Si è acceso il dibattito sull’eventuale introduzione dell’insegnamento della religione musulmana nelle scuole. È legittimo che se ne parli. Ieri ho letto due articoli, assai diversi fra loro, ma entrambi interessanti: quello di Vittorio Messori sul Corriere della Sera e quello di Franco Cardini sul Tempo.
Non ho sufficienti elementi a disposizione per inserirmi nella discussione. Vorrei però fare solo una piccola riflessione, che deriva dalla mia esperienza nel settore (per molti anni ho insegnato religione e ho vissuto il passaggio dal vecchio al nuovo Concordato). Ebbene, leggo nell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense del 1984:
«La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» (art. 9, §2).
È ovvio che la Repubblica italiana avrebbe potuto disporre in maniera diversa: se avesse voluto, avrebbe potuto — che so io — affermare che, essendo il cattolicesimo la religione della maggior parte degli italiani, è concesso alla Chiesa di insegnare il catechismo nelle scuole di Stato, pur riconoscendo agli alunni il diritto di non avvalersi di tale insegnamento. No, il nuovo Concordato ha fatto una scelta diversa:
1. La Repubblica italiana continuerà ad assicurare nelle scuole pubbliche l’insegnamento della religione cattolica. Non si tratta di un insegnamento religioso generico, ma dell’insegnamento della religione cattolica. Allo stesso tempo, però, non si tratta di una forma di catechesi, ma di un insegnamento che si adegua alle finalità della scuola, vale a dire un insegnamento di tipo “culturale”.
2. Il motivo per cui la Repubblica italiana continuerà ad assicurare tale insegnamento è perché essa riconosce il valore della cultura religiosa e perché prende atto che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Non ci sono altri motivi per cui lo Stato italiano si sobbarca la fatica di insegnare la religione cattolica nelle sue scuole: “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.
Orbene, mi chiedo: a quale titolo dovrebbe essere insegnata nelle scuole la religione islamica ai musulmani? Si dirà: perché i musulmani hanno diritto a conoscere la loro religione. OK, ma questo non è il motivo per cui la religione cattolica viene insegnata nelle scuole di Stato. Che ciascuno abbia il diritto di conoscere e praticare la propria religione, non si discute: è ovvio che i musulmani possono costruire le loro moschee e istituire le loro scuole, dove potranno liberamente impartire l’insegnamento dell’Islam. Ma perché questo dovrebbe essere fatto nella scuola pubblica?
Ripeto: l’unico motivo per cui lo Stato assicura l’insegnamento della religione cattolica nelle sue scuole è perché “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Non mi risulta che i principi dell’Islam facciano parte del patrimonio storico del popolo italiano.
Che la conoscenza dell’Islam faccia parte della cultura generale, è vero. Non solo i musulmani, ma anche i cristiani, gli ebrei e gli atei devono conoscere almeno gli elementi essenziali della religione musulmana. La scuola, nei suoi vari insegnamenti (compreso l’IRC) dovrà farsi carico di trasmettere tali nozioni di base. Ma non può assumersi la responsabilità di un insegnamento “confessionale” dell’Islam: non è suo compito.
Se si vuole agire in maniera diversa, è possibile; non ne metto in discussione la legittimità. Ma, a quel punto, bisognerà rivedere anche l’Accordo del 1984 con la Santa Sede e permettere anche alla Chiesa cattolica di fare catechismo nelle scuole di Stato.
Non ho sufficienti elementi a disposizione per inserirmi nella discussione. Vorrei però fare solo una piccola riflessione, che deriva dalla mia esperienza nel settore (per molti anni ho insegnato religione e ho vissuto il passaggio dal vecchio al nuovo Concordato). Ebbene, leggo nell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense del 1984:
«La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» (art. 9, §2).
È ovvio che la Repubblica italiana avrebbe potuto disporre in maniera diversa: se avesse voluto, avrebbe potuto — che so io — affermare che, essendo il cattolicesimo la religione della maggior parte degli italiani, è concesso alla Chiesa di insegnare il catechismo nelle scuole di Stato, pur riconoscendo agli alunni il diritto di non avvalersi di tale insegnamento. No, il nuovo Concordato ha fatto una scelta diversa:
1. La Repubblica italiana continuerà ad assicurare nelle scuole pubbliche l’insegnamento della religione cattolica. Non si tratta di un insegnamento religioso generico, ma dell’insegnamento della religione cattolica. Allo stesso tempo, però, non si tratta di una forma di catechesi, ma di un insegnamento che si adegua alle finalità della scuola, vale a dire un insegnamento di tipo “culturale”.
2. Il motivo per cui la Repubblica italiana continuerà ad assicurare tale insegnamento è perché essa riconosce il valore della cultura religiosa e perché prende atto che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Non ci sono altri motivi per cui lo Stato italiano si sobbarca la fatica di insegnare la religione cattolica nelle sue scuole: “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.
Orbene, mi chiedo: a quale titolo dovrebbe essere insegnata nelle scuole la religione islamica ai musulmani? Si dirà: perché i musulmani hanno diritto a conoscere la loro religione. OK, ma questo non è il motivo per cui la religione cattolica viene insegnata nelle scuole di Stato. Che ciascuno abbia il diritto di conoscere e praticare la propria religione, non si discute: è ovvio che i musulmani possono costruire le loro moschee e istituire le loro scuole, dove potranno liberamente impartire l’insegnamento dell’Islam. Ma perché questo dovrebbe essere fatto nella scuola pubblica?
Ripeto: l’unico motivo per cui lo Stato assicura l’insegnamento della religione cattolica nelle sue scuole è perché “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Non mi risulta che i principi dell’Islam facciano parte del patrimonio storico del popolo italiano.
Che la conoscenza dell’Islam faccia parte della cultura generale, è vero. Non solo i musulmani, ma anche i cristiani, gli ebrei e gli atei devono conoscere almeno gli elementi essenziali della religione musulmana. La scuola, nei suoi vari insegnamenti (compreso l’IRC) dovrà farsi carico di trasmettere tali nozioni di base. Ma non può assumersi la responsabilità di un insegnamento “confessionale” dell’Islam: non è suo compito.
Se si vuole agire in maniera diversa, è possibile; non ne metto in discussione la legittimità. Ma, a quel punto, bisognerà rivedere anche l’Accordo del 1984 con la Santa Sede e permettere anche alla Chiesa cattolica di fare catechismo nelle scuole di Stato.