Ieri Sandro Magister ha pubblicato sul sito www.chiesa un articolo dal titolo Mine vaganti. In Africa il preservativo, in Brasile l'aborto. Dopo aver riferito dell'ormai arcinota questione del profilattico, Magister si sofferma su un'altra questione, che rischia di essere ancor piú dannosa per la Chiesa: la questione della bambina brasiliana di nove anni costretta ad abortire due gemelli dopo essere stata ripetutamente violentata dal patrigno. Come ricorderete l'Arcivescovo di Olinda e Recife (la diocesi dove è avvenuto l'aborto), Dom José Cardoso Sobrinho, aveva richiamato la vigente legge ecclesiastica in materia d'aborto (il can. 1398, che prevede la scomunica latæ sententiæ per chi procura l'aborto ottenendone l'effetto), precisando che, nella fattispecie, la scomunica riguardava i medici e non la bambina. Alcuni giorni dopo, su L'Osservatore Romano, appariva un duro articolo dal titolo Dalla parte della bambina brasiliana, firmato dall'Arcivesco Rino Fisichella, Presidente della Pontifica Accademia per la vita, che praticamente sconfessava l'operato dell'Arcivescovo di Olinda e Recife. Il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, sul sito dell'Arcidiocesi brasiliana, venivano diffuse alcune "Chiarificazioni", sottoscritte dal Vicario generale, dal Cancelliere, dal Rettore del seminario e dall'Avvocato dell'Arcidiocesi, oltre che dal Parroco di Alagoinha (in un'altra diocesi), luogo di origine della bambina. Con tali "Chiarificazioni" si respingevano veementemente le critiche vaticane.
Beh, se devo essere sincero, trovo tutta la questione particolarmente inquietante. Un altro scivolone. Per fortuna, in questo caso non vi è coinvolto il Santo Padre; ma in ogni caso, L'Osservatore Romano non è un bolletino parrocchiale e la Pontifica Accademia della vita è un organismo della Curia Romana: non è molto edificante assistere a una diatriba fra un'Arcidiocesi e la Santa Sede. Non voglio entrare nel merito della questione (anche perché riconosco che si tratta di una questione assai complessa e delicata, e non ho alcuna competenza in materia); voglio solo soffermarmi sulla forma, sulla procedura che è stata seguita. Ebbene, secondo me, certe cose non dovrebbero proprio succedere. Come è possibile che dal giornale della Santa Sede partano strali contro un Arcivescovo, senza che neppure si sia tentato di contattarlo per un chiarimento? Bene han fatto i collaboratori di quell'Arcivescovo (si noti la classe: non lui direttamente!) a rintuzzare l'attacco: "L'autore si è arrogato il diritto di parlare di ciò che non conosceva, senza fare lo sforzo di conversare previamente in modo fraterno ed evangelico con l'Arcivescovo, e per questo atto imprudente sta causando una grande confusione tra i fedeli cattolici del Brasile. Invece di consultare il suo fratello nell'episcopato, ha preferito dar credito alla nostra stampa molto spesso anticlericale". Mons. Fisichella aveva accusato Dom José di precipitazione; a quanto pare, l'unico ad essere stato precipitoso è stato proprio il Presidente dell'Accademia della vita.
In simili situazioni, bisogna essere molto cauti. Ci sono dei criteri generali che non possono essere "sbrigativamente" disattesi.
1. In linea di massima, bisogna dare credito a coloro che sono direttamente coinvolti in una vicenda. Il "principio di sussidiarietà" proibisce all'autorità superiore di interferire nelle decisioni dell'autorità inferiore, se non ci sono motivi sufficienti per farlo. La ragione è semplice: solo chi è sul posto conosce bene la situazione e quindi sa come è meglio comportarsi in quelle determinate circostanze. Certo, può sbagliare (come tutti, del resto), ma gli va data fiducia.
2. In qualsiasi cosa esiste una procedura che deve essere rispettata. Se proprio ci fosse qualcosa di grave, prima di redarguire pubblicamente, sarebbe opportuno richiamare privatamente. Anche perché, non mi risulta che in altri casi recenti, meritevoli di ben piú decisi interventi, si sia seguita questa strada. Perché? Forse perché in quei casi si trattava di Vescovi europei e in questo caso di un Vescovo del "terzo mondo"?
3. È molto pericoloso censurare un Vescovo in questo modo: significa praticamente "delegittimarlo". Giustamente le "Chiarificazioni" fanno notare che l'intervento romano sta causando una grande confusione fra i cattolici brasiliani. Quale sarebbe poi la colpa dell'Arcivescovo di Olinda e Recife? Quella di aver richiamato l'insegnamento e la legge della Chiesa. Si badi bene: la sua colpa è solo quella di aver richiamato: Dom José non ha scomunicato nessuno; ha solo detto che in certi casi, gli adulti (non i bambini) incorrono nella scomunica.
4. Stiamo attenti a dare piú credito ai media, piuttosto che ai nostri fratelli che combattono in prima linea. Noi ci illudiamo di conoscere la realtà, perché leggiamo i giornali o guardiamo la televisione; ma non ci accorgiamo che quella è una realtà puramente virtuale. Solo chi è testimone diretto, sa come stanno veramente le cose.
5. Stiamo pure attenti a non voler a tutti i costi apparire premurosi, comprensivi, umani. Questi atteggiamenti sono importanti, ma devono sempre essere coniugati con il rispetto della verità. Se essi sono dettati dal desiderio di apparire à la page, compiacere i media o attirarci la simpatia delle masse, quegli atteggiamenti diventano una caricatura e finiscono per ottenere l'effetto contrario.
Beh, se devo essere sincero, trovo tutta la questione particolarmente inquietante. Un altro scivolone. Per fortuna, in questo caso non vi è coinvolto il Santo Padre; ma in ogni caso, L'Osservatore Romano non è un bolletino parrocchiale e la Pontifica Accademia della vita è un organismo della Curia Romana: non è molto edificante assistere a una diatriba fra un'Arcidiocesi e la Santa Sede. Non voglio entrare nel merito della questione (anche perché riconosco che si tratta di una questione assai complessa e delicata, e non ho alcuna competenza in materia); voglio solo soffermarmi sulla forma, sulla procedura che è stata seguita. Ebbene, secondo me, certe cose non dovrebbero proprio succedere. Come è possibile che dal giornale della Santa Sede partano strali contro un Arcivescovo, senza che neppure si sia tentato di contattarlo per un chiarimento? Bene han fatto i collaboratori di quell'Arcivescovo (si noti la classe: non lui direttamente!) a rintuzzare l'attacco: "L'autore si è arrogato il diritto di parlare di ciò che non conosceva, senza fare lo sforzo di conversare previamente in modo fraterno ed evangelico con l'Arcivescovo, e per questo atto imprudente sta causando una grande confusione tra i fedeli cattolici del Brasile. Invece di consultare il suo fratello nell'episcopato, ha preferito dar credito alla nostra stampa molto spesso anticlericale". Mons. Fisichella aveva accusato Dom José di precipitazione; a quanto pare, l'unico ad essere stato precipitoso è stato proprio il Presidente dell'Accademia della vita.
In simili situazioni, bisogna essere molto cauti. Ci sono dei criteri generali che non possono essere "sbrigativamente" disattesi.
1. In linea di massima, bisogna dare credito a coloro che sono direttamente coinvolti in una vicenda. Il "principio di sussidiarietà" proibisce all'autorità superiore di interferire nelle decisioni dell'autorità inferiore, se non ci sono motivi sufficienti per farlo. La ragione è semplice: solo chi è sul posto conosce bene la situazione e quindi sa come è meglio comportarsi in quelle determinate circostanze. Certo, può sbagliare (come tutti, del resto), ma gli va data fiducia.
2. In qualsiasi cosa esiste una procedura che deve essere rispettata. Se proprio ci fosse qualcosa di grave, prima di redarguire pubblicamente, sarebbe opportuno richiamare privatamente. Anche perché, non mi risulta che in altri casi recenti, meritevoli di ben piú decisi interventi, si sia seguita questa strada. Perché? Forse perché in quei casi si trattava di Vescovi europei e in questo caso di un Vescovo del "terzo mondo"?
3. È molto pericoloso censurare un Vescovo in questo modo: significa praticamente "delegittimarlo". Giustamente le "Chiarificazioni" fanno notare che l'intervento romano sta causando una grande confusione fra i cattolici brasiliani. Quale sarebbe poi la colpa dell'Arcivescovo di Olinda e Recife? Quella di aver richiamato l'insegnamento e la legge della Chiesa. Si badi bene: la sua colpa è solo quella di aver richiamato: Dom José non ha scomunicato nessuno; ha solo detto che in certi casi, gli adulti (non i bambini) incorrono nella scomunica.
4. Stiamo attenti a dare piú credito ai media, piuttosto che ai nostri fratelli che combattono in prima linea. Noi ci illudiamo di conoscere la realtà, perché leggiamo i giornali o guardiamo la televisione; ma non ci accorgiamo che quella è una realtà puramente virtuale. Solo chi è testimone diretto, sa come stanno veramente le cose.
5. Stiamo pure attenti a non voler a tutti i costi apparire premurosi, comprensivi, umani. Questi atteggiamenti sono importanti, ma devono sempre essere coniugati con il rispetto della verità. Se essi sono dettati dal desiderio di apparire à la page, compiacere i media o attirarci la simpatia delle masse, quegli atteggiamenti diventano una caricatura e finiscono per ottenere l'effetto contrario.