento molto giusto, da seguire. Anche all'origine dei nostri Ordini religiosi ci sono esperienze talvolta un tantino ambigue; l'intervento della Chiesa ha permesso di valorizzare ciò che proveniva dallo Spirito, lasciando cadere (qualche volta forse con una certa asprezza) ciò che era puramente umano. Come dice san Paolo: "Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono"(1 Ts 5:19-21).