domenica 15 marzo 2009

III domenica di Quaresima ("Oculi mei")

Ci sarebbero tanti temi da trattare. I lettori mi hanno inviato diverse segnalazioni, tutte meritevoli di attenzione (e di questo li ringrazio vivamente). Ma oggi è domenica; non voglio occuparmi di "politica". Tutta l'attenzione deve essere concentrata su di Lui; altrimenti le nostre parole sono destinate a trasformarsi in semplici "chiacchiere". Se i nostri sguardi non sono fissi su Colui per il quale viviamo, lavoriamo, parliamo e... scriviamo, qualsiasi cosa facciamo perde ogni senso. "Oculi mei semper ad Dominum", dice l'antifona d'ingresso di questa domenica (Sal 24/25:15). E un altro Salmo: "Guardate a lui e sarete raggianti" (33/34:6).


"Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato! ... Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2:16.19)

Il vangelo odierno può essere letto su diversi livelli.

1. Lettura moralistica. L'interpretazione piú diffusa, a dire il vero piuttosto superficiale, si ferma a quel che Gesú fece: cacciò i venditori dal tempio. Certamente un gesto importante, profetico, che manifesta lo zelo di Gesú per la casa del Padre. Quante volte desidereremmo anche noi avere un profeta altrettanto coraggioso che faccia un po' di pulizia nella società e nella stessa Chiesa! Ricordo che quando ero giovane c'era qualcuno che si basava su questo testo per giustificare la lotta armata contro l'oppressione. Se non proprio una rivoluzione violenta, almeno un movimento di opposizione pacifica alle ingiustizie e alla corruzione presenti nel mondo e nella comunità ecclesiale non dispiacerebbe a nessuno. Ma non è certo questa l'interpretazione che ci suggerisce la liturgia odierna.

2. Lettura soteriologica. Il motivo per cui leggiamo oggi questo passo evangelico è spiegato nell'Ordinamento delle letture della Messa: "Per l'anno B [nelle domeniche di Quaresima sono riportati] dei testi di Giovanni sulla futura glorificazione di Cristo attraverso la croce e la risurrezione" (n. 97). Quando Gesú dice: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere", come ci fa notare l'evangelista, "parlava del tempio del suo corpo". Con quelle parole Gesú predice la sua morte e risurrezione; esse sono un riferimento al mistero pasquale.

3. Lettura cristologica-ecclesiologica. Ma non possiamo neppure fermarci a tale interpretazione. Non è un caso che Gesú, per parlare di sé stesso, faccia ricorso all'immagine del tempio. In questo brano c'è una forte contrapposizione fra due templi: il vecchio tempio, quello materiale di Gerusalemme, tanto importante per i Giudei, e il nuovo tempio, che è Gesú stesso. Il tempio era per i Giudei il luogo dell'incontro con Dio; ora questo incontro è possibile solo nel nuovo tempio, in Gesú. Se cosí è, non c'è piú alcun bisogno del vecchio tempio; esso è diventato superfluo, è stato rimpiazzato, può essere anche distrutto (come di fatto avvenne pochi anni dopo, nel 70 d.C., per opera dei romani). Ecco dunque che quelle prime parole: "Portate via di qui queste cose" (= gli animali necessari per i sacrifici), assumono un significato assai piú profondo. Non c'è piú bisogno degli antichi sacrifici: se ne può fare a meno, perché ormai abbiamo un nuovo tempio e un nuovo sacrificio. Siccome il nuovo tempio è il corpo di Cristo, e noi sappiamo che il corpo di Cristo è la sua Chiesa, ecco che la Chiesa, Corpo di Cristo, è il nuovo tempio di Dio, che sostituisce quello gerosolimitano. Il nuovo Israele subentra all'antico.