Gesú torna ancora una volta sul destino che lo attende: annuncia per la terza volta la sua passione (Mc 10:32-34). La prima volta (Mc 8:31-33), Pietro lo aveva rimproverato e s’era dovuto sorbire una severa reprimenda da parte di Gesú. La seconda volta (Mc 9:31-37), i discepoli, incapaci di comprendere le parole di Gesú e timorosi di interrogarlo, avevano preferito continuare la loro discussione su chi fosse il piú grande.
Questa volta, mentre salivano a Gerusalemme, presagendo quel che li attendeva, i discepoli «erano sgomenti» (Mc 10:32). Eppure due di loro, Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, che passavano per essere fra i prediletti di Gesú, gli si accostano per chiedergli di sedere, quando avrà restaurato il regno d’Israele, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. E «gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni». Che meschinità: alcuni cercano il potere e gli altri sono gelosi!
Che fa Gesú? La prima volta aveva perso la pazienza con Pietro. La seconda volta, con piú calma, aveva spiegato ai discepoli che, se volevano essere i primi, dovevano essere gli ultimi. Questa volta Gesú riprende il discorso, per approfondirlo:
«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti».
Ancora una volta, Gesú non biasima il desiderio di grandezza, connaturato nell’uomo; ma indica una strada da seguire: Vuoi essere grande? Diventa servitore degli altri. Vuoi essere il primo? Fatti schiavo di tutti. E propone sé stesso come modello:
«Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Autorità non significa farsi servire, ma servire. Il potere non ci viene conferito per spadroneggiare, ma per porci al servizio degli altri. E il servizio, se autentico, giunge al punto di dare la vita per gli altri. La croce, che sembrava essere stata messa momentaneamente da parte, torna in campo come esigenza intrinseca del servizio: chi serve disinteressatamente è disposto a dare la vita per gli altri. Il servizio porta, per sua natura, alla croce.
Questa volta, mentre salivano a Gerusalemme, presagendo quel che li attendeva, i discepoli «erano sgomenti» (Mc 10:32). Eppure due di loro, Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, che passavano per essere fra i prediletti di Gesú, gli si accostano per chiedergli di sedere, quando avrà restaurato il regno d’Israele, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. E «gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni». Che meschinità: alcuni cercano il potere e gli altri sono gelosi!
Che fa Gesú? La prima volta aveva perso la pazienza con Pietro. La seconda volta, con piú calma, aveva spiegato ai discepoli che, se volevano essere i primi, dovevano essere gli ultimi. Questa volta Gesú riprende il discorso, per approfondirlo:
«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti».
Ancora una volta, Gesú non biasima il desiderio di grandezza, connaturato nell’uomo; ma indica una strada da seguire: Vuoi essere grande? Diventa servitore degli altri. Vuoi essere il primo? Fatti schiavo di tutti. E propone sé stesso come modello:
«Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Autorità non significa farsi servire, ma servire. Il potere non ci viene conferito per spadroneggiare, ma per porci al servizio degli altri. E il servizio, se autentico, giunge al punto di dare la vita per gli altri. La croce, che sembrava essere stata messa momentaneamente da parte, torna in campo come esigenza intrinseca del servizio: chi serve disinteressatamente è disposto a dare la vita per gli altri. Il servizio porta, per sua natura, alla croce.