Ho dato un’occhiata alla sentenza del TAR del Lazio su “Insegnamento della religione cattolica ed attribuzione dei crediti formativi” (17 luglio 2009). Si tratta della risposta del tribunale amministrativo a due ricorsi (4297/2007 e 5712/2008) presentati da vari enti e associazioni contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Pubblica Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana.
Non meraviglia rinvenire, fra le associazioni ricorrenti, la Consulta romana per la laicità delle istituzioni, l’Associazione XXXI ottobre per una scuola laica e pluralista, l’Associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, ecc. E neppure meraviglia piú di tanto trovare nell’elenco l’Unione delle Comunità ebraiche italiane. Fanno il loro mestiere.
Ciò che meraviglia è leggere il nome di associazioni quali l’Alleanza evangelica italiana, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, l’Unione italiana delle Chiese avventiste del 7° giorno, l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, la Tavola valdese, la Federazione delle Chiese pentecostali, la Chiesa evangelica luterana in Italia, il Comitato insegnanti evangelici italiani.
Se devo essere sincero, sembra di essere tornati a fine Ottocento, quando si fece di tutto per cancellare dal volto dell’Italia ogni traccia di cattolicesimo. A quell’epoca tutto veniva buono: non solo si cercò di diffondere il “libero pensiero” innalzando monumenti a Giordano Bruno, ma si tentò anche di fare dell’Italia un paese protestante disseminando nella penisola ogni sorta di chiese evangeliche.
Da allora ne è scorsa di acqua sotto i ponti: c’è stata la conciliazione fra lo Stato e la Chiesa; c’è stato il Concilio Vaticano II; la Chiesa cattolica si è impegnata in un sincero sforzo ecumenico, che sembrava corrisposto dalle altre comunità cristiane. Ci si sarebbe aspettati un atteggiamento piú costruttivo da parte delle Comunità evangeliche nei confronti della Chiesa cattolica. E invece, a stare ai ricorsi presentati al TAR, sembrerebbe che non sia cambiato proprio nulla: l’alleanza anticlericale rimane piú o meno la stessa. A quanto pare, per i nostri fratelli separati, ciò che conta non è il fatto di essere tutti cristiani (pur se con alcune, certo non irrilevanti, differenze); ciò che conta non è unire le forze per contrastare la secolarizzazione dilagante e cercare di diffondere il Vangelo; ciò che conta è dare addosso alla Chiesa cattolica; se necessario, anche alleandosi con gli atei e gli agnostici. Sembra che per loro sia piú quel che li unisce ai non-credenti (la lotta contro la Chiesa cattolica) che non ciò che li unisce alla Chiesa cattolica (la stessa fede cristiana). Ne prendo atto con un senso di profonda amarezza. Non voglio andare oltre. Ma non posso evitare di pormi una domanda: ha ancora senso continuare a insistere in un “dialogo ecumenico”, che sembra non produrre alcun risultato?
Non meraviglia rinvenire, fra le associazioni ricorrenti, la Consulta romana per la laicità delle istituzioni, l’Associazione XXXI ottobre per una scuola laica e pluralista, l’Associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, ecc. E neppure meraviglia piú di tanto trovare nell’elenco l’Unione delle Comunità ebraiche italiane. Fanno il loro mestiere.
Ciò che meraviglia è leggere il nome di associazioni quali l’Alleanza evangelica italiana, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, l’Unione italiana delle Chiese avventiste del 7° giorno, l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, la Tavola valdese, la Federazione delle Chiese pentecostali, la Chiesa evangelica luterana in Italia, il Comitato insegnanti evangelici italiani.
Se devo essere sincero, sembra di essere tornati a fine Ottocento, quando si fece di tutto per cancellare dal volto dell’Italia ogni traccia di cattolicesimo. A quell’epoca tutto veniva buono: non solo si cercò di diffondere il “libero pensiero” innalzando monumenti a Giordano Bruno, ma si tentò anche di fare dell’Italia un paese protestante disseminando nella penisola ogni sorta di chiese evangeliche.
Da allora ne è scorsa di acqua sotto i ponti: c’è stata la conciliazione fra lo Stato e la Chiesa; c’è stato il Concilio Vaticano II; la Chiesa cattolica si è impegnata in un sincero sforzo ecumenico, che sembrava corrisposto dalle altre comunità cristiane. Ci si sarebbe aspettati un atteggiamento piú costruttivo da parte delle Comunità evangeliche nei confronti della Chiesa cattolica. E invece, a stare ai ricorsi presentati al TAR, sembrerebbe che non sia cambiato proprio nulla: l’alleanza anticlericale rimane piú o meno la stessa. A quanto pare, per i nostri fratelli separati, ciò che conta non è il fatto di essere tutti cristiani (pur se con alcune, certo non irrilevanti, differenze); ciò che conta non è unire le forze per contrastare la secolarizzazione dilagante e cercare di diffondere il Vangelo; ciò che conta è dare addosso alla Chiesa cattolica; se necessario, anche alleandosi con gli atei e gli agnostici. Sembra che per loro sia piú quel che li unisce ai non-credenti (la lotta contro la Chiesa cattolica) che non ciò che li unisce alla Chiesa cattolica (la stessa fede cristiana). Ne prendo atto con un senso di profonda amarezza. Non voglio andare oltre. Ma non posso evitare di pormi una domanda: ha ancora senso continuare a insistere in un “dialogo ecumenico”, che sembra non produrre alcun risultato?