È di ieri lo scoop del Giornale e di Libero, che hanno pubblicato la lettera che il Card. Joseph Ratzinger aveva inviato, il 23 giugno 2003, al Dott. Heinz-Lothar Barth, esponente del tradizionalismo tedesco.
Va dato atto a Tornielli di essere stato molto preciso nel presentare tale scritto: «Una lettera che ora viene per la prima volta pubblicata in un volume (Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Davanti al Protagonista. Alle radici della liturgia, Edizioni Cantagalli, pagg. 232, euro 15) presentato in anteprima al Meeting di Rimini che inizia domenica, in libreria da settembre».
Non altrettanto preciso il titolo premesso alla pubblicazione del testo: «Inedito di Benedetto XVI “La Messa del futuro? Ecco come deve essere”». Per non parlare dell’articolo di Libero (a firma di Martino Cervo), dove si legge: «Cantagalli manda in stampa due inediti di Joseph Ratzinger ... L’inedito piú interessante e qui pubblicato è la lettera al tradizionalista Heinz-Lothar Barth».
Non si tratta affatto di un inedito: la lettera era piú che nota. Chi ne vuole avere una prova può andarsi a leggere il primo post di questo blog e la troverà citata (verso il termine dell’articolo Concilio e “spirito del Concilio”). Da dove l’avevo ripresa? Dal sito Una Vox, dove era stata pubblicata nel febbraio 2008.
Ma questo “scoop” ci dà l’occasione di riflettere ancora una volta sull’idea dell’allora Card. Ratzinger di una “riforma della riforma”. Mi pare che tale lettera sia un chiaro esempio di quel progetto, che mi trova assolutamente consenziente (anche se non mi nascondo i rischi, giustamente sottolineati dal Padre Augé: anziché avere un solo rito se ne potrebbero avere tre).
Quel che mi fa un po’ piú fatica capire è il modo in cui Benedetto XVI ha deciso di attuare tale progetto. Se posso essere sincero (non si tratta di una critica al Santo Padre, ma solo di una obiezione “accademica”), mi sembra che il m. p. Summorum Pontificum vada nella direzione opposta a quella indicata nella lettera al Dott. Barth. Si dirà: il motu proprio è solo la prima fase del progetto; alla riunificazione del rito romano si potrà giungere solo gradualmente e in tempi certamente lunghi. Sarà; ma io ho paura che in tal modo, anziché andare verso una “riforma della riforma”, si crei nel frattempo solo una gran confusione e si stabilizzino due specie di Chiese parallele. Anche perché sappiamo bene — e Tornielli lo sottolinea nel suo intervento — che i tradizionalisti considerano intoccabile il Vetus Ordo e i progressisti il Novus.
Non sono io il Papa, ma mi chiedo: anziché liberalizzare in maniera indiscriminata l’usus antiquior, non sarebbe stato meglio allargare le possibilità di usufruirne (ma sempre entro limiti ben precisi) e, contemporaneamente incominciare a intervenire sul Novus Ordo, non per abolirlo, ma per migliorarlo? Ripeto, non una critica, ma solo un’ipotesi accademica.
Va dato atto a Tornielli di essere stato molto preciso nel presentare tale scritto: «Una lettera che ora viene per la prima volta pubblicata in un volume (Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Davanti al Protagonista. Alle radici della liturgia, Edizioni Cantagalli, pagg. 232, euro 15) presentato in anteprima al Meeting di Rimini che inizia domenica, in libreria da settembre».
Non altrettanto preciso il titolo premesso alla pubblicazione del testo: «Inedito di Benedetto XVI “La Messa del futuro? Ecco come deve essere”». Per non parlare dell’articolo di Libero (a firma di Martino Cervo), dove si legge: «Cantagalli manda in stampa due inediti di Joseph Ratzinger ... L’inedito piú interessante e qui pubblicato è la lettera al tradizionalista Heinz-Lothar Barth».
Non si tratta affatto di un inedito: la lettera era piú che nota. Chi ne vuole avere una prova può andarsi a leggere il primo post di questo blog e la troverà citata (verso il termine dell’articolo Concilio e “spirito del Concilio”). Da dove l’avevo ripresa? Dal sito Una Vox, dove era stata pubblicata nel febbraio 2008.
Ma questo “scoop” ci dà l’occasione di riflettere ancora una volta sull’idea dell’allora Card. Ratzinger di una “riforma della riforma”. Mi pare che tale lettera sia un chiaro esempio di quel progetto, che mi trova assolutamente consenziente (anche se non mi nascondo i rischi, giustamente sottolineati dal Padre Augé: anziché avere un solo rito se ne potrebbero avere tre).
Quel che mi fa un po’ piú fatica capire è il modo in cui Benedetto XVI ha deciso di attuare tale progetto. Se posso essere sincero (non si tratta di una critica al Santo Padre, ma solo di una obiezione “accademica”), mi sembra che il m. p. Summorum Pontificum vada nella direzione opposta a quella indicata nella lettera al Dott. Barth. Si dirà: il motu proprio è solo la prima fase del progetto; alla riunificazione del rito romano si potrà giungere solo gradualmente e in tempi certamente lunghi. Sarà; ma io ho paura che in tal modo, anziché andare verso una “riforma della riforma”, si crei nel frattempo solo una gran confusione e si stabilizzino due specie di Chiese parallele. Anche perché sappiamo bene — e Tornielli lo sottolinea nel suo intervento — che i tradizionalisti considerano intoccabile il Vetus Ordo e i progressisti il Novus.
Non sono io il Papa, ma mi chiedo: anziché liberalizzare in maniera indiscriminata l’usus antiquior, non sarebbe stato meglio allargare le possibilità di usufruirne (ma sempre entro limiti ben precisi) e, contemporaneamente incominciare a intervenire sul Novus Ordo, non per abolirlo, ma per migliorarlo? Ripeto, non una critica, ma solo un’ipotesi accademica.