«Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui».
Leggendo la seconda lettura odierna si potrebbe concludere che, secondo l'apostolo Giovanni, l'umanità può essere divisa in due gruppi: noi (i "figli di Dio", tali perché abbiamo conosciuto Dio) e il "mondo" (che non ci conosce, perché non ha conosciuto Dio). Sembrerebbe che il Vangelo (scritto dallo stesso apostolo) confermi tale interpretazione:
«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, cosí come il Padre conosce me e io conosco il Padre».
Ritroviamo lo stesso verbo "conoscere", che non si riferisce a una semplice conoscenza superficiale, ma a qualcosa di piú profondo: una "sintonia" istintiva, una affinità naturale, che permette un immediato riconoscimento. Dunque, fra gli uomini, ci sono alcuni che appartengono a Cristo, riconoscono immediatamente in lui il loro pastore, ascoltano la sua voce e lo seguono. Essi costituiscono il suo gregge (la Chiesa). E gli altri? Si direbbe che gli altri uomini non appartengano a lui, ma ad altri pastori; facciano legittimamente parte di altri greggi e seguano giustamente i loro rispettivi pastori per trovare pascolo. Ma ciò è assolutamente contro la dichiarazione di Pietro nella prima lettura:
«Questo Gesú è la pietra che è stata scartata da voi costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Tali parole sono estremamente chiare; non c'è alcuna possibilità di fraintendimento: "In NESSUN ALTRO c'è salvezza". Se leggiamo con attenzione il Vangelo, ci accorgeremmo che esso conferma tale prospettiva: non ci sono tanti pastori; Gesú non è un pastore, ma il pastore, il buon pastore, il vero, l'unico pastore. E gli altri? Gli altri sono mercenari. I mercenari non sono pastori; a loro le pecore non appartengono; a loro non importa delle pecore.
Eppure, non possiamo ignorare quanto dice Giovanni nella sua prima lettera; non possiamo ignorare che esiste un "mondo" che ha odiato Cristo prima e ora odia i cristiani; non possiamo ignorare che non tutti gli uomini conoscono Cristo e appartengono al suo gregge, alla sua Chiesa. E neppure Gesú lo ignora:
«E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare».
Dunque, è vero: ci sono altre pecore, che non appartengono a questo ovile, alla Chiesa. Ma... "anche quelle io devo guidare". Non appartengono a questo ovile, ma appartengono a me.
«Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore».
Attualmente, non ascoltano la mia voce; ma verrà un giorno in cui l'ascolteranno. Attualmente, non fanno parte del gregge; costituiscono tanti greggi diversi, che seguono i loro pseudo-pastori (= mercenari). Ma verrà un giorno in cui ci sarà UN SOLO GREGGE, perché c'è UN SOLO PASTORE.
Leggendo la seconda lettura odierna si potrebbe concludere che, secondo l'apostolo Giovanni, l'umanità può essere divisa in due gruppi: noi (i "figli di Dio", tali perché abbiamo conosciuto Dio) e il "mondo" (che non ci conosce, perché non ha conosciuto Dio). Sembrerebbe che il Vangelo (scritto dallo stesso apostolo) confermi tale interpretazione:
«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, cosí come il Padre conosce me e io conosco il Padre».
Ritroviamo lo stesso verbo "conoscere", che non si riferisce a una semplice conoscenza superficiale, ma a qualcosa di piú profondo: una "sintonia" istintiva, una affinità naturale, che permette un immediato riconoscimento. Dunque, fra gli uomini, ci sono alcuni che appartengono a Cristo, riconoscono immediatamente in lui il loro pastore, ascoltano la sua voce e lo seguono. Essi costituiscono il suo gregge (la Chiesa). E gli altri? Si direbbe che gli altri uomini non appartengano a lui, ma ad altri pastori; facciano legittimamente parte di altri greggi e seguano giustamente i loro rispettivi pastori per trovare pascolo. Ma ciò è assolutamente contro la dichiarazione di Pietro nella prima lettura:
«Questo Gesú è la pietra che è stata scartata da voi costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Tali parole sono estremamente chiare; non c'è alcuna possibilità di fraintendimento: "In NESSUN ALTRO c'è salvezza". Se leggiamo con attenzione il Vangelo, ci accorgeremmo che esso conferma tale prospettiva: non ci sono tanti pastori; Gesú non è un pastore, ma il pastore, il buon pastore, il vero, l'unico pastore. E gli altri? Gli altri sono mercenari. I mercenari non sono pastori; a loro le pecore non appartengono; a loro non importa delle pecore.
Eppure, non possiamo ignorare quanto dice Giovanni nella sua prima lettera; non possiamo ignorare che esiste un "mondo" che ha odiato Cristo prima e ora odia i cristiani; non possiamo ignorare che non tutti gli uomini conoscono Cristo e appartengono al suo gregge, alla sua Chiesa. E neppure Gesú lo ignora:
«E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare».
Dunque, è vero: ci sono altre pecore, che non appartengono a questo ovile, alla Chiesa. Ma... "anche quelle io devo guidare". Non appartengono a questo ovile, ma appartengono a me.
«Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore».
Attualmente, non ascoltano la mia voce; ma verrà un giorno in cui l'ascolteranno. Attualmente, non fanno parte del gregge; costituiscono tanti greggi diversi, che seguono i loro pseudo-pastori (= mercenari). Ma verrà un giorno in cui ci sarà UN SOLO GREGGE, perché c'è UN SOLO PASTORE.